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da "FIGHTING PAISANO" di ALFONSO FELICI      Parte III  7

Invasione e sbarco nella Francia del sud

C'imbarcammo sul LCT-513, un grande mezzo da sbarco. Alle 10,45 si levarono le ancore ma solo alle 18,00 fu preso il largo e ancora non sapevamo la nostra destinazione. Alla fine si seppe che andavamo in Francia verso Nizza. Addio Italia!

Parecchi soldati soffersero di mal di mare, ma io non ebbi alcun problema. Avevo già navigato per la Grecia, Albania ed Anzio. Arrivammo a Saint Tropez e sbarcammo arrampicati sulle corde sporgenti sulla fiancata della nave. Scendemmo su mezzi da sbarco e finalmente mettemmo piede sulla spiaggia. Le bordate delle navi da guerra americane avevano ridotto il lungomare in un vero mucchio di macerie. C'era desolazione in ogni angolo colpito. Fummo caricati sui camion e proseguimmo prima verso Le Beasset ed in seguito arrivammo a St. Raphael.

Gli altri ufficiali furono molto sorpresi di vedermi li. Chiesi spiegazioni al tenente Tietze che, tutto sorridente, mi fece capire che mi avevano imbarcato clandestinamente. Erano stati tutti complici. Io non gradii molto lo scherzo, ma ormai ero in ballo, ed in fondo mi dispiaceva soprattutto perché al quartiere Generale della Quinta Armata in Italia non sapevano niente di questo fatto. Mi preoccupai e dissi al tenente Tietze di rimandarmi in Italia ma tutto fu inutile.

Mi trovavo in Francia senza nessuna protezione poiché ero all'estero e le mie mansioni erano insicure. Fui attorniato da tutti mentre Tietze e Presnell prepararono l'incontro con il capitano Howe, per rivelargli la mia presenza in Francia. Quando il capitano arrivò e mi vide disse, molto arrabbiato: "Tu che fai qua? Come sei arrivato? Chi ti ha aiutato?". Ovviamente affermai che mi ero nascosto sulla nave, che mi ero affezionato a loro ed ora ero lì. Ci fu una grande risata di tutti i soldati, alla quale si unì anche il caporale Plummer che disse: "Noi vogliamo bene ad Alfonso perché ci tiene allegri. Dai Alfonso cantaci O sole mio!". Un'altra risata generale. Il capitano si guardò intorno ed alla fine annunciò: "Okay, dato che i francesi non l'hanno visto entrare e lui parla francese può rimanere con noi". Alla fine di tutto ciò mi dissero che era uno scherzo. Il trasferimento era avvenuto con tutte le regole. Dicevano che parlavo francese ma io, in realtà, mi arrangiavo. Avevo fatto po' di pratica quando ero all'O.S.S. e con i soldati francesi che lavoravano negli uffici del "Allied Military governement" a Napoli, comunque in Francia avrei imparato di più.

Ripresi il mio lavoro di guida e spesso venivo usato dai miei amici come interprete per conquistare qualche "madamoiselle". Un giorno Plummer mi chiese se potevo rimediargli del vino rosso per la mensa ufficiali perché avevano un generale a pranzo. Eravamo a Pierrefeu du Val, vicino Tolone.

Entrai in una vigna e chiesi il vino alla figlia del proprietario. Mi disse di sì e mi regalò tre bottiglie di vino rosso. Ad un tratto uscì un giovane biondo che a me sembrò essere un tedesco. A quel punto mi venne un sospetto. Era pericoloso avere un tedesco dietro le spalle con il fronte avanti. Uscii ringraziando e subito andai a cercare la M.P. (181) e con loro ritornai nella vigna con una jeep. Avevo ragione! Infatti, quel biondo era un tenente tedesco in borghese che la ragazza teneva nascosto. Durante la perquisizione io trovai un binocolo e una macchina fotografica "Leica" di cui m'impossessai senza che la M.P. si accorgesse.

Caricammo il tedesco e la ragazza francese sulla jeep e li portammo al quartiere Generale della Settima Armata per interrogarli e redigere il mandato di arresto. Dopo l'interrogatorio dei due e dopo aver firmato la deposizione, ritornai al nostro campo ed orgoglioso mostrai a tutti il bottino di guerra e raccontai quello che era successo. Furono contenti del mio lavoro ma la "Leica" ed il binocolo finirono nelle mani del tenente Tietze e del primo sergente Presnell. In cambio mi diedero un orologio Bulova e tre stecche di sigarette. Bell'affare per loro!

