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dal libro "FIGHTING PAISANO" di ALFONSO FELICI     Parte IV  1

Ritorno in Italia

Un giorno decisi di tornare in Italia, anche dopo le insistenze di mia madre e di mia zia Marietta. Salutai tutti i miei amici che furono sorpresi per questa decisione, ma il mio sogno era di tornare nella mia patria dopo sette anni di assenza. Oh nostalgia seduttrice!

Tornavo a casa con un prezioso bagaglio di esperienze fatte in guerra. Pensare che partito dal paese sapevo parlare appena l'italiano ed ora, dopo otto anni e mezzo, ero poliglotta.

Studiando nei corsi serali della Junior High School di Cohoes, avevo preso il diploma di Secondary School, mentre il francese, lo spagnolo, il portoghese, il russo, il tedesco e un po' di greco, ero riuscito ad impararlo combattendo nelle varie guerre.

La signora Pina Carnera mi preparò un bel cestino pieno di generi alimentari da consumare durante il viaggio. Prima di partire mi disse: "Salutami la bella Italia nella quale io e Primo un giorno torneremo". Presi il treno all'Union Passenger Terminal con un biglietto della "Southern Pacific Railroad" con l'itinerario Los Angeles, Santa Fé, Salt Lake city, Chicago e Albany.

Vicino a me era seduta una ragazza italoamericana di nome Anne Azzarello, con la quale feci amicizia e così il viaggio da Los Angeles fino a Silver Creek (New York) fu molto divertente. Mia zia Giulia e le cugine Mary, Henrietta, Patricia, Jenny e Ruth non volevano che lasciassi gli Stati Uniti. Mia zia Giulia m'implorava di restare perché in Italia c'era la grande miseria del dopoguerra. Io gli risposi: "Zia è meglio magna nà pizza alla fronna a Villa Santo Stefano che nà bistecca in America".

M'imbarcai sulla nave da trasporto militare "SS General Callan" alla banchina di Staten Island e, passando vicino all'isola della statua della Libertà, salutai la "Old Lady" e dopo sette giorni arrivai al porto di Napoli. Mi aspettavano i miei fratelli Antonio e Giuseppe, ma purtroppo le autorità italiane mi considerarono un deportato e ci vollero le mie insistenze e l'aiuto del mio amico Claudio Zomparelli, allora guardia di finanza, a fargli capire, documenti alla mano, che ero un reduce dell'esercito americano. Fui rilasciato e partimmo per Ceccano.

Arrivammo a Villa Santo Stefano e trovai il paese e la popolazione molto cambiati. La gente vestiva con divise americane e tedesche e calzavano scarpe militari o sandali suolati con copertoni di auto. Pochi vestivano secondo la moda e gli altri indossavano i vestiti e le camicie di prima della guerra. Le donne riuscivano a nascondere bene il loro abbigliamento perché sapevano arrangiarsi a cucire pezzi di stoffa rimediati al mercato nero. Insomma, quasi mi vergognavo di indossare abiti e scarpe nuove portate dagli Stati Uniti.  Capivo, però, che l'Italia era in ricostruzione.

Trovai sedi di diversi partiti politici: Democrazia Cristiana, Movimento Sociale, Comunismo e Socialismo, e tutti si davano battaglia fra loro. Ero frastornato da questi cambiamenti, abituato alla democrazia americana. Per un paio di mesi mi riposai passando le ore con gli amici Luigi Palladini, Domenico Lucarini, Domenico Carlini, mentre Arturo Bonomo e Giulio Biasini studiavano medicina a Roma e mio cugino Ermanno era emigrato in Argentina. Passavo le giornate a parlare in inglese con Luigi Del Vecchio, detto "Giggetto Trippone".

Avevo portato un po' di dollari ed erano serviti a mettere a posto le finanze di casa; le cose si erano aggravate, perché i miei fratelli erano disoccupati, ed io e zia Marietta dovevamo mandare avanti la baracca.

Le cose, però, si stavano mettendo male perché non riuscivo a trovare lavoro. Mi rivolsi agli invalidi di guerra ma trovai tutte le porte chiuse. Tutti i posti dove potevo essere assunto di diritto erano stati occupati perché ero arrivato troppo tardi.

Mi ricordo che sor Checchino, sapendo la mia storia, mi disse di tornare in America e riprendere la cittadinanza americana perché, essere cittadini di quella nazione, era come avere una laurea in medicina. Andai a Roma e mi rivolsi all'ambasciatore James Clement Dunn, che subito mi fece assumere all'ambasciata americana per i meriti di guerra, come combattente nell'esercito americano.

