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       25 RINASCITA  
       
      Il rientro in paese per Guglielmina e la nonna fu doloroso come per la 
      maggior parte dei loro compaesani. La casa che avevano abbandonato prima 
      dei cannoneggiamenti era un cumulo di macerie. A peggiorare la situazione 
      la sua inagibilità che si sarebbe protratta ancora per lungo tempo a causa 
      di una granata rimasta inesplosa tra le assi devastate del tetto.  
      Cercando di farsi coraggio Za Flavia, raccolta qualche stoviglia, un 
      lenzuolo e pochi indumenti, affrontò l'emergenza insieme alla nipote 
      rifugiandosi dalla generosa amica Ida Calesse che le accolse 
      amorevolmente.  
      Quello era il triste epilogo di una serie di eventi tragicamente iniziati 
      con l’arrivo dei Reatini alla Pietra Cupiccia. Nell'interno della cavità 
      naturale oltre ai figli di Za Flavia avevano cercato riparo anche molti 
      altri santostefanesi, sicuramente troppi per l'esiguo spazio della 
      fenditura. Senza perdersi d'animo però, al riparo dei primi tiri dei 
      francesi, gli sfollati, grazie a poche ma preziose zappe, in fretta 
      frantumarono allargandola parte della volta. In quel rifugio, fino a che 
      fu possibile, vennero fatti rannicchiare ordinatamente prima tutti i 
      bambini poi le donne ed infine seduti spalle alla spelonca, come uno scudo 
      naturale, gli uomini. Stretti gli uni agli altri quella povera umanità 
      attese in silenzio lo svolgersi della battaglia.  
      Il cannoneggiamento non si fece attendere e i colori del tramonto si 
      fusero con il fiammeggiare degli incendi, il Monticello stretto dalla 
      potenza di fuoco francese iniziò a tremare. Polvere, fuoco e schegge 
      martoriarono gli uliveti mentre lo spavento si impossessò di ogni 
      rifugiato. I bambini, piangendo nell’oscurità della caverna, sobbalzavano 
      ad ogni colpo mentre nella prima fila le imprecazioni degli uomini 
      coprivano le preghiere delle donne. Una granata, arrivata più vicine delle 
      altre, colpì in pieno la balla di fieno che Sor Costino aveva lasciato 
      vicino all'albero dove era legato il suo asino.  
      L'esplosione liberò l’animale di cui rimase solo il ragliare impazzito in 
      una pioggia di paglia.  
      In qualche modo anche quella notte passò, la fortuna aveva baciato quei 
      disperati, nessuno di loro rimase colpito. All'alba, seguendo sentieri 
      diversi, ognuno cercò di rientrare in paese.  
      I Reatini, invece, preferirono aspettare il passaggio completo del fronte 
      minacciato soprattutto dalla presenza delle bande di marocchini che già 
      dalle prime luci del giorno avevano iniziato a imperversare nelle vicine 
      contrade. 
      Con cautela si spostarono tutti insieme verso Amaseno, ma, giunti nei 
      pressi del paese, incontrarono alcuni contadini che li esortarono ad 
      allontanarsene ed anche al più presto. Il rischio era grosso, se fermati 
      infatti i francesi li avrebbero costretti come tutti gli sfollati a 
      recarsi obbligatoriamente fino alla fine dei combattimenti 
      all’accampamento di Vallefratta. Solamente dopo tre giorni, trascorsi tra 
      i boschi di monte delle Fate, attraverso la Macchia la numerosa famiglia 
      rientrò finalmente a Villa Santo Stefano. La casa di Guglielmina non era 
      stata l’unica ad essere stata colpita, anche il resto del paese mostrava i 
      segni della guerra. Il pesante cannoneggiamento del Corpo di Spedizione 
      Francese durante il pomeriggio e la notte del 27 maggio infatti aveva 
      causato evidenti devastazioni che coinvolsero la maggior parte delle 
      abitazioni. 
      La prima stima redatta dall’esercito americano calcolò l'entità dei danni 
      pari al 10% delle case, il 30% delle strade e il 100% dei ponti. Rivista 
      nel 1947 con la verifica n. 28023 del 10 ottobre del Genio Civile di 
      Frosinone la percentuale si aggravò portando all' 40% la totalità dei 
      danni subiti.  
      Tra il 1945 e il 1946 i Geometri Messina, Bartolomei e Mundo capitanati 
      dall’Ingegnere Ugo del Chicca per conto delle Autorità Prefettizie 
      svolsero le ultime accurate indagini su ognuna delle abitazione del paese. 
      Dalle loro perizie, confermate dal Maresciallo Francesco Farano di 
      Giuliano di Roma, emerse l'immagine di un paese quasi completamente 
      distrutto. Dalle domande presentate per i risarcimenti, che furono oltre 
      duecento relazionate dai periti, traspare solo in parte la disperazione 
      che travolse i nostri avi. “...In via Roma casa Anelli è duramente colpita 
      dal fuoco delle artiglierie alleate così come la casa di Bonomo Irma in 
      via San Sebastiano 3, nello stesso stato appare la casa di Genesio Biasini 
      in via S.Antonio 5 ... Il tetto a canali di Maria Bonomo in via S. Maria 
      22 è rimasto mitragliato mentre la casa di Marianna Bonomo in via San 
      Sebastiano ha subito evidenti lesioni a causa dello spostamento d’aria 
      causato dalle esplosioni... I carabinieri di Giuliano di Roma hanno 
      inoltre confermato il 90% della distruzione della casa di Cimaroli Alfredo 
      in via delle Scalette... Convalidano anche la pratica c 373/45 riguardante 
      i danni riportati al piano superiore della casa di Colini Filotea in via 
      San Pietro 29... Enormi distruzioni sono state provocate da una granata 
      all’interno dell’abitazione di Irma de Filippi in via delle Ceneri 6... Il 
      tetto di Maria Fabi in via San Sebastiano è devastato mentre i vetri 
      mitragliati...”. Nemmeno la piazza fu risparmiata “...La casa di Virginia 
      Iorio al civico 17 è pesantemente lesionata a causa di un proiettile di 
      artiglieria che ha colpito in pieno la casa attigua e parte del Palazzo 
      Colonna...” Si prosegue “...Una granata colpisce anche la casa di Giuseppe 
      Planera in via della Rocca 6, danni rilevanti anche per la casa dei 
      Petrilli in via San Pietro 37...”. Ma l'effetto più evidente si verificò 
      al palazzo del Marchese dove un incendio, causato da una granata, devastò 
      le case di Alfonsina Lombardi e Margherita Maiella. Le fiamme, alimentate 
      dall’esplosione di alcune taniche di benzina, provocarono il crollo dei 
      pavimenti e lesioni gravi alle pareti. Gli eventi bellici danneggiarono 
      completamente anche gli edifici pubblici, i primi interventi per il loro 
      recupero da parte del Genio Civile iniziarono nel 1946 e per la loro 
      realizzazione venne richiesta al comune di Villa Santo Stefano 
      l’assunzione obbligatoria degli invalidi di guerra, dei reduci di guerra 
      1940-43 e della guerra di liberazione nonché i militari e civili reduci 
      della prigionia o deportati dal nemico. Le imprese responsabili dei lavori 
      furono quelle di Carmine Malandrucco di Alatri, Vincenzo Aversa di 
      Giuliano di Roma, Sante Girolami di Frosinone, Pietro Fabrizi di Boville 
      Ernica, Luigi Gemmiti di Sora e Vincenzo Mancinelli di Esperia. 
      I lavori di ricostruzione diretti dall’ Ingegnere Capo Ugo del Chicca 
      riguardarono: 
       