Proseguimmo per Aubagne e per due giorni bivaccammo in un campo di riposo usato dai tedeschi lasciato tutto intatto dopo la fuga. C'era la piscina, le sale da ballo e i bar fornitissimi di vino, birra e champagne. Fu organizzata una serata da ballo ed io invitai le madamoiselles che affluirono in gran numero dopo i miei contatti.

In marcia verso Lione (Francia) Io fra il serg.te Geinsendorfer ed il Ten.te John Garrett.

Avevo Vassell, Plummer, Phillips, McGullough, Geisendorfer e Bennett attaccati ai piedi mentre ballavo con una ragazza. Ogni volta che ballavano con una ragazza venivano da me perché, grazie al mio francese, potevo fissargli un appuntamento.

Dopo la téte a téte con le ragazze per fare la traduzione, tornai a ballare ma non trovai più Madeleine che era stata agganciata da Hugh Clipper. Ballavamo di tutto, walzer, tango, polka ed il boogie boogie, ballo in voga fra le truppe americane che io avevo imparato a Napoli. Andata via Madeleine, ballai con Norma Pesenti, un'oriunda di Cuneo e con lei rimasi fino a tarda notte.

Il giorno seguente partimmo per Bourg, ed incredibilmente vedemmo per strada molti veicoli tedeschi bruciati ed un treno rovesciato con tanti cannoni e proiettili sparsi vicino la ferrovia.

Attraversammo i luoghi della Rhone, che prende il nome dal fiume, uno scenario verde di rara bellezza annerito dai segni della guerra. L'avanzata continuava con le nostre divisioni che inseguivano il nemico senza dar loro tregua. Occupata St. Hippollite, Digione, Belfort, arrivammo a Mulhouse, dove ci accampammo in un ex ospedale materno occupato dai tedeschi. Questi, una volta in fuga, avevano lasciato tutti gli arnesi medici, letti materassi ed altro. Eravamo in Alsazia e bisognava stare attenti perché la gente era di origine tedesca e ci guardava male.

Trincerati in mezzo alle macerie di un settore bombardato, le batterie tedesche continuavano a colpirci incessantemente. Insieme con altri cinque uomini, comandati dal tenente Byrd, andai in escursione per capire da dove venivano i colpi. Fummo fortunati perché i tedeschi sparavano dall'interno di una chiesa distrutta e subito li mettemmo a tacere.

Purtroppo le cose non vanno sempre bene. Il colonnello Ellersson, il comandante del nostro battaglione, fu sostituito per malattia ed il nuovo comandante, il tenente colonnello Silvennorris, quando seppe che ero italiano, malgrado fossi regolarmente arruolato nell'U.S. Army, mi fece capire che non potevo più stare con il suo Battaglione e decise di rimandarmi in Italia, in forza alla Quinta Armata.

I soldati quando appresero la decisione del comandante, cominciarono ad inveire contro di lui, frenati da tutti gli ufficiali. Stava diventando una rivolta dimostrativa. Il capitano Howe provò in tutti i modi a farmi rimanere, ma il colonnello fu irremovibile dovevo andare a tutti i costi via, e così fu.

II capitano Howe mi scrisse una lettera con la quale potevo usufruire di tutti i mezzi di trasporto, navi comprese, sempre rifornito di generi alimentari e potevo utilizzare alloggi militari americani dalla Francia fino in Italia, senza fissare una data d'arrivo. Inutile descrivere l'addio ai miei camerati. Fu un dramma!

Tutti indistintamente mi rifornirono di sigarette, cioccolato ed altri generi di conforto e di una cospicua somma di denaro. Anche Lupo cominciò a dare segni di nervosismo e volle fedelmente seguirmi dietro la jeep, che guidava Vassello, fino alla strada dove io potevo prendere un altro mezzo per raggiungere poi Marsiglia. Quando salii su un camion salutai Frank Vassello e Lupo mi seguì per due chilometri abbaiando. Vidi la sua sofferenza quando, con un secco ordine, gli gridai, in italiano, di tornare indietro. Il povero cane si fermò in mezzo alla strada e lo vidi fino a quando sparii dietro la curva. Povero Lupo era affezionatissimo e lo avevo addestrato a seguire gli ordini in italiano. Una lacrima di commozione mi scese sulla guancia!

 

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181. Polizia Militare

 

 

 

 

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