"Prefazione" di Indro Montanelli : DEGNO DELL’ERGASTOLO SÌ MA SEMPRE COCCO DI MAMMA

BENITO LUCIDI

"32 ANNI, 11 MESI e 20 GIORNI DI ONORATA GALERA" (*)

Cronologia & Appunti di Marco Felici

1 ottobre 1923  ore 11.00 nasce a Villa Santo Stefano da Stefano detto "Centarte" e da Augusta Iorio

L’adolescenza la trascorre spesso ad Anzio seguendo il padre che lavorava presso il locale asilo infantile. Trasferitosi definitivamente si divide dalla madre Augusta. L’asilo era una struttura filantropica gestita da suore, oltre agli orfani residenti l’estate diventava una colonia balneare praticata anche da molti giovani di Villa poichè al suo interno vi lavoravano oltre che Stefano anche  Marietta Colini come maestra e Za’ Peppa Bonomo come cuoca che permettevano l’accesso alla struttura filantropica ai loro piccoli compaesani

 

 
Colonia estiva (foto da archivio fotografico)

1938   trasferimento ad Anzio

1941 Chiamata alla leva della classe 1923,  arruolato in Marina nell’area  del Mediterraneo

Il suo foglio matricolare non è presente al distretto di Frosinone per cui è probabile il suo arruolamento alle capitanerie di porto o di Anzio o Civitavecchia. Del suo servizio militare in marina sappiamo poco o niente, comunque dalle sue amicizie successive e dai luoghi  costantemente praticati  e ben conosciuti potremmo supporre una presenza nell’area mediterranea tra i porti di Genova, Livorno, Civitavecchia ed Anzio.

Dopo l’8 settembre 1943 come molti giovani di Villa torna al paese. Inizia a svolgere l’attività di mercato nero per necessità della sua famiglia. Dalla sua ex caserma aveva trafugato armi ed esplosivi perché erano la sua passione.

E’ un momento importante della sua vita segnata dal drammatico episodio della morte della sorella Ada, ma chiamata sempre Milena (nata il 10 luglio 1925 alle ore 4.00) e da tutti descritta come bellissima.

 
Benito Lucidi in divisa della regia Marina Italiana   La sorella Ada "Milena", tragicamente scomparsa  il 15 ottobre 1943

Milena morì in circostanze tragiche il 15 ottobre del 1943, dilaniata da una bomba inavvertitamente innescata mentre ne stava mostrando il funzionamento ad alcuni presso la bottega del calzolaio Giuseppe Rossi in vicolo della Portella nr 15. Le condizioni della giovane parvero immediatamente disperate mentre il Rossi e gli altri presenti riportarono lesioni superficiali. La ragazza spirerà in tarda serata al Cegneraro, dove a quel tempo abitavano  Lucidi Maria fu Giuseppe in via della Portella 16, Lucidi Maria fu Antonio in via delle Ceneri 11 e infine Lucidi Filomena fu Antonio in via del Montano.

Fine 1943  arruolamento nella Decima Mas

Dopo l’8 settembre 1943 in Italia nascono vari gruppi militari legati alla Repubblica Sociale. Benito reduce della marina riallaccia rapporti con suoi ex commilitoni ed entra nella Decima Mas (i quotidiani all’epoca delle evasioni lo definiranno ex marinaio, ex paracadutista, ma anche e soprattutto ex Decima Mas). La X Mas è un capitolo ancora per certi versi oscuro come il periodo in cui nasce. Un dato potrebbe essere colto dalla memoria paesana collettiva secondo cui il Lucidi "iva accida gl’amerrrican a ‘Anzio…".

Il dato più importante ci è dato da Benito stesso quando al suo definitivo ritorno alla libertà a Villa Santo Stefano incontra Alfonso Felici suo coetaneo e compagno di giochi ed esce fuori il nome di San Fruttuoso. San Fruttuoso è un quartiere di Genova sede della caserma dove era acquartierato il battaglione della Decima Mas "Risoluti" in via Marina di Robilant. Unità creata dal comandante "capo" Felice Bottero nei primi mesi del 1944, con compiti di difesa costiera, pattugliamento e lotta anti partigiana, fornì complementi al battaglione Lupo e Barbarigo a cui cedette un’intera compagnia durante lo sbarco alleato ad Anzio, cessò di esistere il 26 aprile 1945. (Tra i caduti del btg. Barbarico ad Anzio c’è un Lucidi, ...).

