LE GROTTE DI COLLEPARDO ED IL POZZO D'ANTULLO

 

di Paolo Sellari

Cenni di storia

Le due grandi grotte di Collepardo, il Pozzo Santullo o D'Antullo e la Grotta di Collepardo o dei Bambocci, che poi prese anche il nome dalla Regina Margherita, sono fenomeni carsici ben conosciuti da sempre per le loro grandi dimensioni; soprattutto la grande voragine del Pozzo Santullo è un fenomeno abbastanza singolare rispetto alle normali voragini carsiche dell'Italia Centrale. La Grotta di Collepardo, dato il facile accesso, era sicuramente conosciuta e frequentata fin dalla preistoria. Fu detta "dei Bambocci" per le particolari forme delle sue concrezioni, che colpivano la fantasia delle persone che vi si avventuravano.

Il primo scritto in cui si ha notizia delle grotte è un trattato pubblicato a Macerata nel 1802: "Osservazioni mineralovulcaniche fatte in un viaggio nell'antico Lazio" del geologo marchigiano Paolo Spadoni. Nel 1796 egli fu incaricato dal cardinale Carandini di ispezionare alcune cave di limonite presso Guarcino (Frosinone) per stabilire le ragioni dello scarso rendimento. Durante il rilevamento della zona fu colpito dalla vastità del Pozzo Santullo e dalla fama della vicina Grotta di Collepardo, già allora ben conosciuta.

Così l'autore narra la sua impresa: "Tornato sul luogo munito degli attrezzi necessari per intraprendere la discesa fu impedito da una singolare circostanza. Parecchi montanari creduto mi aveano mal intenzionato, e già venivano verso di me per precipitarmi, gridandolo, entro quell'alta voragine. In si disperata circostanza ... mi diedi di repente alla fuga onde evitare la mala ventura, che senza dubbio dato mi avrebbe la furia e il fanatismo di gente indocile e ombrata." Però "il desiderio di scuoprir cose nuove la vinse" e munito di una lettera del Vescovo di Alatri per l'abate Tolomei suo vicario in Collepardo, ritornò alla carica. Con "una lunga e grossa fune" ebbe il sospirato piacere di toccare per primo il fondo del Pozzo Santullo in compagnia di due contadini. Dopo una descrizione particolareggiata del fondo del pozzo, lo Spadoni descrive poi, con altrettanta dovizia di particolari, la Grotta di Collepardo e aggiunge ".... ho fondamento di credere che avesse in addietro comunicazione per via di sotterranei canali, adesso richiusi, col Pozzo d'Antullo." Sarà il primo di una serie di personaggi che propenderanno per questa ipotesi. Tra il 1817 e il 1822 la Grotta di Collepardo fu visitata dal geologo Giovan Battista Brocchi che la paragonò alla Grotta di Antiparos, considerata all' epoca la più bella grotta conosciuta.Nel 1824 ebbe luogo la ben nota esplorazione dell'abate e letterato francese Domenico Santucci, accompagnato dall'architetto Rossini e dagli incisori Cottafavi, Bossi e Parboni, inviati dal principe Baldassarre Boncompagni, per ritrarre le bellezze naturali del luogo ed eseguire un preciso rilievo della grotta. I risultati della visita furono eccezionali: il Santucci pubblicò a Parigi un opuscolo di 131 pagine (La grotta di Collepardo, Parigi 1845) con una minuziosa descrizione della grotta; in esso paragona i vasti ambienti della grotta al Pantheon e ad altri monumenti celebri; e fu eseguita la famosa serie di 8 bellissime incisioni di Cottafavi, Bossi, Parboni e Rossini riguardanti la Certosa di Trisulti, la grotta di Collepardo e il Pozzo Santullo. Una di queste incisioni mostra la pianta e la sezione della grotta di Collepardo, ed è da considerare il primo rilievo speleologico conosciuto nella regione. Successivamente, in tutto il XIX secolo numerosi scritti testimoniano che le grotte furono molto conosciute e visitate da importanti personaggi, per lo più naturalisti, che ne decantarono le bellezze. In particolare il geologo Giuseppe Ponzi, che effettuò un saggio di scavo e studio le brecce ossifere del riempimento della grotta; l'archeologo Fabio Gori (Viaggio pittorico antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco fino alla famosa grotta di Collepardo, Roma 1855) definì la grotta "Museo italico della natura" descrivendone con dovizia di particolari le stupende concrezioni. Da molti altri le grotte vennero citate: geologi, naturalisti, alpinisti, non ultimo .lo storico tedesco Ferdinando Gregorovius (Passeggiate per l' Italia, 1858); anch' egli, nonostante il suo iniziale scetticismo ("non sono molto propenso ad ammirare questi scherzi della natura" ) si lascia trascinare dalla bellezza del luogo e dà sfogo all' immaginazione, ammirando lo spettacolo delle bellissime concrezioni.Più recentemente, nella prima metà del '900 furono pubblicati vari articoli ad opera di studiosi del fenomeno carsico. A tutt'oggi restano comunque gli ambienti carsici più conosciuti del Lazio.Le grotte furono visitate poi nel '900 da molti altri personaggi notevoli, fra cui il francese Alfred Eduard .Martel, ritenuto il padre della speleologia, nel 1903. Un suo articolo, il primo che abbia un taglio scientifico, fu pubblicato su "Le grotte d'Italia" nel 1928; egli sosteneva che esistesse un collegamento sotterraneo fra le due grotte. La Regina Margherita visitò la Grotta di Collepardo nel 1904, e in suo onore da allora viene chiamata anche Grotta Regina Margherita. Con l'avvento della speleologia, poi, la grotta è stata frequentata moltissimo, anche a fini esplorativi, ma senza aggiungere niente a quanto era già conosciuto.

