Giuseppe Lauretti

Il poeta contadino del Macchione

(27 marzo 1885 - 12 aprile 1979)

Giuseppe Lauretti

Rime - prima parte

Rime - seconda parte

... << Un pomeriggio di tarda primavera del 1936, se ben ricordo, andai fuori porta a vedere se ci fosse in giro qualche compagno con il quale fare un po’ di chiacchiere e magari una passeggiata per la Pezza, la Valle o San Marco, ma non ce n’erano. Facendo il solito andirivieni per la piazza per ammazzare il tempo, mi accorsi di un uomo, forestiero a vedersi, il quale appoggiato con un braccio ad uno di quegli oleandri commemorativi dei caduti della guerra del 1915 - 18 sembrava guardarmi, quasi mi conoscesse. Cercai di non farci caso, ma l’interesse doveva essere reciproco, che, passandogli vicino mi prese il ghiribizzo di salutarlo; e lui mi rispose chiedendomi scherzosamente cosa facevo con tanta noia addosso. La frase mi parve originale, mi fermai e ci mettemmo a chiacchierare.

Avendomi ben squadrato per lo studente che ero, dopo un breve preambolo si finì per parlare di studi e cose accademiche. Rimasi impressionato dalla sapienza di costui il quale, più che di professore, aveva l ’aria di campagnolo e parlava di filosofia citando Platone in greco e Seneca e Lucrezio in latino facendomi raggrinzare nel mio bagaglio culturale ginnasiale; m’impressionò il fatto che non parlava "cattedrescamante" come fanno i professori, ma presentava la filosofia come parte della propria essenza umana. Senza falsa umiltà ed apologie, mi spiegò brevemente la genesi del suo sapere: giovanotto sul Macchione aveva commesso un delitto per il quale aveva dovuto pagare il fio per molti anni in carcere da dove era uscito recentemente. Se mi disse della natura del suo crimine non lo ricordo, così come non ricordo il nome di questo personaggio singolare. Giovane, intelligente e sensibile quale doveva essere, la galera gli aprì un grande finestrone sulla vita con un orizzonte senza limiti, e da semi analfabeta qual’era, prese a studiare e non solo imparò la lingua e letteratura madre, ma anche latino e greco per poter leggere poeti e filosofi nei testi originali. La ragion dell’essere umano era ciò che lo interessava al disopra di ogni altra cosa, convinto che senza filosofia e poesia la vita era una palude.

Parlava senza cercare d’impressionarmi con il suo sapere, e di lui mi è rimasto ficcato nel cervello il suo concetto di "ratus homo", dell’uomo che con la scintilla della ragione rubata agli dei, come fece Prometeo, poteva illuminare la vita con fantastici falò>>  …  (Arturo Iorio,  estratto dal "Lessico"

Il personaggio di cui si parla era : Giuseppe Lauretti, nato a Vallecorsa il 27 marzo del 1885.

A 17 anni finì in galera, per omicidio, e vi rimase per 15 anni. Il fatto di sangue fu dovuto per motivi di vendetta, infatti il padre del giovane Giuseppe era stato aggredito e derubato da colui che sarebbe in seguito stato colpito dalle fucilate vendicative del giovane Lauretti. Nel periodo in cui rimase in prigione il libro diventò il suo unico amico. Incominciò a studiare e con l’aiuto di un prete, che gli fece da maestro, iniziò un vero e proprio corso di studi. Uscito dal carcere si sposa con una pastorella del Macchione, certa Trapani Assunta, assai giovane rispetto a lui, anch’essa ormai al cimitero, e ha due figli. Conduce una vita di agricoltore e pastore sul Macchione. Non rinuncia mai a un libro. Confessa che riesce a stare senza mangiare per un giorno ma non può resistere senza leggere un libro.

<<Io, pronipote, ( è Luigi Cipolla che racconta ) lo ricordo come un vecchietto simpaticissimo, con due grandi baffi bianchi. Quand’ero bambino avevo una grande paura di lui. Chi poi avrebbe immaginato che proprio lui, il Poeta “autodidatta”, sarebbe diventato il mio maestro ?.. Aveva una cultura fatta, costruita a fatica, ma nello stesso tempo profonda. Tante volte andavo a trovarlo in “ quel suo solingo asilo” e parlavamo di Socrate, Platone e di tanti altri personaggi della letteratura>>.

Bizzarro destino quello di certi personaggi e certi luoghi che devono a volte la loro conoscenza a persone o fatti che con essi hanno poco a che fare. Sarebbe un grave errore avere la presunzione di poter condensare in poche righe: fatti, avvenimenti e vita di una persona per il cui adempimento sono occorsi tanti anni ( 94 ), quanti ne aveva il nostro poeta alla sua morte.

Chi scrive, non ha conosciuto Giuseppe Lauretti, anche se è certo di aver dialogato con lui solo una volta e ricorda a memoria quasi tutte le sue poesie. Pertanto non sta a me riscrivere la storia di un "poeta contadino" come lui stesso amava definirsi, spero solo che nel leggere le sue poesie vogliate riconoscere in esse un grande valore, ma soprattutto il grande valore umano che Giuseppe Lauretti vi ha impresso.

 

 

Eleuterio De Vincenzo

 

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