Giancarlo Bonomo, Critico d'Arte
BIENNALE DI VENEZIA 2009

PROGETTO "BLUE ZONE": polvere e Stimmung

La Biennale di Venezia, dai tempi lontani della sua storia a oggi, non è solo rassegna internazionale di opere d’arte, installazioni d’avanguardia, provocazioni intellettualistiche o creazioni ludiche, ma è soprattutto specchio ed interpretazione dello spirito culturale di un’epoca, nel legame indissolubile di indagine estetica e costume. Questa 53. Esposizione intitolata "Making Words" ovvero "Fare Mondi" così come indicato dal suo direttore Daniel Birnbaum, impone un’attenta analisi e riflessione in un momento cruciale della storia umana, così gravemente dilaniata e divisa non solamente nei valori etici e morali ma anche nei sistemi politici, religiosi ed economici. L’analisi richiede la messa a fuoco di un sentimento dilagante da navigazione a vista nell’imperante assenza di riferimenti certi e di grandi personalità illuminanti preposte a condurci fuori le secche di una decadenza artistico-culturale senza precedenti. Certo la potenza dei mezzi mediatici è indiscussa. Questo ha consentito, nella concezione contemporanea dal dopoguerra in poi, una possibilità divulgativa del prodotto estetico veramente straordinaria e, nel contempo, una notevole scelta espressiva. Fenomeni quali la pop e la video art, l’arte cinetica o la dimensione illusionistica dell’optical, sono stati lo specchio fedele di queste potenzialità immense e di un costume sociale che voleva l’assoluta liberazione dell’elemento fantastico atto a stupire, creare emozioni retiniche e shock visivi. La molteplicità dell’espressione ha portato, di conseguenza, a quella frammentazione che oggi è in atto più che mai. Molti critici ed esteti considerano opera dell’arte un felice prodotto industriale quale il design automobilistico o un elemento di arredo, come una poltrona particolare o un mobile. Qualcuno poi arrivò a definire "arte contemporanea" il comunissimo tappo a corona delle bibite in vetro battezzandolo come frutto del "genio degli anonimi", così come il cavatappi a bracci o altro prodotto legato al funzionalismo quotidiano. Persino qualche trasmissione televisiva di largo ascolto impostata su sequenze incalzanti è stata ritenuta tale. Insomma, il postulato del "tutto può essere arte" è stato ammesso come verità plausibile nella nostra epoca così complessa e controversa. Una considerazione pericolosa che può negare il concetto stesso di "arte" nel suo etimo originario, dal greco techne, inteso come capacità del fare con la mente ed il cuore un qualcosa di inedito e quindi con quel carattere di unicità e non serialità come, per converso, il prodotto industriale o artigianale. La scelta di "Making Worlds" potrebbe contenere dunque un fermo invito a ritornare all’originalità dell’invenzione di mondi paralleli che suggeriscano nuovi punti di vista, dimensioni incommensurabili frutto dell’ingegno creativo e delle infinite pulsioni interiori legate al sentimento sottile che la vita fa scaturire nel suo incessante divenire, nell’ottica di un rilancio di valori antichi almeno quanto l’uomo. In questo contesto, il progetto "Blue Zone" concepito dall’ottima intuizione dell’arch. Emiliano Bazzanella coadiuvato da un artista di ricerca ed esperienza quale Diego Valentinuzzi, intende riportare al centro della discussione il rapporto tra estetica d’arte e percezione collettiva nello sfondo contemporaneo di una babele comunicativa di opinioni, dogmi surrettizi e tendenze modaiole manipolate da tuttologi da salotto sempre pronti ad indicare direzioni e punti di riferimento senza possedere una bussola adeguata. Un progetto non tanto di denuncia ma – a mio avviso – di contenuti affermativi su cui porre estrema attenzione perché solleva inquietanti interrogativi sui valori estetici in un momento storico di transizione. La domanda è: siamo al preludio di un inizio o stiamo cavalcando una fine? Si profila un mondo nuovo di valori o stiamo assistendo ad una progressiva e caotica decadenza della tradizione estetica? La scena evidenzierà questa "Stimmung" collettiva nella condizione surreale (ma forse non troppo …) di una galleria abbandonata con opere semi-occultate, realizzate da artisti affermati selezionati dai curatori. Luci azzurre metafisiche e monitor perennemente accesi creeranno una situazione interattiva in cui il pubblico sarà chiamato ad intervenire negli idiomi più disparati. Non sarà dunque una banale e scontata provocazione spesso di casa qui in laguna, ma un qualcosa di più propositivo. Certo, non vogliamo credere in nessun modo che l’arte – dopo la perniciosa sequenza di negazioni contemporanee – stia davvero morendo. Più propriamente (e positivamente) vorremmo parlare di crisi, momento di riflessione, stand by o quant’altro conferisca speranza di necessaria continuazione del concetto di creare. Una pulsione, questa, nata con l’uomo già dal tempo dei graffiti e dipinti della caverna francese di Lascaux, la cosiddetta Cappella Sistina della preistoria, risalenti a circa 18/20.000 anni or sono, che rivelano l’intimo animo di un uomo tutt’altro che primitivo volto a ricercare il senso delle Cose del mondo affermando, attraverso la realizzazione espressiva compiuta, le ragioni dell’Essere nel divenire del Tutto.

Giancarlo Bonomo

Venezia, giugno 2009

19.6.13
 
 

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