g e n n à r u, sm.: gennaio. Questo mese, il più brullo dell'anno, veniva allietato da tre importanti feste: la Befana, S. Antonio Abate e S. Sebastiano. La Befana, festa dei bambini che appendevano le calze al camino aspettandosi caramelle miste a carbone dalla vecchia mezza fata e mezza strega, chiudeva il ciclo natalizio. Per la festa di S. Antonio Abate, che cadeva il l7 del mese, i giovani facevano il giro del paese chiedendo e raccattando legna che poi si accendeva in un bel falò nella piazzetta, mentre in chiesa veniva esposta un'antichissima statua lignea del santo, nera per gli anni ed il fumo delle candele che per secoli gli erano arse innanzi; ll fuoco veniva poi benedetto con la statuetta reliquia del venerando abate, e da esso i devoti prelevavano cenere e tizzoni da portare a casa per devozioni varie, non ultima per proteggere capre e pecore dal "fuoco sacro" detto anche di S. Antonio, che era una erisipela assai infettiva che a volte sterminava i greggi; da ciò deriva la tradizione di portare gli animali a far benedire da S. Antonio il giorno della sua festa. II culto di questo santo venne probabilmente introdotto in Italia dai monaci greci profughi dalle persecuzioni iconoclastiche; il santo ebbe una sua chiesetta fuori le mura al termine della strada che risaliva dal valico di Vallefratta e le terre di S. Lorenzo, poi sconsacrata, abbandonata e adibita per vari anni a locale per un mulino elettríco, recentemente distrutta per far posto per una costruzione moderna. II nome di S. Antonio rimane a designare la contrada e la strada agli approcci del paese dal meridione. Nella demopsicologia paesana, i santi patrocinavano la condizione umana sia dal punto di vista fisico, personale e di rapportö con le forze naturali, -molti santi avevano in-fatti chiese fuori del paese per tenerne lontane i flagelli della peste, colera ecc. che da quello spirituale come intercessori presso il trono d'Iddio. II culto di S. Sebastiano, la cui festa cade il 20 gennaio, è di antichissima data in mol-te parti d' Italia quale protettore contro la polmonite, la pónta, qv., che faceva strage degli anziani all'uscita della stagione invernale; -l’associazione tra il santo e la polmonite derivava dal fatto che, nel pensiero popolare, le punture delle frecce che trafiggevano il petto del santo erano dolorose quanto le "punte" delle pene causate dalle infiammazioni polmo-nari nei malati di polmonite. Come santo protettore contro malattie che venivano da fuori -come fu il caso anche con San Rocco più tardi- S. Sebastiano aveva da tempi antichi una sua chiesa fuori le mura dell'abitato, varie volte rimaneggiata ma tuttora consacrata ed officiata. Anni addietro, prima degli ultimi rifacimenti della fabbrica, una bella statua lignea del santo legato ad un tronco d'albero con il corpo crivellato di frecce, occupava posto d'onore nella nicchia sopra l'altare maggiore del presbiterio tra le due porte della sagrestie ed i banchi in muratura ai lati usati per la recita degli uffici dai confratelli del Purgatorio; a metá della navata unica, allora molto più lunga, a sinistra si alzava l'altare di S. Rocco, altro protettore contro i malanni provenienti d'ajosta, e a destra quello della Madonna del Carmine, già cappella della nobile famiglia Passio. In quei tempi, non si facevano processioni con la statua del santo perché essa, scolpita in blocco con l'albero al quale il santo era legato, aveva il tronco murato, chissà perché, alla base della nicchia. Raccontavano i vecchi, che una volta venne deciso di portare il santo in processione per la sua festa; e fu cosi necessario segare il tronco dell'albero alla base. Lo si pose sopra una macchina sulla quale portarlo in giro per il paese, ma appena la processione uscì dal portone sul sagrato, s'abbuiò il cielo e scoppiò un fragore di tuoni, lampi, saette con un vento così forte che la processione dovette rientrare immediatamente in chiesa tra i gridi, pianti e preghiere della gente che aveva capito che S. Sebastiano non voleva strasene nella sua secolare nicchia sul suo altare, e di processioni con il santo non se ne parlò più. Ma i tempi cambiano, o sono forse gli uomini?. Fatto è che questa interessante statua scomparve nel dopoguerra del Quarantacinque, e venne rimpiazzata con una mingherlina immagine in gesso del santo, patetica come un bambino minorato, che ora viene portata in processione senza paure di scariche di tuoni e lampi; inoltre oggidì le organizzazioni culturali paesane hanno appiccicata alla festa del santo una "sagra della polenta," chissà da quale tradizione ricavata. Ma, come diceva un comico alla TV qualche anno addietro, oggi: Tutto fa brodo. Gennaio era mese che i romani dedicavano a Giano bifronte, il quale aveva un naso volto indietro alle brume invernali, e l'altro in avanti annusando la imminente primavera, alla quale questo mese già apriva le porte con la delicata fioritura dei mandorli che dalle pendici di monte Siserno si spandeva giù per i colli e le pràta a valle: "Ver novum, ver jarn canorum, ver renatus orbis est", corae cantava l'intossicato poeta del Pervigilium Veneris. (Lat. Januarius).

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Dal "Lessico Paesano": dialetto, storia, vita, tradizioni ed usanze del popolo di Villa S. Stefano di Arthur Iorio

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