      Il ponte delle Mole sul fiume Amaseno a servizio della strada 
      intercomunale Giuliano di Roma – Villa Santo Stefano. Durante gli 
      interventi di recupero furono demolite anche le macerie del precedente 
      ponte nella misura di 200 metri cubi. In una nota del Governo Militare 
      Alleato apprendiamo che nel dicembre 1944 il ponte risultava essere ancora 
      interrotto e il suo traffico effettuato a mezzo di una passerella. 
       
      La strada intercomunale Giuliano di Roma - Villa Santo Stefano con la 
      ricostruzione di sedici ponticelli e di due muri di sostegno oltre al suo 
      totale ripristino.  
       
      Ponte Grande dove venne ricostruito il muro di sostegno e ripristinato il 
      tratto stradale attiguo, nel verbale n.2 del 16.2.1945 il Commissario 
      Prefettizio Gino Bonomo e il Segretario comunale Antonio Rivera 
      denunciavano lo stato precario della struttura che a causa degli eventi 
      bellici aveva riportato gravi danni. “…Premesso che per opera del nemico 
      tedesco il Ponte Grande di questo comune veniva minato e distrutto durante 
      la ritirata, che per iniziativa privata, lo stesso ponte veniva riattivato 
      provvisoriamente con legname di recupero e travi di ferro ma che le 
      abbondanti piogge cadute in questo periodo invernale lo fecero crollare di 
      nuovo...” Il 25.5.1945 con perizia n.690 iniziarono i lavori definitivi, 
      mentre da una relazione sempre del Governo Militare Alleato del dicembre 
      1944 il suo traffico risultava ancora interrotto.  
       
      Il tratto della strada interna nel centro abitato con ripristino del 
      sistema fognario e della pavimentazione stradale, oltre alla ripresa e 
      sistemazione dell’approvvigionamento idrico. Non essendoci ancora un 
      acquedotto, venne richiesto un prolungamento al Genio Civile con allaccio 
      al “Consorzio Capofiume” in modo da avere acqua diretta soprattutto perché 
      le fontane continuavano a rimanere danneggiate. 
       
      La strada comunale Perasacco - Madonna della Stella – Colli - Madonna 
      dello Spirito Santo. 
       
      La Casa Comunale dove, invece, fu richiesto un intervento speciale 
      affidato alla ditta “Labor” di Frosinone, il Commissario prefettizio Gino 
      Bonomo e il ragioniere segretario comunale Marcello D’oro nel verbale 111 
      del 26.3.1945 avevano denunciato anche notevoli danni all’Archivio 
      Comunale oltre al furto dell’unica macchina da scrivere. Il 6.2.1955 
      invece nel verbale 12 Baldassare Panfili richiedeva la costruzione dei 
      mobili per l’Ufficio Comunale che ne era completamente sprovvisto in 
      seguito alla distruzione per gli eventi bellici, il 3.4.1955 nel verbale 
      n.18 lo stesso Panfili riportava anche gli evidenti danni al Comune stesso 
      occupato da truppe di transito, ordinando inoltre alla ditta Serpone di 
      Napoli due bandiere tricolori 100 x 150 asportate dagli stessi francesi 
      oltre a due sciarpe di nastro blu con scritto “Scuole elementari Villa 
      Santo Stefano” e “Comune di Villa Santo Stefano” unitamente ad un asta di 
      ottone nichelato divisibile in due parti. In realtà oltre all'azione delle 
      milizie pochi giorni dopo la liberazione del paese una folla gioiosa si 
      era recata alla Casa del Fascio devastandolo ulteriormente. L’archivio 
      invece o meglio numerosi dei suoi faldoni, presi a caso, furono bruciati 
      in piazza in un enorme falò liberatorio mentre l’imponente fascio littorio 
      sulla torre civica veniva preso a picconate. 
       
      Gli interventi per la ricostruzione continuarono per: 
       
      La Chiesa di San Sebastiano con annessa casa canonica. 
       
      Il Cimitero Comunale con il ripristino dei muri, gli intonaci e i 
      pavimenti della cappella, dell’ossario e degli altri due vani adibiti a 
      sala autopsia e sala del custode oltre ai tetti stessi. 
       
      La Scuola Elementare con la ricostruzione dei banchi e delle cattedre, 
      furono commissionati 51 banchi piccoli, 51 banchi medi e 9 cattedre, 
      l’edificio scolastico però fino al 1947 risulterà ancora inagibile a causa 
      della sua totale distruzione. Fino al suo completo ripristino le lezioni 
      verranno tenute in abitazioni private e i pochi banchi esistenti saranno 
      quelli fatti costruire dalle famiglie degli scolari per evitare che i 
      bambini continuassero a sedere in circolo sul pavimento per seguire le 
      lezioni. Anche ogni altro suppellettile scolastico sarebbe rimasto 
      assente, in mancanza delle lavagne i maestri furono costretti a scrivere 
      sulle pareti. 
       
      La Scuola Materna denominata Asilo Infantile Cardinale Iorio, per il 
      ripristino dell’arredamento della stessa furono commissionati 50 banchi 
      piccoli, 50 banchi medi, 2 tavoli di faggio. A tre anni dalla fine del 
      conflitto tutti i vetri delle finestre risultavano essere ancora rotti per 
      i danni della guerra con grave discapito per i bambini specialmente 
      l’inverno. 
       
      Le Case Nuove, il 22.12.1945 il Commissario Prefettizio Gino Bonomo nel 
      verbale 2378 denunciava lo stato del loro abbandono. L’11.6.1947 giunge a 
      Villa Santo Stefano il Prefetto Zanframunno per un’ispezione sui danni 
      arrecati dal passaggio del fronte, dalle sue stesse parole apprendiamo che 
      “…Gli edifici appaiono tutti completamente distrutti, un tetto è sfondato 
      in un l’altro c’è un foro da colpo di cannone...”. Il 18.6.1949 il Sindaco 
      Ermenegildo Perlini richiedeva un intervento straordinario del Genio 
      Civile per questi edifici cosi come fece il Commissario prefettizio Gino 
      Bonomo nel verbale n.2378 del 22.12.1953. Il 23.7.1953 il Sindaco 
      Baldassarre Panfili invia alla Prefettura di Frosinone la pratica 1542 
      riguardante lo stato ancora precario della struttura ”…Case Nuove che 
      vennero requisite da truppe tedesche operanti in zona…”. 
       
