àlemesànte, sf. pl.: le anime sante del purgatorio, cioè i defunti di ciascuna famiglia che bruciavano nelle non troppo roventi fiamme del purgatorio in attesa di essere completamente purgate dei loro peccati prima di entrare nella beatitudine e gloria di dio in paradiso, ed il sacrosanto dovere di ciascun membro della famiglia di contribuire con preghiere ed opere buone ad accorciare questo penoso intervallo purificatorio. Nel paese le anime sante formavano un vero terzo stato; esse erano continuamente presenti a tutte le attività della famiglia e della comunità. Storicamente, la credenza in questi antenati coinvolti nelle faccende giornaliere della popolazione si rifaceva al culto romano dei lari e penati e all'obbligo dei viventi a rispettarne i bisogni e comandamenti: "Deorum manium jura santa sunto." Questo culto dei defunti era stato profondamente assorbito dalla psiche cristiana. Fino a non molti anni addietro, prevaleva nella popolazione del paese la convinzione che le anime dei defunti convivessero con i loro discendenti in una dimensione incorporea, ma non perciò meno reale. Infatti, queste anime vaganti sulla strada per il paradiso le s'incontravano durante il giorno per le strade solitarie di campagna, presso le fontane a bere l'acqua -simbolo della loro inestinguibile sete per il paradiso, inginocchiate in preghiera presso le cone e le edicole sacre del territorio paesano, e scomparendo non appena percepivano di essere state osservate e riconosciute. All’interno del paese, la loro presenza era molto più avvertita nelle penombre crepuscolari e nelle ore notturne quando venivano a star molto vicine ai famigliari, aspettandoli nelle cantine se andavano a prelevare legna per il fuoco, olio o vino, negli ingressi dai portoni socchiusi, negli aditi, ed anche nel barlume delle vie illuminate dalla debole luce dei lampioni soffermandosi brevemente quasi volessero dire qualcosa al parente, e poi dileguandosi senza nemmeno un fruscio; frequentemente, le loro voci fioche si potevano udire a sera nei sottoscala che rispondevano "ora pro nobis" alle litanie del rosario recitato in famiglia davanti al focolare. Non era raro al mattino trovare il livello dell'acqua abbassato nei cuncuóni e riccjòle, segno chiaro che durante la notte le anime sante vi si erano venute a dissetare. Affamate di preghiere, opere di devozione e carità, rosari e requjammatèrne, la loro presenza incorporea teneva a ricordare ai parenti i loro pietosi obblighi, ben d'accordo che una volta in paradiso li avrebbero contraccambiati con intercessioni presso Dio, la Madonna ed i santi per alleviare le pene e fatiche del loro purgatorio terrestre. Ed erano molto Insistenti a non far dimenticare questo tributo dovuto loro da tutta la famiglia, dai bambini ai vecchi in procinto di passare il gran sparti-acque dell'essere e non essere; e se qualcuno veniva meno a questo sentimento di solidarietà familiare, esse non esitavano a ricordarglielo con dolorosi plzzlcuötti ncúlu che facevano svegliare di soprassalto i piccoli durante la notte, lasciando belle patacche di lividi sulle loro chiappette rosee. Non di rado le anime vaganti arescèunu cioè apparivano in quelle che erano state le loro spoglie viventi per avvertire di disgrazie incombenti su famigliari lontani, come avvenne a mia nonna Nunzia quando il figlio Ernesto Federico era morente in un campo di prigionia austriaco. Questo nesso inalienabile fra viventi ed anime sante si celebrava in varie ricorrenze religiose, prima fra esse la Commemorazione dei defunti il 2 novembre quando con pietosi canti e cerimonie s'impetrava per loro l'eterna pace dei santi, nella festività della Madonna del Carmine patrona di queste anime, e nella notte dell'Ascensione, quando quelle anime che aveva pagato in pieno il loro riscatto in purgatorio s'incamminavano in processione per le vie del paese dirette in paradiso. (Lat. anima sancta).

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Dal "Lessico Paesano": dialetto, storia, vita, tradizioni ed usanze del popolo di Villa S. Stefano di Arthur Iorio

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