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da "FIGHTING PAISANO" di ALFONSO FELICI      Parte II  2

Vienna dolce Vienna

Rimpatriato in Italia, dopo un mese di licenza straordinaria, trascorsa con mia madre e con gli amici di Villa Santo Stefano, giunsi a Sella Nevea, dopo un giorno di sosta al deposito dell'8° Reggimento Alpini a Udine, per sbrigare le pratiche di trasferimento. Ero felice fra queste bellissime montagne. Fra una marcia e l'altra raccoglievo le stelle alpine che portavo a Licia, la bionda figlia del proprietario del rifugio "Sella Nevea", una triestina di quindici anni dai capelli biondi che avevo cominciato a corteggiare. Durante la libera uscita passeggiavo con lei fra gli abeti, evitando sempre di essere visto sia dal padre che dalla madre, che non avrebbero approvato il nostro idillio. In questo paradiso alpestre, sembrava che la mia carriera militare fosse alla fine poiché avevo dimenticato le bombe, i cannoni, gli aeroplani ed i mitragliamenti. Ma non fu così! Dovevamo raggiungere il btg. sciatori Monte Cervino e tra i 25 prescelti c'ero anche io.

Attendemmo fino a quando un giorno ci ordinarono di preparare gli zaini e le armi per raggiungere una destinazione ignota, ma "Radio Scarpone" (99) annunciò essere quella del fronte russo.

Quando partimmo la giovane Licia scoppiò in lacrime e mi salutò con un fazzoletto fino a quando sparimmo nella valle, mentre marciavamo in una lunga fila portando sulle spalle il pesante zaino affardellato. Ci caricarono su un treno molto lungo alla stazione ferroviaria di Udine, dove feci appena in tempo a salutare Armanda, la bella commessa che avevo conosciuto quand'ero al deposito e che vendeva sigarette nella stazione. Era il 14 settembre 1941.

Dopo due giorni di tradotta arrivammo a Vienna e ci fermammo due o tre giorni nella città dei walzer di Strauss. Ci permisero di visitare la città ed ammirare le bellezze di quei luoghi, famosi in tutto il mondo. Una sera gironzolando fra i viali e i ponti del Danubio, ebbi modo d'incontrare una ragazza bionda, giovanissima, di circa 18 anni. Mentre attraversava uno dei ponti io la rincorsi cercando di fare una chiacchierata con lei, sperando di passare la serata insieme. Mi evitò con modi civili ma non si fermò fino a quando, con decisione, mi misi davanti a lei e notai, sulla sua blusa azzurra, un distintivo con la stella di Davide, e con sopra scritto "Jude" (100). Provai a parlargli in italiano ma lei mi sfuggì. Insistetti seguendola e finalmente si fermò. Era impaurita e si guardava intorno scrutando la gente e alla fine, parlando in francese, mi fece capire che lei non poteva frequentare soldati e civili perché era ebrea e poteva essere arrestata e deportata nei campi di concentramento. Impulsivamente gli tolsi la stella sulla blusa e, con un francese approssimativo e in un italiano che lei capiva poco, le dissi che nulla poteva impedirmi di passeggiare con lei. Le feci capire che, senza il distintivo, nessuno avrebbe saputo che era ebrea e, inoltre, in compagnia di un soldato italiano nessuno ci avrebbe fatto caso.

Prima esitò, rifiutando l'invito e chiedendomi di restituirle il suo distintivo, ma io con ferma insistenza la costrinsi ad accettare. Camminando per le strade capii che si sentiva un'altra senza quel maledetto distintivo e parlando con me, come ogni altra ragazza, si sentiva protetta.

Visitammo il "Prater" e dalla grande ruota guardammo l'incantevole panorama di Vienna. Lei mi cantò "Wien, Wien nur du allein" (101) ed io, con voce tenorile, risposi con "O sole mio". Ricevemmo molti applausi dalle coppie che intorno alla ruota occupavano gli altri posti.

Più tardi mi parlò della persecuzione nazista contro l'intera comunità ebraica. Mi raccontò che per strada le sputavano in faccia spingendola contro il muro e apostrofandola con l'offensiva parola di "Jude". Le spiegai che io ero cattolico ed ero contro qualsiasi violenza. Ero così emozionato per quest'improvvisa avventura, che non le avevo neanche chiesto il nome. Mi disse di chiamarsi Myriam Goldberg. Più la guardavo e più mi convincevo che, stando con me, Myriam era molto felice. Solo Dio sapeva per quanto tempo lei non aveva potuto divertirsi e doveva subire le offese della gente per quel distintivo impostole dai nazisti. Notavo che quando incontrava gli altri ebrei abbassava la testa imbarazzata ed umiliata. La nostra passeggiata continuò per ore. Mi mostrò Vienna come la conosceva lei. Decidemmo di fermarci in un Café dove suonava un'orchestra che interpretava i famosi walzer di Strauss. Ci sedemmo ad un tavolo e bevemmo birra, mentre intorno a noi, i soldati tedeschi e italiani fraternizzavano con le ragazze viennesi. Notavo che Myriam guardava i soldati tedeschi con sospetto ed i suoi occhi, prima sorridenti, ora mostravano una tristezza mista alla paura di essere scoperta.

