GROTTE, RISORGENZE E L’ACQUEDOTTO ROMANO NELLA VALLE DELL’AMASENO

La Valle del fiume Amaseno, che si apre nel bel mezzo della catena dei Monti Lepini, spartiacque tra la pianura Pontina e la valle del Sacco, al confine tra le provincie di Frosinone e di Latina, sin dall’antichità è conosciuta per la sua ricchezza di acque.

Il Fiume Amaseno in una foto dei primi anni '80

La forte caratterizzazione carsica del territorio ha fatto si che torrenti scesi dalle montagne vengano inghiottiti nelle viscere della terra ed, in egual modo, formidabili corsi d’acqua scaturiscano da falde sotterranee. Un esempio di tale fenomeno lo si può notare in relazione al complesso ipogeo degli inghiottitoi di Colle Fornaro e della Grotta degli Ausi.

La Grotta o Risorgenza degli Ausi (o Ousi), il cui ingresso è situato nel territorio del comune di Prossedi (LT) a pochissima distanza dal fiume Amaseno, si estende per oltre 1.500 metri.

Iscritta la catasto nazionale delle grotte, ospita 7 specie di pipistrelli: Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus euryale, Rhinolophus hipposideros, Myotis myotis, Myotis blythii, Myotis cappaccinii, Miniopterius schreibersii, tutte minacciate di estinzione e pertanto inserite nella Direttiva Habitat 92/43/Cee). Per questo motivo la cavità è stata segnalata come S.I.C. (Sito di interesse comunitario) n. IT60470001 dall'Unione Europea. Come si è detto il complesso ipogeo fa parte di un sistema di inghiottitoi carsici (detti di Colle Fornaro), alcuni di notevoli dimensioni, gallerie, e falde acquifere facenti parte dell'insieme di condotti sotterranei che portano enormi quantità d'acqua, non solo nel fiume Amaseno in provincia di Latina (altro S.I.C.) ma ad innumerevoli sorgenti e pozzi (come ad esempio la "sorgente Fiumicello" posta nel territorio di Prossedi, utilizzati da vari comuni soprattutto pontini (come Roccasecca dei Volsci, Maenza, Roccagorga, Priverno, Sezze, Pontinia ecc).

Inoltre, sempre nei pressi della grotta e del fiume Amaseno, la Regione Lazio ha realizzato un "Campo Pozzi" (chiamato "Volaga"), nell’ambito del progetto relativo alla "Cassa del Mezzogiorno", finalizzato ad affrontare una eventuale situazione di emergenza idrica.

Già i Romani erano a conoscenza delle risorse idriche della Valle dell’Amaseno, tanto che realizzarono, probabilmente su precedenti canalizzazioni Volsche, un acquedotto che serviva Terracina.

L’opera d’elevata ingegneria, risale al II° sec. D.C., quindi all’epoca degli Imperatori Adriano ed Antonino Pio, ed era lunga più di 54 chilometri.

Il centro di captazione si trovava a circa 100 metri slm mentre la cisterna d’accumulo, chiamata "Castellum", si trovava a quota 50 metri slm. Pertanto, sui 56 chilometri del tragitto, la pendenza media era di 0,09 % (la media degli acquedotti romani più famosi è di 0,1%).

I romani adattarono l’opera alla morfologia accidentata del terreno, facendola correre in gran parte in trincea o galleria, e solo per oltrepassare valloni e fossati si costruirono ponti ed arcate.

L’altezza andava tra i 1,60 ed i 2,10 metri, mentre era largo dai 50 ai 70 centimetri, ma qualcuno ipotizza che in alcuni punti raggiungesse anche il metro di larghezza.

Non dimentichiamo che lungo il percorso si trovava la città romana di Privernum e che, a dimostrazione di quanto la valle fosse importante per i Romani, l’intera zona è ricca di emergenze archeologiche. Alcuni resti dell’acquedotto sono noti da tempo. Nel territorio del comune di Sonnino (LT) sono visibili notevoli vestigia. Mentre vicino a Terracina, due grandi arcate hanno, nel Medioevo, dato vita a numerose leggende, tanto da identificare i due manufatti con i nomi di "Ponte del Diavolo" e "Pozzo di S. Antonio".

Risalendo la valle dell’Amaseno, altri resti murari di forma circolare sono presenti ai piedi del colle su cui sorge il paese di Roccasecca dei Volsci. Le strutture risalenti allo stesso periodo dell’acquedotto, poste a breve distanza dal tracciato dello stesso, sono da ritenersi delle cisterne aventi circa 12 metri e mezzo di diametro.

Trattasi pertanto di strutture comunque collegate all’acquedotto, molto probabilmente derivazioni locali per il rifornimento idrico di altri centri oltre Terracina.

Una di queste strutture sorge in località Colle Celone o Collone, dove alcuni studiosi, riprendendo gli scritti di Teodoro Valle, erudito Privernate del XVII secolo, ritengono che sorgesse l’abitato romano di "Terra Floridis", distrutto durante le invasioni barbariche, i cui profughi avrebbero fondato Roccasecca dei Volsci.

È ovvio che l’acquedotto non incanalava soltanto l’acqua delle sorgenti nei pressi dell’attuale comune di Amaseno (L’acquedotto è conosciuto dagli studiosi come "Acquedotto di San Lorenzo", dal nome medioevale del paese).

La straordinaria scoperta su un crinale attorno alla Valcatora (Colle S. Sebastiano) di una galleria scavata nel tufo (il cunicolo è stato riportato alla luce per breve tempo nel febbraio del 2001), che a prima vista sembra proprio una struttura romana, dimostra che esistevano altre canalizzazioni, magari ausiliarie, che sfruttavano la ricchezza d’acqua sotterranea del Monte Siserno e della Valcatora.

In ogni caso l’intera area della Valcatora ospita resti archeologici. Un crinale adiacente a Colle S. Sebastiano è letteralmente cosparso di pietre squadrate, e presso i ruderi della Chiesa della madonna delle Rose sono stati individuati i basoli di una strada romana che probabilmente si collegava all’Appia.

A Colle Fornaio, nel comune di Villa Santo Stefano, la Soprintendenza ha individuato, mappato e vincolato, i resti di una "Villa rustica" romana.

di GIANCARLO PAVAT

dal periodico "Alleanza Volsca" della provincia di Latina - dicembre 2002


 

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