Il bar d’ "Za Jola", il primo aperto a Villa, stava dove oggi c’è una moderna edicola, proprio all’angolo tra piazza Umberto I e via del Santuario, di fronte alla cantina di "Z’ Cencio".

Alla metà degli anni ’40 za Jola (Iole Anelli 1908 – 1987) e z’ Peppino di za Bianca (Giuseppe Iorio 1905 – 1993) aprirono in quel locale una latteria dove si vendeva il latte prodotto a Villa. Nel 1951 la latteria venne trasformata in un moderno bar. La vera novità fu l’installazione di un grande "bancone". Questo era un lungo banco di legno, dalle forme eleganti, nel quale erano inseriti il lavello con l’acqua corrente, la macchina per il caffè espresso e quella per il gelato con gli appositi pozzetti dei diversi sapori (crema, cioccolata, limone, nocciola, etc…). in basso era montato il frigorifero che sostituiva la vecchia ghiacciaia.

 

a dx Za Jola al bancone

Giocatori a carte davanri il bar

 

L’innovazione tecnologica segnò la fine di un’epoca. Si passò dalla "sinn’la" al lavandino, dal caffè della "cucuma" a quello "espresso", dalla tazza di latte al cappuccino con la schiuma.

Cambiarono anche gli arredi: i tavoli di legno vennero sostituiti da più snelli tavolinetti e le sedie di paglia da comode ed eleganti poltroncine in alluminio.

Con l’arrivo del telefono fu installata, nel bar, la prima cabina telefonica pubblica.

Alle novità tecniche seguì una forte evoluzione socio-culturale (nel bar si vendeva "Il Messaggero") che favorì un rapido mutamento degli usi e costumi del nostro paese. "L’espresso" divenne occasione di incontri, si scoprì l’aperitivo e cominciò ad apprezzarsi il gelato che z’ Peppino, ottimo calzolaio, improvvisandosi gelataio, preparava manovrando con difficoltà, una lunga paletta di legno immersa nella macchina del gelato.

La piazza era ancora in terra battuta e poco illuminata. Sopra la porta del bar una lampadina al neon era la prima luce ad accendersi al mattino e l’ultima a spegnersi la sera. Nelle piovose e buie giornate d’inverno rimaneva accesa per tutto il giorno. Accanto all’ingresso, appoggiata al muro, c’era la "traversa": una lunga e larga trave di legno usata a mo’di sedile. Il bar divenne, ben presto, il ritrovo dei notabili del paese. Il sindaco, il medico, il segretario comunale e i maestri si davano appuntamento per l’aperitivo o per il caffè. Lo spazio antistante era teatro di partite a carte e di discussioni di politica locale che, nelle sere d’estate, si protraevano fino a tardi. Spesso si formavano gruppi di persone che si cimentavano in allegre ed infinite "passatelle".

 

Z' Peppino

 

L’attività iniziava al mattino presto: al banco si alternavano z’ Peppino, dal carattere allegro e gioviale, e za Jola, dall’aria mesta e con la mente sempre rivolta a Padre Pio di cui era profondamente devota. Alla sera tardi, prima della chiusura, Paolino di za Maria d’ Cecca (Paolino Iorio 1924 – 1996) provvedeva alle pulizie sotto lo sguardo semiaddormentato di za Jola. Z’ Peppino e za Jola hanno gestito il bar fino alla metà degli anni ’70. Negli anni seguenti, pur cambiando diverse gestioni, esso ha sempre conservato la sua centralità nella vita sociale del paese.

Da un anno, dopo circa settanta di attività, il bar non c’è più. In quel locale, infatti, hanno aperto una bella edicola. Di giorno la gente vi entra ed esce come sempre. La sera, però, quando l’edicola chiude, quell’angolo della piazza è deserto, la vetrina rimane buia, la luce è spenta e con essa si è spenta anche una parte della nostra storia.

 

 
 

14.8.11

 

up. 14.8.11

www.villasantostefano.com

PrimaPagina  |  ArchivioFoto | DizionarioDialettale | VillaNews