Da allora le cose cominciarono ad andare meglio anche per il buono stipendio che percepivo. Portai mio fratello Giuseppe a Roma con me e affittammo un appartamento nei pressi di Piazza Bologna. Col tempo Giuseppe fu assunto alla Squibb e mia madre e zia Marietta furono liete di quest'avvenimento. All'ambasciata americana vi rimasi per tre anni, fino a quando l'industria cinematografica americana invase l'Italia, e gli ex amici di Hollywood mi convinsero ad unirmi a loro ed ad andare in Grecia per realizzare il film "Il ragazzo sul Delfino". Lasciai l'ambasciata a malincuore e forse feci male!

Il cinema mi coinvolse e partecipai a tanti film come aiuto regista. Lavorai in: "Elena di Troia", "La terra dei faraoni", "Vacanze Romane", "Exodus", "Ben Hur", "Ulisse", "Cleopatra", "John Paul Jones", "I cannoni di Navarone", "Il giorno più lungo", "Il Cardinale" e "Michelangelo".

Finite le produzioni americane iniziai con quelle italiane, da "Il Tetto" di Vittorio De Sica, a "Miracolo a Milano" a "L'oro di Napoli", ai film di Roberto Rossellini "Anno Zero" e "L'Ostessa". Riuscii anche a portare Vittorio De Sica a Villa Santo Stefano per girare alcune scene del film " La Ciociara". Cercava una chiesa diroccata, per girare al suo interno, la scena di violenza dei marocchini subita da "Rosetta" e da sua madre "Cesira", quest'ultima interpretata da Sofia Loren. Pensai alla chiesa di San Giovanni, ma De Sica la trovo' troppo abbandonata e invasa da rovi ed alberi. Ci sarebbero voluti molti giorni per sistemarla ed inoltre voleva che, vicino la chiesa, ci fosse una strada bianca. Benché il sindaco di allora, Baldassare Panfìli, si fosse reso disponibile alle esigenze di De Sica non si fece niente. La scena alla fine fu girata nei pressi di Fondi, in una vecchia chiesa. Continuai a lavorare con Roberto Rossellini e con Federico Fellini nei film "India" e "La Strada".

In Egitto: si gira "La Regina delle Piramidi".

Dopo qualche anno morì mia madre. Avevo i miei fratelli Antonio e Giuseppe e zia Marietta, ma mi sentivo solo!

Un colpo di fulmine scoccò a Villa Santo Stefano quando andai a votare per l'elezione del sindaco. Mi si era rotta una scarpa ed ero alla ricerca di un calzolaio. Incontrai Guglielmina Toppetta, una ragazza che avevo tenuto in braccio appena nata, mentre don Amasio dava l'estrema unzione alla madre Virginia. Lei piangeva accorata nella culla e don Amasio mi disse di prenderla in braccio e calmarla.

Guglielmina vedendomi preoccupato con la scarpa rotta in mano, riuscì a rintracciare "Checco Mariannina" (192), il calzolaio, e a portarlo nella sua bottega, chiusa di domenica, per farmi riparare la scarpa.

Quel bel gesto m'intenerì talmente tanto che in sei mesi la sposai. Era il 30 maggio del 1957, un mese dopo la morte di mia madre. Furono anni difficili ma anche molto felici. L'armonia non mancava mai nella nostra piccola dimora.

Il giorno del mio matrimonio, attorniato da Alpini.

Continuai la mia vita nel mondo del cinema con i film di Dino De Laurentiis: "La diga sul Pacifico", "Yovanka", "Guerra e Pace", "Barabba", "Sotto dieci Bandiere", "II gobbo", "I due nemici", "Tutti a casa", "Io amo tu ami", "Una vita difficile", "Mani in alto", "Crimen" ed altri. In seguito lavorai con Dino Risi nel "Sorpasso" e col regista Antonio Pietrangeli in "Adua e le compagne". Alla fine realizzai circa 273 film.

Io, aiuto regista, con il regista Mankiewitz, a Torre Astura, sul set del film "Cleopatra ".

In questo periodo ebbi quattro figli: Alberto, Marco, Flavia e Bruna. Con gli anni l'industria cinematografica entrò in crisi e allora fui obbligato a cercare un nuovo lavoro.