26 aprile 1945 congedo dal btg. Risoluti

1945 Ritorno a Roma

Presso la madre Sebbene stesse vicino alla madre, conduceva vita propria frequentando la piccola malavita della periferia romana, praticando i quartieri di S. Lorenzo, Pigneto, Centocelle. Le conoscenze fatte lo aiuteranno durante le latitanze nella capitale. Nell'ambiente era conosciuto con il nome di "Mino il Marinaio".

Assunto come  autista e meccanico dall'industriale Santiangeli, Benito, nell'ottobre del 1947 sembra aver trovato una certa serenità, ma ben presto il suo carattere ribelle si ridesta e viene licenziato.

13 dicembre 1947 uccisione dell'industriale Santiangeli in via Archimede - cattura e trasferimento al penitenziario di Portolongone (Isola d’Elba)

Mentre il Santiangeli si appresta ad alzare la saracinesca del suo garage in via Archimede, viene assalito da uno sconosciuto che pretende da lui denaro. L'industriale reagisce e nella colluttazione riconosce nell'aggressore il suo ex dipendente. Il Lucidi scoperto esplode due colpi, il secondo sarà mortale per il Santiangeli che crolla a terra insieme ad un bottone con un lembo di stoffa del Lucidi strappato nella lite. Sarà proprio quel reperto riconosciuto dalla stessa madre Augusta come appartenente al figlio ad incastrarlo.

Nel primo processo per la morte di Santiangeli l'avvocato Cassinelli dell'accusa lo definì: "pervaso di sadismo mentale".

18 febbraio 1954 fuga con Luigi Dejana da Regina Coeli

Nel febbraio del 1954  Benito verrà trasferito nel carcere di Regina Coeli a Roma per subire il processo che lo condannerà definitivamente all’ergastolo. Porterà con lui un grosso tomo "La Nuova Antologia Italiana" preso nella biblioteca del carcere di Portolongone, nel libro, celata, ci sarà una lima sottilissima ma molto affilata. Benito verrà recluso nella cella 258 del terzo braccio insieme a Luigi Dejana (malvivente sardo accusato di aver ucciso Mario Armani durante una rapina ad Allumiere presso la cava di pietrisco della ditta  Bpd  nell’ottobre del 1953) e Luigi Angelini che non partecipò alla fuga poiché prossimo all’uscita (in seguito confesserà che Benito, se avesse parlato, lo avrebbe ucciso senza pietà).

Al quarto giorno di reclusione il 18 febbraio 1954 tra le 4.30 e le 6.15 del mattino i due fuggono rocambolescamente, dopo aver segato le sbarre della cella.

La corda per l'evasione fu composta con parti di lenzuola e numerosi calzini introdotti in carcere durante la visita di una misteriosa signora. Si calano sul tetto di una cereria attigua al penitenziario  in via Francesco De Sales 80, e da lì con i vestiti borghesi, forniti tramite pacco sempre dalla misteriosa donna in visita a Benito giorni prima, si danno alla macchia.

Domenica del Corriere

La notizia scoppia come una bomba: la negligenza delle guardie; l’audace azione nel centro della capitale; la donna misteriosa; un terzo recluso che non tenta la fuga; il tesoro di Dejana nascosto vicino Tolfa, alla cui ricerca partecipa addirittura una delle guardie indagate. Insomma diviene un fatto nazionale e l’operazione che ne segue denominata "lu-de"  attivò l’utilizzo di ogni possibile risorsa della polizia. L’allora questore Musco la definirà come l’operazione più vasta dall’epoca della lotta contro il banditismo siciliano.

E’ chiaro quindi che tanto clamore fa si che i due fuggiaschi siano visti praticamente in tutta Italia, anche perchè la taglia di 2 milioni promessa a quei tempi era molto allettante. Di sicuro sappiamo che Dejana venne arrestato successivamente sulle montagne di Tolfa nei pressi di Civitavecchia, forse  in attesa  di un imbarco per la Sardegna.

