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       ROCCO PALOMBO  
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       22 febbraio 1875 
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      In nome di sua Maestà
      Vittorio Emanuele II
      Per grazia di Dio e volontà della Nazione
      Re d’Italia
      
      UDIENZA DEL GIORNO 13 SETTEMBRE 1875
      
      NELLA CAUSA CONTRO
      
      Palombo Rocco fu Giovanbattista di anni 30, nato e 
      domiciliato in Villa S. Stefano, sarto, vedovo
      
      IMPUTATO
      
      Di ferimento volontario guaribile oltre i 30 giorni e 
      che portò seco in pericolo di vita ad offesa di Ferdinando Tranelli 
      avvenuto in Villa S. Stefano il 22 febbraio 1875, articolo 538 C.P.
      SENTITE le risultanze del pubblico dibattimento;
      SENTITA la lettura degli atti processuali;
      INTESO l’imputato presente;
      SENTITO il Pubblico Ministero nelle sue reali 
      conclusioni;
      SENTITA la difesa;
      SENTITO per ultimo l’imputato;
      RITENUTO che nella sera del 22 febbraio 1875 mentre 
      l’inquisito Rocco Palombo si trovava nel molino ad olio di tal Panfili (in 
      via Lata) a Villa S. Stefano, si fece a scherzare con modi poco misurati 
      verso gli uomini addetti a quell’opificio. Ferdinando Tranelli, 
      soprastante di quei lavoranti procurò che il Palombo cessasse dal suo 
      procedere perché distraeva gli operai dal lavoro. Ma il Palombo, ch’era 
      alquanto alterato dal vino scagliò colpi di bastone e ferì nella regione 
      frontale il Tranelli che cadde in terra.
           CONSIDERANDO che dalle 
      relazioni e giudizio definitivo del chirurgo rimane stabilito che il 
      ferimento per sopraggiunta risipola (tumore infiammatorio della pelle) 
      comportò pericolo di vita, ed incapacità al lavoro per oltre 30 giorni.
           CONSIDERANDO che la sezione 
      d’accusa, con sentenza del 20 luglio 1875 rinviò la causa pel relativo 
      giudizio a questo consesso, ritenute a favore dell’inquisito le 
      circostanze attenuanti perché il pericolo della vita ed il prolungamento 
      della malattia deve ritenersi non dalla sola ferita ma anche e 
      specialmente dalla sopravvenuta risipola causata da trascurata cura e 
      dall’uso di spiritose bevande (alcolici): circostanze che anche questo 
      consesso ritiene nel senso esposto.
           CONSIDERANDO che l’inquisito 
      stesso ammette di aver dato il colpo di bastone senza ricordare in qual 
      parte della persona del Tranelli, ciò che comprova un altro testimone 
      udito che quantunque sulle prime abbia voluto dire che il Tranelli si 
      ferisse per caduta, dopo aver ricevuto un colpo di bastone alle spalle, ha 
      poi conchiuso (concluso) che non sa se il Tranelli cadesse e non aver 
      capito in qual parte della persona fosse percosso dal bastone;onde è da 
      prestarsi fede al querelante che ha costantemente sostenuto che fu colpito 
      in fronte.
           CONSIDERANDO che ciò posto non 
      è ammissibile l’eccesso invocato dalla difesa perché rimane escluso che il 
      ferimento avvenisse a causa della caduta fermo restando che il modo 
      violento con cui fu vibrato il colpo, la località dove fu diretto, cioè 
      sulla regione frontale, non potevano non produrre quegli effetti che ne 
      derivarono e che potevano purtroppo prevedersi. D’altronde lo stato di 
      ebbrezza, anche a prescindere ch’era abituale dell’inquisito, non era a 
      tal grado da togliere o menomare, a senso di legge, al Palombo la 
      conoscenza delle proprie azioni. 
           CONSIDERANDO che l’inquisito è 
      recidivo per essere stato condannato ad un mese di carcere per oltraggio 
      al Sindaco di Villa S. Stefano, ad altro mese per ribellione alla forza 
      pubblica e ad altri 11 giorni per ferimento volontario.
      
      PER TALI MOTIVI
      
      Visti gli art. 598 e 684 C.P., 568 e 569 C.P.P. 
      
      DICHIARA
      
      Rocco Palombo colpevole di ferimento volontario a danno 
      di Ferdinando Tranelli che fu posto in pericolo di vita, ed inabilitato al 
      lavoro per oltre 30 giorni col concorso di circostanze attenuanti e 
      coll’aggravante delle recidività. Lo condanna quindi a 4 anni di carcere, 
      all’indennità di ragione verso il ferito ed alle spese processuali a 
      favore dell’Erario dello Stato.