Nei mesi di Aprile e Maggio '44 la gente del paese era tutta sfollata dal paese per timore dei bombardamenti, la mia famiglia con altre persone ci eravamo sistemati dentro un rudere che si trova su una grossa roccia in dialetto chiamata "Caprao" che si può ancora vedere come un grosso masso bianco a strapiombo sul cimitero. Per poterci arrivare, bisognava seguire un tratturo che partiva dietro la casa di Angelino Palombo, le mura di questo rudere erano alte circa un metro e mezzo e al centro aveva una cisterna in secca che si offriva quindi come una vasta stanza sotto il livello del terreno ed a cui potevamo accedere con una scala a pioli. Dì fronte la cisterna, come ulteriore rinforzo fu fatto un grosso muro a secco alto un metro e mezzo e con passaggi non rettilinei per proteggersi da eventuali cannonate o schegge, intorno c'erano degli alberi di ulivo e di notte gli uomini dormivano fuori sotto una tenda. Come posto di osservazione era ottimo, in particolar modo per il lato verso "le fontanelle".  Dentro la cisterna, sul muro scrissi i nomi di tutte le persone, e chissà se un giorno fate una passeggiata in montagna potreste ancora ritrovare le mie iscrizioni. Un mattino ci sono arrivate addosso due cannonate, una esplose a una quindicina di metri, l'altra urtò contro il muro e per fortuna non esplose, quando ritornammo a casa era ancora lì e non so da chi in seguito sia stata recuperata.

Primo con panorama di Villa Santo Stefano - 1945

Primo con radio a galena autocostruita - 1945

Una mattina, io e un certo Ermete Rossi scendemmo "alla fontanelle" per cogliere delle ciliegie, ma non appena saliti sulla pianta siamo dovuti scappare di corsa perché le cannonate incominciarono a cadere un po' dappertutto tanto che la pianta ove eravamo saliti ne uscì praticamente distrutta. Si notava ormai dai movimenti delle truppe tedesche che c'era la ritirata.

Una mattina giunse un grosso cannone tedesco montato su un apposito carrello e trainato da un grosso mezzo semicingolato. Giunto vicino la casa di Angelino Palombo, nello spiazzo della cava di pietre fu messo rapidamente in posizione ed eplose pochi colpi in direzione del ponte delle mole, tre o quattro, verso un raggruppamento di carri armati americani e quindi fu immediatamente riagganciato al suo traino e portato via.

Le vittime americane di questo veloce raid rimasero per un certo tempo sepolte nel prato dopo il ponte sul fiume  e solo in un secondo momento portate via. oggi probabilmente riposano nel cimitero militare di Anzio. 

Primo al lato destro dell'attuale Cimitero di Villa - 1947

Ma ritornando al nostro cannone, giunto subito dopo la prima curva del cancello della casina a circa 20-30 metri dalle prime case delle fontanelle e a lato di dove oggi sorge un muro in cemento mentre allora c'era la siepe, uno sbarramento di artiglieria americano lo colse su quel breve rettilineo facendolo rovesciare in un prato sottostante, mentre nel cielo era sorvolato da caccia che evidentemente gli facevano da scorta.

Un motociclista fu ferito, il cannone rimesso in strada fu portato subito via e il motociclista ripartì con loro. Giunti al ponte delle fontanelle cercarono di minarlo ma non fecero in tempo. Il cannone finì la sua corsa nel prato sottostante il santuario della Madonna della speranza dove vuoi le cannonate, vuoi un cedimento del terreno lo fecero rotolare rendendo vano ogni tentativo di recupero e dove rimase fin dopo la fine della guerra.

Da sopra il nostro rifugio osservai il primo attacco al cannone, quello avvenuto nel rettilineo prima delle fontanelle, e dopo che il cannone, recuperato, era ripartito scesi giù e trovai, lì dove il motociclista era stato ferito, una borsa di pelle piena di documenti, per il momento la nascosi dentro la siepe, ma quando il giorno dopo andai per recuperarla non c'era già più.

Il giorno che arrivarono le prime truppe marocchine ricordo che dalle scale che si trovavano di fronte casa, in via Roma 11, i primi marocchini arrivati riuscirono a sorprendere gli ultimi due tedeschi che fuggivano a bordo di un sidecar, probabilmente erano del genio addetti a far saltare i ponti dietro di loro.

Ricordo che in questo agguato il soldato sul carrozzino del sidecar rimase ferito e si fìnse morto mentre il guidatore riuscì a fuggire. Il soldato ferito andò poi in casa a via Roma 9 dove ebbe le prime cure da Assunta, figlia di Fastuccia e madre di Pietro Titi che abitava lì e che durante la guerra non era mai uscita di casa. Lei stessa, disse poi, che lo aveva consegnato agli americani.

 

8/9 segue pag. 9

pag: 1  2  3  4  5  6  7  8  9

www.villasantostefano.com

PrimaPagina