Fu tanto il clamore della fuga dei due  che lo stesso Dejana ne rimase abbagliato infatti fu catturato da un maresciallo di pubblica sicurezza accompagnato da alcuni finti cineoperatori, in realtà poliziotti, a cui il Dejana in quel momento di gloria aveva promesso in cambio di soldi un’intervista in esclusiva! Le cronache di quei giorni narrano che il malvivente sardo fu neutralizzato dal celato milite con una nuova tecnica di combattimento giunta dall’oriente il ju jutsu.

Nel frattempo il Lucidi grazie ai numerosi contatti che ha a Genova tenta di raggiungere via mare la Legione Straniera, approdo in quei anni di molti aderenti alla Repubblica Sociale, ma non vi riuscirà a causa  dello stretto cordone istituito dalle forze dell’ordine, soprattutto alle frontiere.

Giungerà di nuovo a Roma dove prende contatto con la madre Augusta, che svolge in quel periodo  il lavoro di governante ai Parioli in casa del noto chirurgo prof. Pietro Valdoni. Con lei fissa   un appuntamento al cimitero Verano di Roma, ma sarà la stessa madre a denunciare il figlio alle autorità temendo che queste lo uccidessero durante un conflitto a fuoco. Infatti nel luogo dell’appuntamento Benito dopo una lunga latitanza, il 19 settembre 1954, troverà un maresciallo di polizia che tenterà di immobilizzarlo, ma Lucidi prontamente riuscirà a divincolarsi: ne nascerà una delle più cruenti sparatorie della storia capitolina. Al fuoco del Lucidi risponderanno gli altri agenti appostati sul luogo, risultato: innumerevoli colpi sparati dalla polizia di cui 2 andati a segno che feriranno il Lucidi gravemente,  mentre da parte del latitante due caricatori esauriti e tre bombe a mano lanciate; inoltre in un pacco in suo possesso verrà trovato un vero e proprio arsenale. Se oggi ci si recasse all’entrata del Verano si potrebbero  notare i solchi dei proiettili sparati sulle  colonnine di granito bianco poste davanti al cimitero  dove abbassandosi  Benito tentò di difendersi.

6 maggio 1954 Dopo 77 giorni di latitanza: sparatoria e cattura a Roma al Cimitero Monumentale del Verano

Nella sparatoria viene ferito alla spalla e al piede, uniche parti del corpo che fuoriuscivano dalla colonnina del Verano. Curato immediatamente, per notevole perdita di sangue subisce una trasfusione ed un'operazione d'urgenza. Il prof. Valdoni, dietro preghiera di Augusta Iorio, si adoperò per il ricovero al Policlinico dove era responsabile del reparto di chirurgia e successivamente accolse il pregiudicato, sorvegliatissimo, presso una clinica sulla via Cassia che dirigeva per la  successiva convalescenza.

Valdoni è considerato il fondatore della moderna chirurgia in Italia. Nel 1948 grazie al suo intervento chirurgico d'urgenza (insieme al dott. Spalloni e al dott. Frugoni) salvò la vita a Palmiro Togliatti gravemente ferito in un attentato che aveva provocato momenti di gravissima tensione nel paese.  Maria Augusta Iorio era a suo servizio presso la casa  nel quartiere  Parioli. In quegli anni chiunque a Villa Santo Stefano avesse avuto bisogno di una visita specialistica si rivolgeva ad Augusta che sempre gentilmente si adoperò per i propri paesani. Fu lo stesso Valdoni che si rivolse all'amico Casimiro Santangeli per l'assunzione di Benito come autista.

Durante il primo interrogatorio già dopo l'operazione chirurgica Benito con smorfie di dolore e rabbia risponde ad alcune domande degli inquirenti. Riguardo la sorte di Dejana dice: "avevo già fin troppo da pensare a me figuratevi se posso preoccuparmi degli altri ... ad ogni modo non so più nulla di lui da quattro giorni dopo l'evasione ... comunque ve ne accorgerete presto! Dejana sta' preparando un colpo che nemmeno lo immaginate! E ringraziate Dio che mi si è inceppata la pistola ...". Alla domanda di dove fosse stato in quei giorni risponde: "per molto tempo ho vissuto all'interno del Verano...", prosegue: "come vedete non ho commesso nulla di male per vivere, eppure uccidendo un qualsiasi carabiniere e togliendogli il mitra avrei potuto fare un buon colpo in una banca!"

