IL TERREMOTO DEL 23 LUGLIO DEL 1654

NEL LAZIO MERIDIONALE

di Carlo Cristofanilli

Nel corso dei secoli i terremoti sono stati costanti, specialmente in Italia. Gli Annales Ceccanenses hanno puntualmente registrato tali avvenimenti, accaduti nel Lazio meridionale, allora Marittima e Campagna.

Quando ancora non esistevano i sismografi ne i riferimenti alle scale Richter e Mercalli, la violenza dei terremoti veniva classificata con i termini di magnus e disastrosissimus oppure di tremore lieve o grande, allorquando si trattava di piccole o grandi scosse telluriche.

La notte del 23 luglio del 1654 nel Lazio meridionale ci fu " un tremore grande".

Di questo evento abbiamo memoria a Villa S. Stefano (allora S. Stefano) in una scritta dipinta sulla parete sinistra dell’arco che immette in Via della Rocca:

 

A PERPETUA MEMORIA

L’Anno 1654 luglio giovedì 23 notte seguente a hore sei fu il terremoto con gran danno di molti Luoghi.

Nel 1657 fu il contaggio con gran strage di molte provincie et questo luogo per Dio gratia et del Protettore Santo Stefano de uno e l’altro fu illeso.

Ad ulteriore conferma del fatto, abbiamo rinvenuto nell’Archivio di Stato di Frosinone, Notarile di Vallecorsa, la seguente nota, apposta dal notaio Domenico Lauretta (i) nel suo prot. 10, fald. 24, al foglio 342 r. che trascriviamo:

A di 23 di luglio 1654

Si nota qui ad perpetuam rei memo[ria]

Il predetto giorno di giovedì a notte,un’[ora]

prima sonasse hore sei fu il terram[oto]

solo in questa terra di Vallecorsa, ru[inò]

l’altre terre con un tremore gran[de]

et un gran audire tanto nelle [campagne]

come nelle montagne, et che la [sera]

su le 22 hore si resentì detto ter[ramoto]

non teribile che quasi tutti li ci[ttadini e]

fameglie scapporno a dormire [fuori]

e giorni, e giorni ma prima se….

tale insolito da queste parti ter….

vi furono visti segni nella luna, att[orno alla]

quale vi se vedevano dimostrare [imma]

gini di persone hegre a guisa de…

et in alcune persone perirono alcune…

con mortalità di Paesi.

Altre notizie sul terremoto del 1656 le abbiamo trovate nell’Archivio Colonna e precisamente nella corrispondenza del cardinal Girolamo, in due lettere inviate da Pofi:

" Do parte all’Eminenza Vostra mio signore, come questa notte qui in Pofi, poco dopo le sei hore, è stato un terremoto grandissimo, con grandissimo terrore, e spavento di tutti, essendo durato quasi per lo spatio d’un credo, et ha fatto molti danni a diversi, havendo quasi a tutti debilitato le case, molti tetti ha fatto cadere, i camini quasi tutti, e per la misericordia d’Iddio non vi sono stati offesi, che due persone, in una casa, ferite in testa leggermente. In questo Palazzo ha fatto qualche danno, perché ha fatto cadere per poca parte del tetto, sopra la sala vecchia, debilitato li muri principali in ciascuno di essi havendo lasciato il pelo di larghezza in alcuni di questo un dito, stimo però non sia di gran pregiudizio, né di troppo nocumento alla fabrica.

In Ceprano, hanno detto, siano cadute due chiese et alcune case.

In Veroli anche si è sentito assai, et in Frosinone, dove parimente dicono, che vi habbi fatto del danno, che è quanto, et all’Eminenza Vostra faccio humilissima riverenza. Pofi 24 luglio 1654.

Lodovico Ilarij".

 

L’altra lettera dice:

 

" Benché V.E. habbia saputo da altri il tremore della terra cominciato alle 6 hore di notte delli 24 del corrente, ancor’io do parte, ch’in questa campagna, e marettima tutti dormono fuor delle proprie casi murate, e Mons. Prati governatore di Frosinone va a dormire in carrozza nella campagna scoperta: per gratia d’Iddio da questo Repartimento non vi è danno notabile, et in Ceccano appena s’è inteso rispettivamente agl’altri luoghi, a Falvaterra v’è il danno, ch’ascriva quel fattore coll’ annessa lettera, si spera, che non verrà altro timore e poiché tutti si son messi in oratione; ed a V.E. faccio profondissima riverenza. Pofi di 27 luglio 1654.

Giovanni Rosato Saltasbarra erario".

Il paese di Santo Stefano dunque non subì danni e gli abitanti attribuirono la cosa all’intercessione del loro patrono S. Stefano protomartire, tanto da volerne lasciare il ricordo in una scritta, e così pure per la peste, che tanto infierì in quel medesimo tempo. Occorre subito dire che allora la chiesa principale del paese era dedicata proprio al santo diacono Stefano ed in suo nome aveva inizio ogni assemblea cittadina e grandi festeggiamenti venivano fatti, compresa la così detta "panarda", comune a tutti i feudi dello stato Colonna. In seguito i Santostefanesi, dopo aver abbattuto la vecchia chiesa medievale, dedicarono la nuova chiesa a S. Maria Assunta in Cielo, con l’assenso del vescovo di Ferentino, confermando il detto " Ubi maior minor cessat".

Resti della chiesa medievale di S. Stefano posti nella parte absidale dell’attuale chiesa di S. Maria Assunta in Cielo

 

Seguendo poi una moda che la devozione popolare ripropone in ogni tempo, i Santostefanesi preferirono mettere S. Rocco, come protettore della peste, al posto di S. Stefano e S. Sebastiano.

Che cosa è rimasto del culto del santo diacono in S. Stefano, poco o nulla, i tempi cambiano ed anche le mode devozionali, resta in S. Stefano una scritta, sbiadita dal tempo, bisognosa di restauro, a ricordare la protezione del protomartire per il paese che si fregia del suo nome.

 

Sigillo della Comunità di S. Stefano (1682)

 

Piazza del Mercato

La nuova piazza del Mercato

La Protezione di Santo Stefano

up. 20.8.2011

www.villasantostefano.com

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