      La devastazioni del paese impressionarono anche Don Amasio che appena 
      tornato in paese, si preoccupò di recuperare per prima cosa la statua di 
      San Rocco. Grazie agli stessi parrocchiani che lo avevano aiutato a 
      nasconderlo la rimise, fortunatamente incolume, al suo posto protetto di 
      nuovo dalle volte della Chiesa di Maria Assunta in Cielo. Evitate le 
      granate il Santo Patrono corse però un pericolo maggiore proprio quando 
      sembrava tutto passato. 
      Alcuni marocchini entrando, non certo per devozione in chiesa erano 
      rimasti attratti dalla bellezza della statua del pellegrino di Montpellier 
      e senza pensarci due volte avevano deciso di trafugarla. Ma mentre si 
      stava commettendo il misfatto alcune brave commari avvisarono Don Amasio 
      che trafelato mosse a difesa del Santo. L'arciprete con il suo buon 
      francese cercò da subito di dissuadere dalla maldestra impresa i soldati 
      nordafricani avviando lunghe e delicate trattative che compresero anche 
      l'assurda ipotesi dei goumiers della sola asportazione della testa del 
      Patrono in cambio di un corrispettivo dello stesso peso in oro. Alla fine 
      la diplomazia del parroco e soprattutto numerosi corredi in lino finemente 
      lavorati fecero desistere i liberatori dal loro sacrilego proposito. Le 
      lenzuola erano tra gli oggetti più ricercati dalle truppe di colore a tal 
      punto che parecchie famiglie del paese per preservare quel lavoro di anni 
      che aveva coinvolto generazioni di donne intente al ricamo le murarono 
      addirittura all'interno delle loro case. Questi preziosi manufatti 
      dell’artigianato ciociaro oltre a rappresentare un degno regalo per le 
      loro donne rimaste sole tra i monti dell’Atlas avrebbero consacrato la 
      sepoltura dei commilitoni uccisi in battaglia che secondo le loro usanze 
      dovevano essere avvolti in un bianco lenzuolo simbolo di purezza. Forse 
      l'unico efficace provvedimento applicato dal comando francese contro le 
      sue truppe dopo che avevano seminato il terrore nella valle dell’Amaseno 
      fu proprio la requisizione di questi corredi. 
      Ma nessuno dei pregiati tessuti radunati nel campo francese di Amaseno 
      tornò ai legittimi proprietari, fu inviato invece come dono alle 
      infermerie gaulliste delle retroguardie. Ma il fatto più grave in quei 
      giorni avvenne in località Le Strette dove un gruppo di marocchini si 
      accanì contro Angelo Bonomo che stava rientrando in paese dalle campagne. 
      I soldati francesi senza alcun motivo gli si posero davanti impedendogli 
      il passaggio poi con la minaccia delle armi lo obbligarono a scavarsi la 
      fossa. 
      Non soddisfatti, mostrando la loro furia animale, uno alla volta 
      iniziarono poi a picchiarlo fino a quando svenuto il coraggioso Angelo 
      venne abbandonato nella buca. Esanime fu trasportato a braccia fino alla 
      sua abitazione, le Case Nuove, dove era rientrato da pochissimi giorni 
      insieme alla moglie Elvira e i figli. 
      Alcuni ufficiali francesi venuti a conoscenza del fatto si recarono al suo 
      capezzale dove praticarono al pover'uomo immediate cure mediche mentre la 
      famiglia riceveva, come inutile compenso a quella follia numerose razioni 
      militari. Purtroppo le inspiegabili percosse portarono il 6 giugno Augusto 
      alla morte. 
      Nel luogo dell'agguato il giorno dopo per vendicare il Bonomo un suo 
      compaesano lancerà una bomba a mano tra un gruppo di marocchini, uno di 
      loro rimarrà ucciso, gli altri, invece, feriti gravemente. 
      Dell’indagine sicuramente poco approfondita sulla morte di Angelo si 
      occupò anche il Capitano S.B. Waugh, uno degli ufficiali seduti sugli 
      scranni della Chiesa di Maria Assunta in Cielo durante la celebrazione 
      della messa da parte di Padre Bacon, proveniente da Amaseno l'ufficiale 
      era giunto in paese con due Jeep ed alcuni uomini di scorta alcuni giorni 
      prima. 
      Come rappresentante del Governo Militare Alleato era a Villa Santo Stefano 
      per ristabilire le regole della democrazia disperse dai venti della 
      battaglia. 
      Il suo primo intervento fu l’affissione in piazza e al Macchione 
      dell’avviso numero uno a firma del Tenente Colonnello Noel Mason 
      Macfarlane, commissario Capo della Commissione Alleata di Controllo. 
      Il decreto stabiliva l’immediata consegna di armi, munizioni e apparecchi 
      radiotrasmittenti presso gli uffici della Regia Questura o dei Reali 
      Carabinieri unitamente a tutti i materiali bellici intesi come qualsiasi 
      tipo di equipaggiamento abbandonato dai tedeschi. I trasgressori 
      concludeva il comunicato sarebbero stati puniti con la pena di morte o la 
      reclusione. Al termine della sua permanenza in paese dopo aver ispezionato 
      luoghi e interrogato testimoni il capitano alleato con la sua relazione 
      del 31 maggio 1944 ci fornisce una nitida immagine delle reali condizioni 
      di vita a Villa Santo Stefano dopo il passaggio del fronte: 
      “La popolazione si compone di 2000 persone, mentre i rifugiati sono 300. 
      Il podestà Luigi Bonomo è stato eletto nel 1939 così come il segretario 
      comunale Tommaso Cardello. Riserve d’acqua sono presenti grazie alle 
      numerosi fonti anche se quella corrente al momento manca a causa del 
      generatore danneggiato dell’impianto di Vado Cusano nel comune di 
      Priverno. Il parroco è Don Amasio Bonomi mentre il Maresciallo dei 
      Carabinieri in carica è Angelo Bisagni, al momento sfollato in Lombardia, 
      dei cinque carabinieri in servizio ne sono presenti solo due. Il medico è 
      Vito Giannetta che in questi giorni sta curando sei civili feriti mentre 
      sei sono anche i morti. E’ presente una Guardia Municipale, la Casa del 
      Fascio è distrutta mentre l’Ufficio Postale è in buone condizioni, nelle 
      casse municipali sono presenti tra le 15000 e le 20000 lire, anche il 
      Municipio fornito di tre camere è in buono stato. Sono stati esposti i 
      bandi della proclamazione di liberazione unitamente al proclama n.1, lo 
      stato d’ordine in paese è buono. C’è assenza di grano, carne e altre 
      provvigioni e la popolazione necessita al più presto di forniture 
      alimentari. Le principali attività del paese sono la produzione dell’olio, 
      latte e pascolo. Due sono le mole attive, una da acqua ed una elettrica, 
      ma la momento sono entrambi non funzionanti per carenza di energia. Il 
      numero della popolazione è rimasto lo stesso, il podestà e il segretario 
      sono presenti in paese. Per le razioni alimentari sono state previste 
      circa 1800 unità giornaliere, due copie della proclamazione sono state 
      lasciate per la frazione Macchione.  
      Valle San Stefano (scritto così), 31 maggio 1944.”. 
      Il Capitano Waugh non fu l’unico ufficiale del Governo Militare Alleato 
      presente nella valle liberata dell’Amaseno, con il suo stesso incarico il 
      Capitano Murray Richards il 28 maggio si trovava a Castro dei Volsci, ecco 
      come la descrive: “La popolazione è di 5000 unità, 2000 è invece il numero 
      dei rifugiati, la città è leggermente danneggiata con problemi idrici e di 
      corrente elettrica. Le condizioni alimentari sono pessime, abbiamo 
      consegnato 80 quintali di farina anche se il reale fabbisogno è compreso 
      in 130 quintali. Gli edifici colpiti sono 162 comprese le chiese.”  
      Il 28.6.1944 completerà l'ispezione il collega, Maggiore L. A. Stoner che 
      interrogherà tra gli altri anche tre sacerdoti: Padre Polidori, Don Biondi 
      e Don Angeloni.” ...La popolazione di 5759 persone come da ultimo 
      censimento è stimata al momento in 4000 unità, il paese ha subito il 35% 
      dei danni. Sono ancora presenti i problemi per l’acqua e luce. Notevole 
      presenza di esplosivi e mine nel territorio circostante. Oltre ai 
      Carabinieri sono presenti tre Guardie Municipali mentre 50 rimangono i 
      rifugiati, esiste una buona infermeria con la capacità di 14 letti dove 
      attualmente sono ricoverati tre civili feriti curati dal dott. Giovanni 
      Stirpe...”.  
      Il maggiore L. A. Stoner ispezionerà il 1 agosto 1944 anche Giuliano di 
      Roma dove intervisterà quattro sacerdoti di cui non fornirà le generalità, 
      anche se sicuramente oltre Don Orlando Titi uno di loro non può essere 
      altri che Don Alvaro.“...Dall’ultimo censimento la popolazione è compresa 
      nelle 2800 unità ma al momento sono immaginabili 3000 persone. Continuano 
      i problemi di acqua e luce, mentre i danni vengono stimati per il 20%, è 
      presente un Maresciallo e cinque Carabinieri. Questi gli animali censiti: 
      25 cavalli, 8 muli, 12 asini, 25 mucche, 200 pecore. Il giorno 8 agosto è 
      stato nominato sindaco Alceo Anticoli...”. 
      Ad Amaseno la situazione non era diversa lo stesso Capitano Waugh ce ne 
      fornisce una descrizione prima di giungere a Villa Santo Stefano: ”...Al 
      31 maggio il 50% del paese ha subito danni, la stazione elettrica è 
      completamente distrutta, sette sono i civili feriti mentre 1000 gli 
      abitanti presenti anche se molti stanno rientrando dalle montagne. 
      Interrogato Padre Amedeo Corsi, il Maresciallo Biondi e i medici Francesco 
      Nardoni e Silvio de Luca...“. Completerà il quadro il Maggiore Louis A. 
      Stoner il 2 agosto 1944: “...La popolazione è di 4400 unità mentre quattro 
      sono le famiglie ancora rifugiate. Presenti ancora i problemi legati ad 
      luce ed acqua che necessita essere aspirata fino in in paese, il morale 
      della gente è buono anche se si sono verificati 15 casi di malaria con 
      possibile aumento oltre a due casi di tifo, c’è bisogno di medicine...”.
       