Benito Lucidi gravemente ferito dopo il conflitto a fuoco presso il Cimitero Monumentale del Verano a Roma (foto  "Resto del Carlino" di Bologna)

Il questore di Roma dott. Musco dichiarò che era intenzione di Lucidi  assassinare il dott. Guarnera e il dott. De Mario, rispettivamente presidente e pubblico ministero della Corte d'Assise che aveva condannato all'ergastolo Lucidi per l'uccisione di Santiangeli.

L’arsenale di Benito al Verano consisteva in due pistole, una Beretta calibro 9 e una Rudy, un barattolo di esplosivo, 7 tubi di gelatina e una scatola con 100 detonatori. In tasca aveva 270 lire.

Maria Augusta Iorio si presentò personalmente in questura indicando agli inquirenti il luogo e l'ora dell'appuntamento con il figlio al Verano. Il Natale successivo giunse  alla donna un pacco dono del figlio era un enorme panettone, Benito aveva compreso l’intelligenza e la paura della madre per quell'atto di delazione e con quel pacco l'aveva perdonata! La Polizia aveva avuto l’ordine –così scrivevano i giornali dell’epoca- di sparare a vista!

Dopo il ricovero in clinica sulla Cassia, lunga degenza, fu trasferito al carcere di Volterra.

10 luglio 1960  trasferimento al carcere dell'isola di Santo Stefano – Ventotene (Isole Ponzane)

17 novembre 1960 fuga con Antonio Piermarini   dal Carcere dell’isola di Santo Stefano

La fuga fu scoperta durante "la conta" delle ore 18.00. La finestra era stata segata in quattro punti. Con una corda scesero da una roccia di 11 metri  di altezza e poi saltarono in mare da un'altra roccia a picco sul mare. Le barche nella baia non furono toccate e la perquisizione nelle poche case dell'isola risultò vana. Non si conosce bene ancora oggi come abbiano fatto, forse un complice con un'imbarcazione a motore, ma Benito non lo rivelò mai.

Il compagno di fuga di Lucidi era Antonio Piermarini denominato il "Mostro di Vignanello" per aver ucciso tre uomini tra cui il padre a colpi di mitra. La fuga riuscì perfettamente soprattutto perchè  l’intervento dei carcerieri fu alquanto tardivo a causa del malfunzionamento della  radio e del telefono di servizio (sabotaggio?).

Il carcere di Santo Stefano in attesa dei lavori di ristrutturazione.

Vista la pericolosità dei due individui fu istituita una taglia di 5 milioni. Questa evasione rimarrà nella storia del penitenziario,  tanto che nella visita guidata che oggi è possibile fare, l’anziano guardiano durante il percorso ricorda la fuga di Lucidi come il fatto più eclatante di quei tempi.

I due  faranno perdere le proprie tracce  ed è in questa circostanza che Benito si rifugiò a Villa Santo Stefano diviso tra la casa di Za’ Fastuccia dove lavorava la madre Augusta ritornata in paese e un rifugio posto sul Monticello. Si  racconta, anche se è una leggenda popolare, che durante un sopralluogo in località le Strette alla casa di Za’ Fastuccia l’allora maresciallo sorprese il Lucidi nascosto dentro un armadio, questo freddo come una lama disse al graduato:"parla e sei un uomo morto!" Atterrito il carabiniere si allontanò con i suoi uomini per rilevare solamente in un secondo tempo la presenza dell’evaso nella casa. Appare più interessante e confermato da numerose persone (in pratica a Villa tutti, ma proprio tutti sapevano dove stava Benito)  il rifugio o capanna che ospitò effettivamente il Lucidi. Il luogo esatto è la biforcazione di due vallette molto alberate quasi alla base del Monticello visibili dai Porcini esattamente dietro la casa di un parente. Qui Benito soggiornò a lungo aiutato dai compaesani.

