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             FRANCESCO PALOMBO  | 
          
          
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             10 maggio 1876  | 
          
        
        
       
      In nome di sua Maestà
      Vittorio Emanuele II
      Per grazia di Dio e volontà della Nazione
      Re d’Italia
      Il Pretore del Mandamento di Ceccano ha proferito la 
      seguente sentenza nella causa penale del Pubblico Ministero contro Palombo 
      Francesco fu Giovanni Battista di anni 34, contadino nato e domiciliato a 
      Villa S. Stefano, comparso.
      
      
      IMPUTATO
      
      Di avere oltraggiato in pubblico con parole di "Puttana" Giacinta Paggiossi, e di averla minacciata con fucile li 10 maggio 1876 in 
      Villa S. Stefano.
      
      INTESO il pubblico dibattimento;
      INTESO il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni 
      orali;
      INTESO l’imputato ed il difensore in ultimo luogo nei 
      mezzi di difesa.
      CONSIDERANDO che la Giacinta Paggiosi sporgeva querela 
      contro l’odierno imputato perché l’aveva trattata da puttana, ed anche 
      perché si fosse portato sotto le sue finestre per minacciarla con fucile
      CONSIDERANDO che se risultò stabilito che nella 
      pubblica strada il prevenuto insultasse la querelante con termine di 
      puttana come deposero le testi Caterina e Maria Ferrari, non risultò 
      affatto che la minacciasse con fucile, non avendo ciò veduto alcun 
      testimonio e risultando che la stessa querelante neppure si affacciò dalla 
      finestra, temendo qualche ingiuria.
      CONSIDERANDO che li stessi testi deposero come qualche 
      giorno innanzi la querelante dicesse di "voler fare le ciocie colla pelle 
      della madre dell’imputato" in guisa (in modo) che egli si trovasse 
      sdegnato per le offese e che dalle concordi testimonianze delle medesime 
      testi risultò come l’imputato si trovasse ebbro da vino:
      VISTO l’articolo 572 C.P. e 344, 568 C.P.P.
      
      
      HA GIUDICATO
      
      Esser colpevole, Palombo Francesco, della fattagli 
      imputazione d’ingiurie pubbliche e come tale doversi condannare come si 
      condanna ad un giorno di arresti ed alle spese del procedimento, doversi 
      assolvere dall’altro addebito di minaccia per non essere risultata la sua 
      reità.
      Così giudicato in Ceccano ed in pubblica udienza li 30 
      giugno 1876
      
       
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