Feci domanda all'Alitalia e fui assunto il 1° maggio 1965. Quando l'ingegner Bruno Velani, amministratore delegato, strinse la mano ai nuovi assunti, mi riconobbe poiché suo fratello, Ottorino, maggiore degli alpini e mio comandante in Albania, prima di morire aveva chiesto di essere portato a spalla dagli alpini. Il figlio del maggiore, il dottor Luigi Velani, fece richiesta alla Sezione Nazionale Alpini di Roma, di cui il padre era socio ed io fui incaricato di rintracciare sette alpini. Questi li trovai alla caserma "Macao" ed erano: Lamberto Nannoni, Oscar Bravin, Virgilio Zaggin, Enrico Valer, Vittorio Corsini e Davide Pasotti. Mentre i sei portavano a spalla il feretro, un settimo portava il cuscino con le decorazioni del maggiore Ottorino Velani. Con questi alpini sono ancora in contatto e ci vediamo in ogni adunata alpini in Italia.

Fu un funerale commovente e durante la messa, noi alpini in congedo, cantammo "Il testamento del Capitano ".

All'Alitalia mi trovai bene e il lavoro era molto interessante. Feci molti viaggi in aereo intorno al mondo come pure mia moglie e i miei figli. In tutti questi anni non sono mancate le adunate alpine e i raduni dei veterani americani. In questi incontri mancano molti degli amici più cari perché sono morti. Ogni anno vedo gli amici dell'Observation Battallion nel raduno di Fayetteville nel North Carolina, a due passi da Fort Bragg: il capitano Howe, che ora è diventato generale, il primo sergente Lawrence Presnell, Phillips Germino, Mc Cullough, il tenente Garret, il sergente Bennet e molti altri.

Con quelli della 88th Division ci riuniamo in diverse città degli Stati Uniti e rivedo George Spino, Doc Waters, Guido Clemente, H. Balaity, Salamone, Warner, Riggi ed altri. La maggior parte delle mogli di questi veterani sono triestine, poiché la 88th Division presidiò Trieste durante la paura degli jugoslavi.

Anche le adunate con la Terza Divisione, quella che sbarcò ad Anzio, avvengono in varie parti Stati Uniti e qui rivedo Mario Lucido, John Shirley, Edward Moore, Richard Scott ecc. Mentre negli incontri con la 90th Division ritrovo: Bernard Burke, Jesse Summerline, Hugh Waters e il mio caro "paisan" Frank Miriani.

Della 25th Infantry Division sono rimasti vivi solo due amici, Bill Spater e Bob Wilson e, di solito, le adunate le facciamo nelle isole Hawaii. Con questi veterani ricordiamo le amarezze ma anche qualche gioia rubata nelle pause di guerra.

Molti gruppi vengono in Italia a rivedere i posti dove sono stati, ed io faccio, ancora una volta da guida. Ritroviamo i buchi delle trincee dove molti anni indietro ci nascondevamo dalle pallottole tedesche.

A tempo perso mi sono interessato alla politica americana avendo dei contatti con il partito Repubblicano che, nelle elezioni presidenziali del 1952, candidò il generale Dwight Eisenhower.

Fondai il club "Amici italiani di Eisenhower", e riuscii ad ottenere migliaia di voti dagli americani residenti in Italia, Francia ed Inghilterra. Quando il generale fu eletto, m'invitarono alla Casa Bianca per l'inaugurazione e partecipai a banchetti e cerimonie.

Da un giornale: La campagna per la rielezione del Presidente Eisenhover nel 1956.

Il partito Repubblicano mi nominò rappresentante per l'Europa e, per le candidature di Eisenhower e di Richard Nixon fui un attivista di un certo rilievo. A Villa Santo Stefano, nel 1956, organizzai un rally per Eisenhower, ma il Prefetto, Epifanio Chiaromonte di Frosinone, nonostante fosse mio amico perché era stato colonnello e socio della Sezione Alpini di Roma, non volle accordarmi il permesso per motivi di pubblica sicurezza, e mi disse che potevo farlo solo in un posto chiuso. Allora scelsi la mia palestra, San Pietro. Fu un successo; intervenne la NBC (193) con le macchine da presa, i giornalisti del "New York Times", del "Chicago Tribune" e del "Los Angeles Time". Tutta l'America vide questo piccolo paese addobbato di bandiere americane ed italiane, ed Eisenhower vinse ancora. Poi fu la volta di Richard Nixon, di Ronald Reagan e di George Bush ed io ero sempre un loro attivista, ed ospite gradito alla casa Bianca nei giorni dell'inaugurazione del nuovo Presidente.

Ospite alla Casa Bianca: da destra io, il Presidente Richard Nixon, John Wayne e la First Lady.
 
Rome New York - Lupa romana in bronzo presentata quale gesto di amicizia fra Roma e New York.