All'alba del 5.12.60 il Piermarini fu catturato sulla Domiziana.

29 dicembre 1960 cattura a Roma in via Silla

Anche questa fuga cesserà per Lucidi alle ore 19.00 di giovedì 29 dicembre 1961 in via Silla a Roma, dove venne catturato dalla squadra mobile di Roma ormai sulle sue tracce.

Il 24 dicembre un noto falsario di documenti romano portò in questura di Roma una foto di Benito munito di occhiali che sarebbe servita per un passaporto falso per espatriare nella Legione Straniera. Dopo questa "spiata" gli inquirenti coordinati dal capitano Alfatario e dal dott. Papa non persero più di vista Benito ospite della zia, inconsapevole, in via degli Scipioni. Furono attivati 60 agenti con l'aiuto indiretto di due poliziotti in pensione inquilini dello stesso stabile occupato dal Lucidi.

Alle ore  18.00 si diede il via all'arresto che si era protratto con un pedinamento sin dal mattino. Si voleva evitare la scena western di 6 anni prima al Verano!

Il portone di via Scipioni a RomaQuella sera Lucidi esce dal portone di via degli Scipioni, lungo la strada compra una cravatta rossa e a viale Germanico si incrocia brevemente con un conoscente che da Villa Santo Stefano gli ha portato, in un pacco, degli oggetti da scasso. Prosegue verso via Silla dove si concede un bicchier di vino al "vini ed oli" del signor Antonio Trafficanti che lo descriverà come persona distinta ed elegante. Paga con 500 lire, ma esce senza aspettare il resto, quindi viene rincorso dalla figlia del Trafficanti per il resto, ma in quel preciso momento il Lucidi distratto dalla bambina viene  bloccato dalla Polizia che fino a quel momento cercava il momento propizio alla cattura senza spargimento di sangue.

Una volta catturato urlò: "cosa volete? vi sbagliate ..." ed in seguito "togliete quei ferri altrimenti finisce che ci facciamo male ...".

Durante l'interrogatorio del sostituto procuratore della Repubblica Bruno confessa:"peccato per 42 giorni era andata bene, se avessi avuto un'altra settimana di tempo nessuno mi avrebbe più preso...". Riguardo al delatore: "c'e sempre un traditore...". Chiede di fumare, gli viene donato un intero pacchetto di sigarette che provoca la sua felicità. Mentre il procuratore Bruno si sta’ allontanando Benito sentenzia: "più che all'ergastolo non potete mettermi..."

Gennaio 1961 processo definitivo, ergastolo a Latina in Corte di Assise

Al centro: il Lucidi parla con il suo avvocato durante una pausa del processo

15 gennaio 1961 articolo sulla "Domenica del Corriere" di Indro Montanelli

18 gennaio 1961 interpellanza parlamentare dell’onorevole Camangi sul costo della cattura di Lucidi e Piermartini per l’enorme dispiegamento di forze

Febbraio 1961 trasferimento nel penitenziario dell'isola di Pianosa – Arcipelago Toscano

27 agosto 1965  fuga dall'isola di Pianosa con una camera d’aria - cattura immediata

Pianosa, "la tomba dei vivi",  la fuga avviene nella notte con una camera d'aria di un pneumatico rotto e gonfiata a bocca.  Benito non riuscì ad allontanarsi molto causa le correnti sfavorevoli. Fu ripescato all'alba in pieno mare dopo che vi si era immerso nelle tenebre sperando anche alla sua abilità di nuotatore. Confesserà che volle fuggire volutamente da solo poichè non si fidava più di nessuno.

In tutti gli anni di galera Benito si tenne disciplinatamente in forma fisica  per farsi trovare sempre pronto ad ogni occasione di fuga.