      Ai primi di giugno i francesi erano ancora presenti ad Amaseno e, 
      nonostante il loro deprecabile comportamento iniziale, non mostravano 
      ancora quella umanità che un esercito amico avrebbe dovuto manifestare. Il 
      quattro giugno senza nessuna ragione veniva arrestato dalla polizia 
      francese Temistocle Bianchi di anni cinquantasette condotto poi in manette 
      in luogo sconosciuto, forse il Carcere militare di Sezze. Per giorni i 
      familiari non ebbero sue notizie, disperati allora incaricarono come loro 
      rappresentante l’Avvocato Luigi Sindici di Ceccano che presentò senza 
      risultati proteste ufficiali alle autorità del Corpo di Spedizione 
      Francese. Nel frattempo come osservato anche dagli ufficiali americani gli 
      sfollati stavano lentamente ritornando alle loro abitazioni o in quello 
      che vi rimaneva.  
      Il 7 agosto a Villa Santo Stefano ne erano rimasti circa 100 unità, ad 
      Amaseno 250 e oltre ai 200 di Castro dei Volsci infine i 35 di Giuliano di 
      Roma. 
      La presenza dei primi americani in paese alimentò le speranze di più di un 
      santostefanese come per i cugini Alfiero e Renato Tambucci che chiesero al 
      Capitano Waugh una scorta armata per potersi recare al Macchione dove 
      alcuni loro averi erano stati depredati dai soldati marocchini ancora 
      presenti nell’area. Il 29 maggio di buon ora insieme a Don Augusto 
      Lombardi e Gino Bonomo e la vigile protezione di alcuni soldati dell'U. S. 
      Army i Tambucci affrontarono l’ascesa fino al podere di Giacinto Massaroni 
      in localita Cercito agli Acquaroni che ai tempi era un piccolo gruppo di 
      case della contrada Macchione. Il buon fattore raccontò ai due cugini di 
      essere stato costretto sotto il tiro delle armi a consegnare ai goumiers 
      diciotto pecore e numerosi averi nascosti in alcuni bauli all’interno 
      della sua abitazione. Erano questi i beni che i cugini gli avevano 
      affidato per proteggerli dopo il bombardamento di Giuliano di Roma che 
      costò la vita a sette loro congiunti, i Felici. Alfiero e Renato invece la 
      sera in cui fu commesso il furto, quella del 27 maggio avevano preferito 
      rifugiarsi insieme alla loro famiglia in contrada Ferrari al riparo di un 
      piccolo casolare. Tra gli oggetti di valore trafugati da quegli sciacalli 
      anche un orologio per non vedenti proprietà di Zi’ Marcuccio! 
      Mentre i Tambucci stavano verificando l'entità dei danni vennero 
      avvicinati dagli ennesimi marocchini che pretendevano di rubare anche quel 
      poco rimasto. 
      Il loro scellerato tentativo fu evitato dall’intervento degli americani, 
      tra i due alleati nacque un acceso litigio di cui fu testimone anche il 
      Capitano Domenico Millotti ancora ospite delle generose genti del 
      Macchione. 
      Non solo i Tambucci rimasero vittime delle ruberie delle truppe francesi, 
      ma anche molti altri paesani subirono le stesse identiche privazioni tanto 
      che nei loro confronti lo Stato Maggiore del Corpo di Spedizione Francese 
      fu costretto ad istituire un apposito servizio per le riparazioni presso 
      il loro Comando Militare a Palazzo Farnese, nella capitale. Le denunce per 
      i risarcimenti dovevano essere compilate su appositi moduli bilingue che 
      dalle calligrafie riconducevano quasi sempre a due unici autori, Ilio 
      Petrilli e Antonio Felici a cui molti compaesani si rivolsero per la 
      presentazione di quegli incomprensibili stampati. 
      Senza alcuna pretesa, appoggiati ad un muro o seduti su uno scalino, i due 
      amici riempirono la maggior parte di quelle domande che chiaramente 
      rimasero inevase. Dalle denunce presentate è possibile constatare 
      l’ampiezza del fenomeno che comprendeva oltre all’asportazione di oggetti 
      di valore come orologi, oro e denaro anche il trafugamento di cose tra le 
      più disparate come casseruole, tavoli, comò, interi letti oltre a macchine 
      da cucire, vestiti o coperte. Molti presentarono domanda anche per i danni 
      arrecati dai cavalli delle truppe marocchine ai campi coltivati a grano, 
      fagioli o granoturco che non avrebbero dato nessun raccolto. Molte di 
      queste richieste riguardarono i Porcini dove parecchi mezzi cingolati o 
      autotrainati avevano compromesso interi messi. 
      Tra i danni reclamati anche la capanna incendiata di Augusto Palladini in 
      contrada Adrenta.  
      Ad aver subito la prepotenza dei liberatori anche Antonio Iannone, 
      ventiseinne di Patronà in Sicilia, abitante in via Giordano Bruno 64 a 
      Frosinone, rifugiatosi a Villa Santo Stefano dall'11 novembre 1943 fino al 
      29 agosto 1944 insieme al figlio Luigi e alla moglie Aurelia Mazzetta 
      perché renitente alla leva. Sotto la minaccia delle armi fu privato di 
      quel poco che era riuscìto a portare dal capoluogo comprese due casse di 
      utensili da officina necessari per proseguire a fine conflitto, in via 
      Napoli 38 la sua attività di meccanico. 
      Lo sfollato era ospite di Luigi Bonomo di cui occupava una casa colonica 
      in località Piagge.  
      Anche Pietro Stefano Toppetta subisce pesanti perdite, due ettari del suo 
      terreno distrutti dai cavalli delle truppe di colore. Dal mancato raccolto 
      avrebbe ricavato almeno nove quintali di grano oltre a 20 quintali di 
      foraggio. Anche la sua cantina risultò saccheggiata, i marocchini la 
      priveranno infatti di 150 litri di vino oltre a 50 di olio. Identici danni 
      anche per Giovanni Massaroni al Macchione che subirà anche il furto del 
      bestiame. 
      Che i preziosi corredi finemente ricamati erano tra le cose più ambite 
      dagli alleati dal cuore arido era risaputo, ma pensare che addirittura gli 
      ingombranti strumenti per la loro tessitura risultarono tra gli oggetti 
      trafugati sembra impossibile. Eppure è questa la dettagliata denuncia che 
      fece Iorio Filomena insieme alla madre Giacinta Tucciarelli di Amaseno. 
      Entrambe artigiane tessili furono private infatti, oltre che del pesante 
      telaio, anche di quattro subbie per il sostegno della tela, 10 pettini per 
      la tessitura, 100 kg di filato e 120 metri di tela.  
      Moltissimi chiaramente furono anche gli asini, le mucche, i maiali e le 
      pecore che seguirono controvoglia gli uomini del Contingente Francese. 
      Ma le violenze subite dalle donne di Villa Santo Stefano furono tra gli 
      atti peggiori compiuti contro la popolazione da quelli che sarebbero 
      dovuti essere i messaggeri della libertà e nessuna ricompensa sarebbe 
      bastata a cancellarli. Questi episodi per molte di loro sono continuo 
      motivo di sofferenza per cui ancora oggi di difficile analisi. Gli stupri, 
      ripetuti e bestiali, si protrassero per ben cinque giorni dal 27 al 31 
      maggio 1944 colpendo sia le giovinette che le donne anziane. Quello che 
