LA GROTTA DEGLI AUSI

 

di Roberto Sarra

"Hai presente una cascata d’acqua? Ecco, tu immagini una cascata d’acqua fredda e ghiacciata che esce da un foro nella roccia, ma mica un foro piccolo… no, è enorme come una galleria e non si vede niente dell’interno solo qualche roccia scavata dall’acqua e nulla più."

L'ingresso della Grotta degli Ausi (o del Diavolo come è comunemente conosciuta a Villa Santo Stefano)

Con queste parole Igor mi aveva convinto a fare una "uscita" nella "Grotta degli Ausi", una cavità orizzontale vicino a Villa Santo Stefano sotto il Colle Fornaro. In un primo momento la curiosità di vedere un "tunnel da cui usciva un cascata d’acqua" mi aveva spinto ad accettare l’invito, poi però la paura di entrare in un luogo inospitale aveva preso il sopravvento e all’ardore iniziale era subentrato un leggero stato di preoccupazione. La partenza poi non fu delle migliori: motocicletta da trial comoda (e neanche tanto) per una sola persona che però in quella occasione doveva portare due occupanti e tre sacchi pieni di attrezzatura, inoltre c’era quel maledetto carburo che puzzava da morire e la scomoda sacca con un unico spallaccio di tela. Ma alla fine potevamo partire, pochi chilometri sulla strada che in altri periodi ci avrebbe portato verso il mare e poi una strada sterrata, in discesa verso una valle delimitata da un corso d’acqua che scorreva veloce tra gli alberi. Il fiume, come abbiamo scoperto dopo, era l’Amaseno e la grotta che era li, a poca distanza, un traforo idrogeologico che affluiva nell’Amaseno. Mezz’ora per prepararsi, indossare la tuta impermeabile, il casco con il carburo per l’illuminazione e finalmente potevamo avviarci verso la nostra meta, anzi, verso l’ingresso della nostra meta. A quell’epoca non sapevamo ancora esattamente che cosa fosse la speleologia, ci piaceva avventurarci nelle grotte non sapendo bene come e cosa cercare, ci stimolava soprattutto la curiosità di vedere se quel posto avesse già conosciuto il passo dell’uomo oppure se potevamo considerarci noi i primi esploratori dell’oscurità.

Nel caso della grotta degli Ausi le cose non andarono diversamente anche se poi scoprimmo di non essere stati i primi esploratori, fummo comunque i primi ad effettuarne un rilievo serio e preciso che per la nostra giovanile inesperienza è andato perso.

Tornando a quel periodo e a quella esplorazione, mi ricordo che fin dall’inizio ci rendemmo conto che gli Ausi non erano come le altre grotte visitate in precedenza ovvero asciutte e fossili. Questa cavità sembrava vivere di una sua propria attività, legata al continuo combinarsi dell’acqua con la roccia: l’acqua sgretolava la roccia ma poi ricreava le concrezioni di colori e forme mutevoli e diverse. In quella stagione dell’anno dall’imbocco usciva una vera e propria cascata d’acqua e le rocce subito dopo l’ingresso erano rese lisce e scivolose dalla forte velocità del liquido. Quella che segue è la descrizione frutto di una relazione che nei giorni di primavera del 1979 due ragazzi appena diciassettenni fecero della loro prima grotta attiva: la Risorgenza degli Ausi.

La Grotta degli Ausi oppure Ousi si apre al centro di una depressione delimitata a sinistra dal fiume Amaseno di cui il corso d’acqua, che esce dalla cavità, è un affluente. Dopo pochi passi dall’apertura (larga 2m e alta 8m) una diramazione conduce a sinistra ad un ramo apparentemente poco attivo mentre a destra la diramazione conduce ad un ramo percorso dall’acqua che alimenta la cascata esterna e quindi il laghetto. Il flusso d’acqua è continuo anche se stagionalmente si verificano dei casi di abbassamento del livello e dell’apporto idrico. Percorrendo il ramo di destra (lungo circa 530 metri) si incontra dapprima una galleria larga 2 metri e alta 4. Lungo il percorso sono visibili alle pareti alcune concrezioni a forma di medusa e delle stalattiti dalla punta arrotondata, erose dall’acqua. Più avanti la volta si abbassa fino a 2 metri, il soffitto è completamente concrezionato, il fondo diventa quasi pianeggiante e l’andamento è rettilineo. A 160 metri dall’ingresso l’andamento cambia di nuovo e la grotta diventa meandriforme con strettoie tipiche di una forra, la larghezza raggiunge i 3 metri e l’altezza varia da 3 a 5 metri. Dopo circa 300 metri si arriva ad una cascata che alimenta un profondo laghetto dalla quale ha origine il torrente. L’acqua proviene da una fessura che probabilmente è alimentata dagli inghiottitoi che sfociano nel ramo sinistro della grotta, distante da qui poche decine di metri. Oltre il laghetto ci sono due gallerie fossili dalla vaga forma di lingua di serpente che si chiudono entrambi con una frana.

L'interno della Grotta degli Ausi

Il ramo sinistro non presenta grosse sorprese. Superato il bivio della cascata si passa per un meandro con una larghezza di circa 1,5 metri e una altezza massima di 7 metri. Prosegue per circa 340 metri tra laghetti e risalite per poi finire contro un masso di crollo che è possibile aggirare oppure risalire per 3 metri. Aggirando il masso si arriva nel ramo di fango (e mai nome fu più significativo e dove all’epoca della nostra prima esplorazione lasciammo uno stivale di gomma "catturato" dalla morsa dell’argilla). Superando il masso si arriva invece nel "Ramo del lago" che prosegue per 170 metri fino allo pseudosifone che costituisce la base dell’inghiottitoio di Colle Fornaro. Da questo punto non è possibile procedere oltre ma data la vicinanza alla cascata terminale del ramo destro è possibile desumere che questa zona alimenta costantemente di acqua il torrente interno.

La prima vera esplorazione della grotta risale agli anni 50 del XX secolo, ad opera di un gruppo speleologico romano ma sicuramente la Risorgenza era conosciuta da molto tempo prima data la vicinanza con alcuni centri abitati. All’interno, oltre a diverse colonie di pipistrelli incontrammo alcuni insetti tipici delle cavità sotterranee e qualche raro abitante occasionale (rane e bisce). Oggi l’acqua della grotta appare sottoposta ad un inquinamento di tipo organico, forse proveniente dai pascoli esterni, che genera dei fastidiosi effetti di "schiuma" sulla superficie. L’accesso e l’esplorazione della cavità non è molto difficile e per percorrere il ramo destro non occorre nient’altro che delle calzature adeguate (stivali in gomma) e una lampada.

Nel corso degli anni sono tornato in diverse occasioni agli Ausi, con altri amici oppure con speleologi di altri gruppi. La sensazione di bellezza e austerità che tutt’ora emana è sempre la stessa e ogni volta per me è sempre come tornare alla "grotta che vive".


 

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