Le grotte

La Grotta di Collepardo si apre circa 30 m al disopra del letto del torrente Fiume, che in quel punto scorre in una stretta gola. Un grande ingresso triangolare immette in un vasto ambiente ingombro di massi di crollo; sul suo fondo, nel punto più basso, un tempo esisteva un lago che raccoglieva le acque dei torrenti sotterranei che confluivano poi nel corso d'acqua esterno. Anche se non si nota immediatamente, la Grotta di Collepardo consiste di un unico grande ambiente, diviso in tre settori da sbarramenti formati da colonne stalagmitiche. Queste ultime risultano allineate, come si nota esaminando la pianta, secondo le direzioni delle principali fratture della roccia. I piani di faglia, cioè delle grandi fratture che hanno originato la cavità sono ben visibili all'interno sotto forma di pareti lisce e verticali. L'andamento del fondo della grotta è in netta salita, soprattutto nell'ultima parte, dove i cumuli di massi degli antichi crolli sono ricoperti da crostoni di concrezione, vaschette, stalagmiti, e soprattutto colonne di ogni tipo e dimensione. Anche la volta è mascherata da concrezioni e cortine stalattitiche. Sulla destra dell'ingresso si trova la sola diramazione che si stacca dall'ambiente principale: procedendo in una stretta ed alta frattura si giunge ad una saletta abitata da una colonia di pipistrelli. Qui l'illuminazione è stata spenta per garantire la sopravvivenza della colonia; infatti il letargo dei pipistrelli, che sono una specie protetta da varie Convenzioni internazionali, può essere disturbato dalla presenza di troppi visitatori..Anche se nella grotta non scorrono più le acque sotterranee che un tempo l'hanno modellata, esiste ancora un notevole stillicidio che percola attraverso le fratture della roccia, mantenendo l'umidità dell' ambiente prossima al 90%.

Il Pozzo d'Antullo

Il Pozzo d'Antullo si apre a circa 1 km dal centro abitato di Collepardo. Si presenta improvvisamente al visitatore come una grande voragine di forma ovoidale, larga 145x110 metri.Il fondo, a circa 50 m di profondità, è ricoperto da cumuli di detrito e mascherato dalla folta vegetazione, con alberi di oltre 30 metri.

La base del pozzo è più larga dell'imbocco, infatti misura 160x140 metri; originariamente questo ambiente era un grande salone ovoidale a volta con il tetto relativamente sottile (se ne vede la traccia lungo le pareti) e costituito in parte da una breccia cementata. Il crollo ha lasciato all' interno della voragine varie superfici aggettanti da cui pendono cortine di stalattiti a testimonianza dell'intensa circolazione di acqua che percolava attraverso le fratture della volta. Il Pozzo d'Antullo era anticamente adibito al pascolo delle pecore che vi venivano calate con una fune lungo le pareti verticali all'inizio della primavera e lasciate poi incustodite fino al principio dell'inverno. Narra una vecchia leggenda che nell'area occupata oggi dal pozzo esisteva un tempo una grande aia sulla quale alcuni miscredenti lavoravano anche durante i giorni festivi. Ma mentre vi battevano il grano a Ferragosto, festa dell'Assunta, improvvisamente la terra tremò facendo sprofondare l'aia nell'abisso.


 

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