      patirono queste martiri non terminò con l’orrore subito ma continuò anche 
      successivamente attraverso lo scellerato percorso processuale per un mai 
      equo risarcimento trascinatosi oltretutto inutilmente fino ai primi anni 
      settanta. 
      Più che le cifre come ultimamente si è usato fare nel descrivere questa 
      orribile vicenda vorrei far parlare i documenti, almeno quelli che 
      nonostante l'ipocrita censura delle autorità francese è stato possibile 
      consultare. 
      Il 3 giugno 1944 dalle tende del Comando di un Battaglione di artiglieria 
      di campagna americano accampato nel terreno di Giuseppe Rauzzina a Patrica 
      il Maggiore Hugh, matricola 0348385, denuncia apertamente al suo superiore 
      il Tenente Colonnello Howard il ripetuto manifestarsi di vergognose 
      violenze contro le donne del paese. Il 17 giugno il Colonnello Howard 
      riporta la richiesta direttamente al Maggiore Fraschetti, comandante della 
      Legione Territoriale dei carabinieri del Lazio a Fiuggi che aveva già 
      compilato di sua iniziativa una dettagliata relazione sugli episodi di 
      violenza nella provincia. 
      Howard informa inoltre il Fraschetti che dal rapporto di numerosi suoi 
      ufficiali in molti paesi della Ciociaria a causa dell'inciviltà dei 
      francesi cominci ad emergere preoccupante oltre alla condanna per i 
      liberatori anche il rimpianto per i tedeschi capaci di maggior rispetto 
      verso le donne, paragone inaccettabile per le truppe alleate presenti sul 
      territorio da sole poche settimane. 
      Il 31 agosto il Tenente Colonnello Bonham Carter dell’Ufficio Esecutivo 
      alle Province del Lazio allertato dell'imbarazzante problema si domanda 
      quali possano essere gli interventi che gli americani possano promuovere 
      per contrastare questa vergogna che ha colpito soprattutto i comuni di 
      Giuliano di Roma e le aree circostanti. Il 2 settembre gli risponde il 
      Tenente Colonnello Thornill riferendo che dopo le accurate indagini da lui 
      promosse le cose iniziavano lentamente a migliorare come a Castro dei 
      Volsci dove era stato approntato da medici militari americani un 
      dispensario per le donne violentate nella valle dell'Amaseno. Thornill 
      promette anche che presto saranno inviate nelle zone colpite dalle 
      violenze speciali unità mobili della Croce Rossa che forniranno ai medici 
      locali degli armadi farmaceutici forniti di medicinali di primo soccorso. 
      La carenza di farmaceutici fu particolarmente sentita anche a Villa Santo 
      Stefano dove tale disagio si protrasse fino alla fine del 1947 quando 
      finalmente la farmacia della Dottoressa Bolognini fu riaperta dopo essere 
      rimasta chiusa per anni a causa dei danni subiti durante l’occupazione 
      tedesca e il successivo passaggio dei francesi. Le informative del Governo 
      Militare Alleato riportate risalgono a mesi dopo gli avvenuti misfatti 
      invece il 24 maggio, in quelli che potremmo definire tempi non sospetti, 
      in una circolare la n.prot. G dis. 5684/cef/i, lo stesso Generale Juin, 
      Comandante in capo delle truppe francesi, cosciente della gravità dei 
      fatti, riferisce in prima persona ai suoi comandanti:”...Bisogna al più 
      presto prendere necessari provvedimenti per porre termine agli atti che 
      vanno a detrimento della morale e della dignità del vincitore (i francesi 
      )… numerose sono le lamentele giunte fino a noi dagli alleati, anche se, 
      (è questa ammissione è gravissima) comunque forti possono essere i nostri 
      risentimenti nei riguardi di una nazione che odiosamente tradì la 
      Francia...”. 
      A questa dichiarazione ne seguirà un’altra, quella del 27 maggio 1944 n. 
      Prot. 5911/cef/i: “…E’ necessario dare l’esempio punendo senza pietà 
      questi violentatori che hanno creato indignazione nei circoli alleati, 
      atti sfortunatamente veri che rischiano di macchiare il magnifico successo 
      del Corpo di Spedizione Francese...”, non per ultimo l’oggetto di questa 
      informativa palesemente chiaro: “Maltrattamento alla popolazione civile”. 
      Nell’ottobre del 1944 la Dottoressa Maria Teresa Viotti nella sua 
      relazione “Sopralluoghi nei comuni percorsi dai marocchini” per conto 
      della Prefettura di Frosinone riporterà con sensibilità e dolore un lungo 
      elenco di casi di violenza interrogando anche quattro vittime di Villa 
      Santo Stefano. 
      Il medico nella sua indagine elogerà l’oscuro lavoro delle ostetriche 
      locali come la Levatrice Belli Loreta che con la loro umanità, unita ad 
      una non comune professionalità, furono le uniche a rompere il muro di 
      vergogna e diffidenza che accompagnò queste sventurate.  
      Mentre alla fine di maggio nelle campagne di Villa Santo Stefano i reparti 
      coloniali francesi si accanivano ancora contro la popolazione altre unità 
      dello stesso contingente si accamparono nel vasto prato all’interno della 
      Macchia. 
      Si trattava di unità di sanità e sussistenza facenti capo agli Hopital 401 
      e 422 che dopo aver lasciato Vallecorsa il giorno 24 maggio avevano 
      raggiunto Amaseno ed ora il 30 maggio con le loro tende e le pesanti 
      cucine da campo erano già attive a Villa Santo Stefano. Oltre ai due 
      ospedali militari erano operanti nella stessa area anche un servizio di 
      autoambulanze, la Compagnia 531, che da Lenola era arrivata ad Amaseno 
      seguendo la route 639 e una Sezione panettieri o de Boulangerie, la 352, 
      composta esclusivamente da soldati algerini. 
      Ma nonostante lo sforzo dei francesi ancora pochi santostefanesi osavano 
      avvicinarsi alle due strutture mediche tantomeno avvalersi dei servigi dei 
      loro medici, era ancora troppa la diffidenza verso quell’esercito. 
      Qualche approccio si ebbe invece con gli algerini o meglio con il loro 
      candido pane caldo ed anche con alcune delle gentili conduttrici delle 
      autoambulanze, che molti bambini ricorderanno per il loro sorriso e per il 
      curioso Paperino impresso sugli sportelli dei loro automezzi. Il primo di 
      giugno viene nominato sindaco dal Governo Militare Alleato Vito Giannetta 
      che rimarrà in carica fino al 15 agosto quando il suo incarico verrà 
      affidato a Don Augusto Lombardi.  
      Alla metà del mese invece il paese ospiterà un nuovo ufficiale americano, 
      il Capitano Willis E. Pratt responsabile dell’Education Division, 
      organismo da poco instituito con l’intento di riattivare il sistema 
      scolastico nella provincia di Frosinone. Per coadiuvarlo nel suo ministero 
      grazie alle specifiche competenze negli stessi giorni erano stati nominati 
      dallo stesso ufficiale americano Provveditore agli Studi il Professor 
      Felice Greco mentre Salvatore Talia, suo stretto collaboratore, ricoprirà 