Settembre 1965 trasferimento al penitenziario Porto Azzurro (ex Portolongone) all'Isola del’Elba, vi rimase fino al 1977

La testimonianza di frate Beppe Priolli: "Fra' Lupo"

... La sua cella blindata era la più disadorna della galera, fornita come era della sola brandina, precauzione resa necessaria dalla sua tendenza all’evasione, qualsiasi pezzo di arredamento poteva tornargli utile per tentare la fuga e quando per qualche ragione bisognava condurlo fuori, la cosa non passava inosservata. Quattro carabinieri lo tenevano al guinzaglio con altrettante catene …  >>>

1977  rapina a mano armata a 54 anni (!) a Livorno con arresto

Dal casellario criminale risulta essere la sua ultima impresa, all’età di 54 anni, rapina a mano armata presso un negozio a Livorno da solo e a viso scoperto.

1977   di nuovo trasferito a Porto Azzurro

In questo penitenziario conoscerà anche Pietro Cavallero noto bandito milanese a cui sono stati dedicati film e libri.  All’uscita del carcere Benito porterà con sè alcuni quadri del Cavallero divenuto in tarda età noto pittore, le tele dimostrano un’amicizia tra i due, ma sopratutto il ruolo di leader che Lucidi aveva all’interno del carcere.

1981 arresti domiciliari a Villa Santo Stefano

Tornerà a Villa agli arresti domiciliari, dal carcere di Viterbo, nell’estate del 1981. Di questi fatti fui personalmente testimone, ricordo infatti una sera di agosto quando eravamo in attesa al bar di Michele Palombo del Lucidi di cui avevamo saputo del suo imminente ritorno. La camionetta dei Carabinieri arrivò alla Vigna volutamente in tarda serata per non creare curiosità in paese, il suo arrivo fu infatti discreto. Accompagnato dal sindaco fu condotto in un piccolo locale alle "Case Nuove", qui lo attendeva un giaciglio e un po’ di tranquillità.

Una mattina durante l’abituale passeggiata allo Spirito Santo con mio padre Alfonso incontrammo Benito vicino al Santuario. Papà lo abbraccio calorosamente e baciandolo gli bisbigliò in dialetto alcune frasi incomprensibili all’orecchio, subito dopo mi disse: "ti presento il mio  amico Benito Lucidi", strinsi la mano a quell’uomo. Parlandone in seguito con mio padre, mi accorsi di come quell’incontro mi lasciò impressionato soprattutto dallo sguardo cupo e freddo di quell’anziano uomo. Nel tratto di strada  che conduceva in paese i due coetanei si raccontarono di un fiato tutta la loro vita fino a quel momento. Io per discrezione  lasciai Benito e papà soli che parlottavano tra di loro, fu in quella occasione che sentii pronunciare la parola: "san fruttoso…"

Il giorno seguente saputo da papà che Benito alle "Case Nuove" svolgeva il lavoro, appreso in carcere, di rilegatore, ebbi intenzione di portargli alcuni vecchi tomi di zio Antonio da sistemare, ma papà mi disse che se volevo scambiare due parole con Benito potevo anche farlo, ma che dei libri non se ne sarebbe occupato e, anzi, l’impressione di papà fu quella che presto di Lucidi  a Villa non ne avremmo più visto nemmeno l’ombra. Cosi fu e il Lucidi se ne andò ad Anzio e i libri da rilegare rimasero negli scaffali. In seguito seppi da alcuni paesani ad Anzio  che Benito gli ultimi anni della sua esistenza li divise con una compagna, lì morirà nel 1997.

1997   si spenge ad Anzio.  Ora riposa nel cimitero di Villa Santo Stefano accanto alla sorella.

 

(*) "32 anni 11 mesi e 20 giorni di onorata galera" con queste parole Benito Lucidi ricordava  la sua detenzione ad amici e parenti a Villa Santo Stefano negli ultimi anni della sua vita.

28 aprile 1948 primo arresto

1^ fuga durata 77 gg.

2^ fuga 42 gg.

3^ fuga 1 gg.

Tot  120 gg. di latitanza

Agosto 1981 arriva a Villa Santo Stefano

 

 

di Marco Felici  con la collaborazione di Ernesto Petrilli  & Enzo Iorio  - www.villasantostefano.com

up. 9 dicembre 2008 - agg. 14 gennaio 2009 - agg. 21 gennaio 2010

www.villasantostefano.com

PrimaPagina  |  ArchivioFoto | DizionarioDialettale | VillaNews