A Rome, nello stato di New York, c'è ancora una lupa romana in bronzo, che presentai orgogliosamente a quella cittadina quale gesto di amicizia fra Roma, la capitale d'Italia, e la loro città.

Armando e Antonio Jorio, che risiedono a Syracuse (New York), un giorno andarono a Rome e videro questa lupa. Incuriositi lesserò la targa di bronzo ai piedi della scultura, dove scorsero il mio nome e dissero: "Ammazza Alfonso è arrivato pure qua! ". Ma nessuno è profeta in Patria! A Villa di amici ne ho tanti fra tutti, Francesco ed Ilio Petrilli, Angelo Jorio (insegnante) che con me combattè in Russia, Domenico Rossi (cui ho sciolto la fettuccia alla sua cresima), Pietro De Filippi, Antonio di Agesina, Antonio Claroni, Vincenzo Malizia "Il ceccanese", Giulio Biasini, compagno di tante battaglie, Franco Fiumara, Renato ed Alfiero Tambucci e due speciali Arturo e Giovannino Bonomo. Con loro c'è sempre stata una grande amicizia fin dall'infanzia che non voglio dimenticare.

A proposito di Alfiero Tambucci voglio ricordare che, mentre lui era a studiare al collegio Salesiano di Genzano di Roma, io dovevo andare a Roma per visitare il maresciallo Rodolfo Graziani ma non avendo il denaro per viaggiare in treno. Gli scrissi allora una lettera informandolo della cosa, e lui mi inviò dieci lire senza restituzione. Grande esempio di vero amico. Devo ricordare nondimeno Ermanno Palombo, Angelino Bonomo, Edmondo Leo, Giuseppe lorio "Ciann'", Elio De Filippi, Dante Lucarini, Angelo Lucarini (figlio di Maria Benedetto), Antonio Leo "Fasan' " Gaetano lorio, Alfonso Zuffranieri ed il fratello Pino, tutti amici d'infanzia. Dimenticavo Antonio Bonomo "Toni" che m'inviò una cartolina sul fronte greco con la dicitura "Copriti di gloria e torna vincitore! ".

Nel mio paese ci torno spesso soprattutto durante le feste dell'Assunta e di San Rocco. In questo periodo ci rivediamo tutti e riviviamo insieme la "Panarda" degli anni andati. E' una kermesse di gente e di macchine provenienti da molte province italiane e straniere. Sono gli emigrati che tornano per gustare i ceci tradizionali di San Rocco.

C'è sempre una gran folla assiepata in piazza durante la processione del santo, i lunghi ceri portati dalle donne devote ed il grido di "auiua Sa' Ròcq' " dei portatori della macchina. Guardare quella macchina mi da una certa emozione perché mio padre, che era un bravissimo intagliatore di Giuliano di Roma, ha lavorato alla sua realizzazione con il costruttore Ernesto Petrilli, che spesso lo chiamava per questi lavori delicati.

Caratteristici sono i portatori di ceci, con le loro divise variopinte, che corrono per le vie del paese, con in mano le pignatte gridando il nome del destinatario.

Nel cammino della mia vita ho perso gli affetti più cari: oltre a mia madre, zia Marietta, che tanto ci voleva bene, anche i miei fratelli Antonio, Alfredo e Giuseppe.

Faccio le mie passeggiate alla Madonna dello Spirito Santo, per temprare lo spirito e le visite al cimitero per ricordare il passato e la fine. Ogni mattino mi alzo e dalla mia finestra vedo la pianura verde e là, in fondo, Pisterzo, Roccasecca, Prossedi, Priverno ed Amaseno. Poi scendo a Via San Pietro, ora deserta, e ricordo la festa del Corpus Domini la fermata obbligatoria del Santissimo Sacramento davanti l'altare preparato da zia Nunzia. Le mura erano ricoperte da lenzuola variopinte: era il lavoro di mia madre, zia Virginia, zia Felicetta, zia Cleonice, zia Teresiuccia, Antonina, zia Maria Titi, zia Peppinella, Gina Marella e Mariangela Paggiossi. Alla finestra c'era sempre 'gnora Peppina che buttava i fiori per la strada. Era una festa!

La madonna dello Spirito Santo che si venera nel suo Santuario in Villa S. Stefano.

Guardo e vedo il vecchio San Pietro ora abbandonato e pieno di sterpi, mentre una volta era sempre animato dalla presenza di noi ragazzi. Addio ricordi, bei ricordi della nostra fanciullezza!