      il ruolo di Ispettore Scolastico. Dal 12 al 19 giugno Pratt e Talia 
      visitarono le aree di Giuliano di Roma, Villa Santo Stefano e Amaseno, la 
      situazione scolastica in paese è ben rappresentata dalle osservazioni 
      dello stesso Pratt : ”…A Villa Santo Stefano tutto il materiale scolastico 
      è stato trafugato da entrambi gli eserciti ma un energico giovane sindaco, 
      cittadino americano, sta attivandosi per rinnovare le Scuole Elementari 
      per il giorno 26 giugno, data prefissata per l’apertura dell’Anno 
      Scolastico. Direttore didattico è stata nominata la Maestra Giovanna 
      Criscione mentre libri di testo e quaderni sono stati consegnati in ogni 
      comune visitato…” . 
      La macchina amministrativa cominciava a riprendere forza, gli unici a 
      rammaricarsene furono i bambini del paese che presto sarebbero tornati sui 
      banchi di scuola.  
      Anche sul piano della sicurezza interna si stavano facendo importanti 
      passi avanti, il 7 luglio il Tenente Colonnello JB Thornill, Commissario 
      Provinciale del Governo Militare Alleato della Provincia di Frosinone con 
      un comunicato affisso in piazza e al Macchione invitava il sindaco a non 
      utilizzare come guardie municipali i membri della resistenza o presunti 
      tali che spesso come accaduto in altri comuni imponevano la loro volontà 
      munendosi di fasce di riconoscimento fittizie legate al braccio. 
      L’unica fascia autorizzata era quella che riportava la scritta: Civil 
      Police. Si ribadiva inoltre che la sola autorità suprema nella provincia 
      era il Governo Militare Alleato che doveva essere riconosciuto da tutti 
      come tale. 
      La fascia menzionata, quella della Polizia Civile, fu consegnata dal 
      sindaco Giannetta il 11.8.1944 alla Guardia Municipale Antonio Palombo fu 
      Giovanbattista e Colini Maria Angela nato il 18.3.1907 e residente in via 
      delle Ceneri 3. 
      La comunicazione del suo arruolamento venne inoltrata per conoscenza anche 
      al Maggiore Comandante Edoardo Fraschetti a Fiuggi. Nel luglio dello 
      stesso anno ritornarono nei comuni della vallata anche i Reali 
      Carabinieri. 
      Ad Amaseno saranno cinque agli ordini del Maresciallo Biondi, anche a 
      Castro dei Volsci i Carabinieri comandati saranno altrettanti e il loro 
      responsabile sarà il Maresciallo Saracino. A Villa Santo Stefano invece 
      con sede a Giuliano di Roma, il Comandante di Stazione sarà il Maresciallo 
      Farano che si avvarrà di cinque carabinieri divisi secondo le esigenze tra 
      i due paesi. 
      Il 14 luglio sarà ripristinato anche il servizio automobilistico postale 
      affidato di nuovo ai fratelli Palombo che per l’occasione oltre a 
      riportare in auge la vecchia corriera rispolverarono anche ”la Iattuccia”, 
      la scattante Alfa Romeo rossa di Angelino, tenuta nascosta per quasi un 
      anno per paura che fosse requisita dai tedeschi. Oltre ai Palombo e alla 
      ”Zazà” venne autorizzato alla circolazione, per gli spostamenti rapidi con 
      il capoluogo, anche Alfredo Anticoli in sella alla sua moto Guzzi targata 
      Frosinone 1095. 
      Il 24 luglio la Commissione Alleata del Distretto numero uno e il 
      Dodicesimo Air Force tramite comunicato esposto in paese rivolsero un 
      appello alla popolazione per la ricerca di piloti appartenenti 
      all’aviazione degli Stati Uniti dispersi o tumulati in segreto in quelle 
      zone. Si informava inoltre che a tutti coloro avevano assistito 
      prigionieri alleati evasi o piloti abbattuti sarebbe stato consegnato un 
      premio in denaro oltre ad un attestato di gratitudine. I riconoscimenti 
      almeno a Villa Santo Stefano non vennero mai ricevuti così come le 
      ricompense che sicuramente avrebbero meritato più di una persona per 
      l’aiuto offerto ad O’Brien. Invece il 9 giugno grazie alle informazioni 
      fornite dal sindaco Giannetta venne riesumato dal cimitero comunale il 
      corpo di Everitt, poi definitivamente tumulato a Nettuno. 
      Il 21 luglio dopo quasi due mesi di presenza alleata il maggiore Louis A. 
      Stoner stilerà il suo ultimo rapporto su Villa Santo Stefano: “La 
      popolazione censita è di 1800 persone anche se ne stimiamo 2120. il 
      sindaco è il dottore in medicina Vito Giannetta di anni 37, cittadino 
      americano, il segretario comunale è Tommaso Cardillo di anni 39. I 
      sacerdoti presenti sono Bonomi Amasio e Lombardi Augusto, l’archivio 
      comunale è salvo, sono presenti documenti fino al 1930. Le condizioni di 
      approvvigionamento idrico rimangono cattive, manca l'energia, danneggiate 
      rimangono il 10% delle case, il 30% delle strade e i ponti al 100%. L’8 
      giugno nei posti frequentati è stato esposto il bando di proclamazione 
      della liberazione. Le armi e le munizioni sono state consegnate ai 
      carabinieri, assenza nel territorio di mine. L’ufficio postale è aperto, 
      il contante necessario per il prossimo mese è di lire 20.000, è stato 
      ripristinato inoltre il sistema fiscale. I carabinieri provengono da 
      Giuliano di Roma dove risiedono nella locale stazione con relativa 
      prigione, sono rifugiate ancora 100 persone.  
      La salute della popolazione è buona, si richiedono medicine soprattutto 
      disinfettante allo zolfo e polvere per i pidocchi, il sistema fognario non 
      è buono. Gli alimenti necessari per i prossimi dieci giorni richiedono 32 
      quintali di farina e 7 di zucchero oltre 4 quintali di sale, si 
      raccomandano 3 scatole di sapone e biscotti per i bambini. Le mole 
      operanti sono una ad acqua e una a motore, sono ripresi i lavori agricoli. 
      Animali presenti: 1 cavallo, 25 asini, 10 mucche e 200 pecore. 
      Organizzazioni fasciste presenti in paese nessuna, le due fontane 
      dell’acqua non sono operanti, si richiedono anche disinfettanti e alcool 
      perché si sono verificati nel frattempo alcuni casi di malaria. Il sindaco 
      successivo sarà Lombardi Augusto, un prete cattolico”.  
      Il 4 agosto per incentivare il lavoro dei segretari e del personale 
      comunale con l’ordine regionale numero due il Governo Militare Alleato 
      concederà un miglioramento economico per il personale degli enti pubblici 
      a decorrere dal giugno 1944. Il 20 agosto inizia la rimozione dei numerosi 
      esplosivi presenti nel territorio. Il pericoloso materiale è presente 
      soprattutto ai Porcini con molti proiettili da settantacinque ed anche 
      verso Nazzano.  
      Ad Amaseno in zona Bocca d’Oca giace una bomba di aereo ancora inesplosa, 
      nello stesso comune esplosivi sono presenti a Montano Principe, Vettia e 
      Lugana. A Villa Santo Stefano la situazione non è diversa, vengono 
      consegnati ai carabinieri: 7 fucili Mauser, un mortaio da quarantacinque, 
      3 fucili mitragliatori, una mitragliatrice, 1000 metri di miccia, 4 casse 