Capii la situazione e le posi sul capo il mio cappello d'alpino, vedendo che altre ragazze indossavano i berretti dei loro amici in uniforme. Sorrise e continuò a bere con me.

A rovinare la serata venne un austriaco, con matite e carta da disegno, che insisteva per disegnare un nostro ritratto insieme e che, durante la prima guerra mondiale, aveva combattuto contro gli Alpini italiani sull'Adamello. Myriam si rifiutò di posare per il ritratto e preoccupata mi pregò di lasciarla andare via. Accettai e proposi di accompagnarla a casa, ma disse che la sua storia di "Cenerentola" era finita e doveva riprendere il suo ruolo d'ebrea. Giunti a Naglerstrasse, una strada di periferia, mi chiese indietro il suo distintivo, mi diede un bacio sulla guancia e mi salutò con un: "Addio mio prìncipe azzurro, il.sogno è stato bellissimo!". Entrò in un portone, si voltò e mi salutò con la mano e poi sparì. L'incontro con Myriam mi rattristò così tanto che, tornando al comando, non badavo ai saluti di qualche bella ragazza che cercava di chiacchierare con me per strada. Una di queste mi disse: "Warum bist du so trauring, schòner Alpenjager?" (102). Gli feci capire che ero molto stanco.

Le campane delle chiese suonavano a distesa, le bande militari tedesche e quelle delle fanfare italiane strombazzavano per le vie della città. Scolaresche rumorose di "Hitlerjungen" (103), sventolavano le bandiere italiane e tedesche e le ragazze eccitatissime gettavano fiori al nostro passaggio. Sfilavamo per raggiungere la piazza del Parlamento al Ringstrasse. Le recenti notizie e le immagini dei cinegiornali, che testimoniavano la travolgente avanzata delle truppe tedesche in territorio sovietico, avevano creato nel paese un clima d'euforia.

La città di Vienna aveva organizzato un raduno di truppe italiane e tedesche in partenza per il fronte russo davanti al Parlamento, con la partecipazione delle autorità e della Wermacht (104). Noi non capivamo i discorsi in tedesco e gli applausi della folla ma partecipavamo seriamente a questa manifestazione. Finita la cerimonia rientrammo alla stazione ferroviaria di Vienna e ci sistemammo nei vagoni merce per prepararci alla partenza per il fronte russo. Pensai a Myriam Goldberg che non avrei più rivisto ricordando il breve ma piacevole incontro per le vie di Vienna.

A Vienna ci raggiunsero tutti gli effettivi del Battaglione sciatori "Monte Cervino", comandato dal tenente colonnello Mario D'Adda. Provenivano tutti dalla Scuola Militare Alpina di Aosta ed erano in gran parte alpini valdostani, piemontesi e valtellinesi.

Mi assegnarono alla 4a Compagnia del capitano Lamberti. Il capitano medico Reginato visitò tutti gli appartenenti alla scuola di Sella Nevea e ci fece abili. A me guardò i piedi congelati in Albania ma affermò che erano completamente guariti. Ripartimmo da Vienna con un'altra tradotta viaggiando per giorni e fermandoci quasi ad ogni stazione.

A Budapest ci fermammo per tre giorni perché, al nostro comando, fu ordinata una sosta per organizzare il ricongiungimento ad un grosso concentramento di truppe italiane a Jasi in Romania, a metà strada tra il territorio romeno e la Bessarabia, già occupata dalle forze tedesche.

La nostra tradotta si fermò lungo un binario morto e noi scendemmo vociando allegramente. Avendo un giorno di permesso ci sparpagliammo nella città e nei suoi dintorni. Vedere, sia pure in fretta, dei posti nuovi è sempre piacevole. Le nostre truppe erano festeggiate anche per via dei colori uguali delle due bandiere. A Budapest le belle magiare bionde si affollavano intorno a noi sventolando le loro bandiere. Distribuivano bottiglie di "Tokaj" (105) e noi, tra un sorso e l'altro, le baciavamo con ardore.

I soldati tedeschi invece ci osservavano con sufficienza e malcelato disprezzo. Quando irrompevamo nei locali pubblici per ballare la "ciarda", l'accoglienza era festosa, nonostante il malo modo di ballarla. Per le strade vedevamo donne macilente e malvestite che spazzavano in terra, e tutte portavano al braccio una fascia gialla e sul petto la stella di Davide, uguale a quella che io avevo tolto a Myriam Goldberg a Vienna. Erano "juden" (106) spiegava il tedesco che le sorvegliava. Noi comprendemmo allora il primo esempio della "civiltà nazista".

 

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99. Sinonimo di radio fante.

100. Durante la persecuzione nazista tutti gli ebrei dovevano portare appuntata sui vestiti la stella di David con sopra scritto "Ebreo".

101.Vienna, Vienna solo tu!

102. Perchè sei così serio bell'Alpino?

103. Gioventù hitleriana.

104. Esercito tedesco

105. Famoso vino ungherese.

106. Ebree.

 

 

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dicembre 2004

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