Per me Villa Santo Stefano rimane un punto di riferimento: lì con i pochi vecchi amici rimasti parlando in dialetto stretto, che ora sta scomparendo, passiamo le serate d'estate a ricordare i più famosi personaggi del paese. Ad esempio come si può dimenticare Peppino Palombo, "lo Spiritista'", tornato dagli Stati Uniti con una grande motocicletta "Harley Davidson" con sidecar, che lui non sapeva neppure guidare, costretto a portarla in Italia per un debito che il proprietario non poteva pagargli.

Palombo ci sorprese con le sue strambe vedute cosmiche, dove minacciava Re e Papi di distruzioni irreparabili. Affermava che sarebbe diventato il capo del "Padreternale" e, da una base nello spazio, avrebbe comandato a tutti i satelliti messi da lui in orbita di distruggere la terra, che poi sarebbe stata ricostruita con nuovi sistemi stellari. Capimmo subito che era un povero esaltato e passavamo le giornate intere ad ascoltare le sue fantastiche visioni del futuro.

Un giorno ci disse che avrebbe ben presto realizzato un lungo ponte che partiva da Napoli e attraversava l'Atlantico, per raggiungere la città di New York. Al centro di questo colossale ponte doveva passare un treno supermoderno, che in un'ora sarebbe arrivato nella metropoli americana. Era, però, indeciso su come utilizzare i lati del ponte e continuava a dire: "Che ci posso mettere ai lati? Che ci metto? ". Ad un tratto gli rispose Rolando Fabi e gli disse: "Ai lati piantiamoci i cucuccigli" (194). Infuriatosi, Peppino se ne andò urlando. Odiava essere contraddetto.

Fra gli aneddoti curiosi voglio ricordarne due, che hanno per protagonista gente semplice e corretta.

Uno di questi riguarda mio zio Giacomino Palombo la sua pignoleria e la grande serietà. Facendo parte della Commissione dei festeggiamenti di San Rocco, era incaricato di controllare i fuochi artificiali, sparati prima e dopo la processione, perché gli artificieri ne rubavano diversi. Mio zio Giacomino, riponeva in una delle sue tasche dei pantaloni una quantità di fagioli corrispondente al numero dei botti stabilito. Durante la processione ad ogni colpo sparato, lui trasferiva un fagiolo all'altra tasca dei pantaloni. Se alla fine della processione gli rimaneva qualche legume allora obbligava i "fuochisti" a sparare i botti rubati. Racconto questo per onorare la sua onestà ed il suo senso del dovere.

L'altro aneddoto riguarda il giorno in cui papa Pacelli elevò alla porpora cardinalizia il nostro concittadino Domenico Jorio. Il cardinale decise di elargire una retta mensile al fratello Andrea ed alle sorelle Maria e Loreta, ma nessuno dei tre sapeva quale era l'ammontare della somma. Un giorno la sorella Maria si avvicinò al fratello Andrea e gli chiese: " 'Ndre, quant' bócchi' t' manna i' card'nal' ? "(195) e Andrea di rimando: "Add'mman'l a is!" (196).

Queste memorie le ho scritte alla paesana affinchè i miei concittadini mi capissero. Chiedo scusa a coloro i quali ho dovuto dare il soprannome per dare modo alla nuova generazione di riconoscerli, perché ancora esiste la lunga parentela di quelli che sono scomparsi da molti anni. La gente nel paese ancora è riconosciuta attraverso i soprannomi.

Per esempio, nel 1935, la radio annunciò che un certo Attico Ugo Fioretti era stato nominato senatore del Regno ed era nato a Villa Santo Stefano. Tutti si scervellarono per sapere chi fosse ma nessuno riuscì a scoprirlo. Ad un certo punto si rivolsero al vecchio Balleduccio "La Francia" e così si riuscì ad individuarlo. Costui era il figlio di un segretario comunale forestiero, che per lunghi anni lavorò al municipio di Villa Santo Stefano. Lo chiamavano "Paglietta" perché portava sempre un cappello di questo tipo ed abitava in un appartamento al fianco alla torre di Metabo.

La notizia fu data dall'allora podestà Luigi Bonomo che gli inviò un telegramma di congratulazioni in nome del paese. Qualche tempo dopo il senatore Fioretti venne in visita a Villa Santo Stefano e affacciato alla finestra della casa dov'era nato gli furono tributati numerosi applausi

 

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192. Francesco Olivieri.

193. National broadcasting company.

194. Zucchine.

195. Quanti soldi ti invia il Cardinale?

196. Chiedilo a lui!

 

 

 

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Parte IV  Ritorno in Italia | Ritorno in Russia | II viaggio delle memorie | Dedicato alla mia madrina di guerra | Conclusioni | Cronologia

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