      di dinamite, gelatina e numerose Tellermine quasi tutte rinvenute alla 
      Pezza. A questa Santabarbara si sarebbero aggiunti in seguito quattro 
      quintali di munizioni varie oltre al materiale esplosivo di artiglieria 
      che venne trovato vicino le Case Nuove. 
      Gli americani per primi bonificheranno le aree più esposte poi il 
      pericoloso compito verrà affidato alla Cooperativa “l’Audacia” di Fiuggi, 
      mentre dal 29 gennaio 1945 la ditta S.A.C.O. di via Simeto 4 in Roma si 
      occuperà del recupero degli automezzi abbandonati dal nemico. In quei 
      giorni verranno consegnati anche gli stampati per gli aiuti e l’assistenza 
      per il brillamento accidentale di mine che purtroppo coinvolgeranno 
      drammaticamente moltissimi giovani, ecco come Giuseppe Luzi racconterà 
      quei giorni: “...Cercavamo mezzi sempre nuovi per trascorrere il tempo, 
      uno in particolare sembrava essere il più aggiornato: la caccia ai residui 
      bellici copiosamente lasciati dagli eserciti in guerra. Non esisteva 
      allora alcun servizio sociale che potesse tenerci lontani da quelle 
      cariche mortali. Per chi era ragazzo nell’immediato dopoguerra qui a 
      Giuliano, segno di prevalenza e di vanto era riuscìr a far esplodere il 
      maggior numero possibile di residuati bellici, ma proprio una di queste 
      esplosioni ha lasciato un segno tangibile anche sulla mia carne…”.  
      Il 22 agosto 1944 gli strascichi violenti del conflitto non risparmiarono 
      nemmeno i santostefanesi lontani chilometri dal loro paese. Vicino Roma in 
      località la Storta sulla via Braccianese al civico 29 un pomeriggio circa 
      venti soldati inglesi appartenenti alla 102° Field Company dei Royal 
      Rifles affollavano festeggiando l’osteria gestita da Cataldo Massaroni di 
      quarantacinque anni. 
      Nulla lasciava presagire però che alla chiusura dell'esercizio l’oste 
      santostefanese rifiutato altro vino ai militari già evidentemente ubriachi 
      venisse brutalmente aggredito. Oltre ad accanirsi contro il Massaroni i 
      soldati della Regina esploderanno anche numerosi colpi di Enfield che 
      feriranno gravemente il figlio ventenne di Cataldo, Mario. Il giovane, 
      rimasto colpito al braccio e alla gamba destra, sarà ricoverato in seguito 
      all’ospedale capitolino Santo Spirito guaribile in quindici giorni. 
      A settembre in breve licenza giunse in paese anche Lorenzo de Filippi 
      “Mancinella” reduce dalla capitale dove era aggregato ad una Compagnia 
      americana della Sussistenza presso il Villaggio Olimpico. Operaio 
      metallurgico a Wilkesbarre si era arruolato nell'U.S. Army nel distretto 
      militare di Pittsburgh il 26 settembre 1942 con la matricola 33305735. 
      Sopravvissuto alla sanguinosa campagna d’Italia era venuto per un 
      abbraccio ai parenti, ma la sua visita fu breve, sarebbe tornato di nuovo 
      al fronte, dove lo avrebbero atteso le insidie della Linea Gotica. Intanto 
      iniziavano a giungere i primi aiuti economici per la ricostruzione del 
      paese, nel solo mese di settembre entrarono nelle casse comunali 20.000 
      lire come sovvenzione del Comando Militare Alleato, oltre a lire 36900 
      destinate ai generi alimentari e lire 20.852 per la riparazione del centro 
      urbano. Il 21 settembre 1944 cominciarono ad essere somministrate 
      giornalmente 150 minestre per una popolazione di 1948 abitanti, l’incarico 
      venne affidato all’Ufficio Assistenza Convivenze di Roma, Sezione 
      Refettori del Papa. Il Maggiore Herbert G. Mason del Food Administration 
      Economy and Supply coordinerà l’operazione per il Lazio e l’Umbria. 
      L’enorme cucina da campo americana trainata da un camion guidato da 
      autisti di colore venne allestita in piazza dove la popolazione più 
      bisognosa ricevette la calda zuppa insieme ad alcune fette di morbido pane 
      bianco. 
      Forse il suo colore, simbolo di purezza, rappresentò il segno più evidente 
      del nuovo avvento, il segnale della ripresa della vita e degli ideali. 
      La volontà di ogni cittadino del paese si rafforzò nel desiderio di poter 
      raggiungere in comune come avevano affrontato i danni della guerra una 
      condizione migliore. 
      Ci sarebbe voluto del tempo e non tutto sarebbe tornato come prima ma la 
      speranza era tanta nonostante “... il momento critico che il paese 
      attraversava, la necessità della ricostruzione di case, dei ponti, delle 
      strade distrutte dai bombardamenti e dal passaggio di militari di 
      nazionalità diverse...”  
      Ilio Petrilli, 27 ottobre 1965, ”La Gazzetta Ciociara”. 
      Ai primi di ottobre Filotea Colini ricevette dall'amica Geltrude Panfili 
      due telegrammi della Croce Rossa Internazionale, le veniva comunicato che 
      i figli Giuseppe e Alfredo stavano bene e presto sarebbero ritornati in 
      paese. 
      Giuseppe era stato prigioniero degli inglesi nell'isola di Rodi, Alfredo 
      invece dei francesi dopo che gli alleati avevano liberato la Corsica, ma 
      le privazioni sofferte durante la reclusione ne mineranno inesorabilmente 
      il fisico e il primogenito dei Felici si spegnerà poco tempo dopo il suo 
      rientro in patria. 
      In quei giorni ritornò in paese miracolosamente anche Dalma, il cane di 
      Alfonso Zuffranieri.  
      Il mansueto animale era stato requisito mesi prima da alcuni uomini della 
      Tredicesima Compagnia di stanza alle Mole seguendoli come mascotte sul 
      fronte di Cassino. A malincuore il giovane mugnaio la vide allontanarsi 
      convinto di non rivederla mai più. Invece una sera, tornando a casa, sentì 
      un ululato familiare e poi improvvisa la figura deperita della povera 
      bestia che con un ultimo disperato sforzo l'aveva raggiunto sul tavolato 
      del calesse abbandonandosi esausta su un sacco di farina. 
      Il 13 ottobre 1944 Guglielmina avrebbe compiuto tredici anni, le sarebbe 
      piaciuto indossare di nuovo il suo abitino rosso dimenticato da troppo 
      tempo dentro il baule. Il giorno prima senza farsi notare dalla nonna era 
      andata a cercarlo ma delusa aveva scoperto che non era più al suo posto, 
      qualcuno forse lo aveva rubato introducendosi nella casa rimasta 
      incustodita durante i cannoneggiamenti. Seduta sugli scalini della cimasa 
      a nulla erano valse le attenzioni di Scipione che scodinzolando tentava di 
      consolarla. Fu distratta invece da un intenso profumo di bacche di putio 
      che, nel frattempo, aveva invaso il vicolo, solo allora alzando lo sguardo 
      la bambina vide penzolare accarezzato dai raggi del sole il vestitino 
      fresco di bucato. Raggiante allora andò in cerca della nonna che, 
      divertita, la osservava nascosta dietro una porta. Soltanto quando 
      Guglielmina stanca per l'inutile ricerca riprese fiato Za Flavia lasciò il 
      suo nascondiglio e le sorrise. 
      
 Vittime di guerra: 
       
      Anticoli Mario caduto durante il cannoneggiamento del 27 maggio 1944. 
      Anticoli Zenobio caduto durante il cannoneggiamento del 27 maggio 1944. 
      Bonomo Angelo deceduto il 6 giugno 1944 a causa delle percosse subite da 
      appartenenti al contingente francese. 
      Fiocco Manni caduto durante il bombardamento del 24 maggio 1944. 
      Fiocco Rocco caduto durante il bombardamento del 24 maggio 1944. 
      Floris Beniamino, marito di Lina Panfili, assassinato da sconosciuti 
      durante il trasporto di derrate alimentari fornite dal Governo Militare 
      Alleato in data sconosciuta. 
      Lucarini Giovanni caduto durante il bombardamento del 24 maggio 1944. 
      Lucidi Ada deceduta a causa dell’esplosione accidentale di un’ ordigno il 
      15 ottobre 1943. 
      Marini Enrico, Roberto e Silvio, figli di Maria Panfili caduti nel 
      bombardamento di Castelgandolfo il 10 febbraio 1944. 
      Massaroni Augusto deceduto per causa imprecisata il 20 ottobre 1944 a 
      sessantatre anni. 
      Olivieri Antonina assassinata brutalmente il 4 febbraio 1944 da un 
      militare tedesco. 
      Olivieri Luigi deceduto per causa imprecisata il 29 marzo1944 a 77 anni. 
      Orlandini Silvio morto il 19 luglio 1943 nel bombardamento di S. Lorenzo 
      in Roma. 
      Panfili Maria deceduta nel bombardamento di Castelgandolfo il 10 febbraio 
      1944.  
      Ruggeri Giuseppe caduto durante il cannoneggiamento del 27 maggio 1944. 
       
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