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       24 OSSERVATORI 
       
      Alle prime luci dell’alba, come sempre prima di ogni spostamento, Johnnie 
      Wright appoggiato sul cofano della sua jeep stava esaminando la carta 
      stradale dell’area a sud di Frosinone.  
      Inquieto ne studiava i quadranti e l' ordinato sistema di strade, che si 
      trasformavano però inevitabilmente in un ignoto groviglio di direzioni 
      ogni volta che prendeva il volante. Cosa gli sarebbe capitato questa 
      volta, un sentiero fangoso ? Una polverosa mulattiera? Una interminabile 
      serie di buche ? 
      Accompagnato da questi dubbi caricate sul retro della Willys due taniche 
      di benzina il perplesso autiere di Seneca in Sud Carolina attese paziente 
      il Capitano Fred J. Howe. Il comandante del Primo Battaglione Osservatori 
      dell’Artiglieria da Campo Americana giunse puntuale come sempre alle ore 
      05.00 accompagnato da Richard Howlett e Robert Swain , insieme avrebbero 
      formato l’ormai abituale equipaggio della Jeep Leader . Guai a cambiare 
      quella formazione che ormai era considerata dall’intero Battaglione un 
      benefico talismano. 
      Quella mattina, il 30 maggio, dopo essere stati accampati per tre giorni a 
      Pastena, gli osservatori, percorse ventidue miglia, avrebbero raggiunto il 
      paese di Villa Santo Stefano. La loro destinazione era una zona appena 
      liberata reduce da pesanti combattimenti, la presenza del Battaglione era 
      necessaria per presidiare un paese dove gli unici americani erano quelli 
      del 756° carri. 
      Percorsi pochi chilometri Wright, sorridendo, pensò che questa volta la 
      strada che aveva scelto, la numero 727 , anche se bianca sembrava proprio 
      quella giusta e poi affrontandola a quell’ora gli avrebbe risparmiato un 
      sacco di polvere. 
      Il convoglio, prima del previsto, superato il bivio di Vallecorsa, 
      raggiunse Castro dei Volsci per poi, senza grossi ostacoli, indirizzarsi 
      tranquillo lungo il rettilineo della Route 727a che lo avrebbe portato 
      dritto fino a Villa Santo Stefano. 
      Giunto in paese il Capitano Howe formalizzò la sua presenza comunicando 
      agli ufficiali del locale comando francese l'arrivo del suo Battaglione. 
      Lui e i suoi ufficiali furono invitati a recarsi alla Casina mentre al 
      resto della truppa fu mostrato il largo viale di fronte al Cimitero dove 
      avrebbero potuto disporre l’accampamento allineando i quattro camion GMC 
      all’ombra degli alti cipressi.  
      L’arrivo degli americani, quelli veri, si rivelò subito un evento, il loro 
      passaggio aveva destato ancora stupore nonostante da giorni il paese e le 
      campagne brulicassero di mezzi e militari alleati. I bambini furono subito 
      i più interessati, nella loro pratica logica pensarono che altri soldati 
      avrebbero significato altre mense e quindi nuove razioni per le loro 
      piccole pance affamate. Infatti, appena montato il campo di fronte al 
      cancello del cimitero, il Sergente Maggiore Lawrence Presnell della 
      Compagnia "B" , matricola 02007839, ordinò al Cuoco E. B. Burnette di 
      approntare il camion cucina che quasi subito iniziò a diffondere nell’aria 
      un irresistibile profumo di zuppa che fece apparire dal nulla una frotta 
      di scalzi ragazzini. 
      Il campo americano, appena installato, era composto oltre che dalle enormi 
      tendi verdi poste ai lati dei camion e dal carrello della cucina già in 
      azione anche dalla Jeep infermeria del Dottor John Bostain Garrett. Gli 
      unici soldati armati, al momento, erano quelli di guardia al camion che 
      conteneva i preziosi strumenti per il rilevamento delle artiglierie 
      tedesche. L’automezzo era facilmente riconoscibile, sullo sportello del 
      guidatore era dipinta la bianca sagoma di un aereo, quello che il Sergente 
      meccanico David Herrell aveva abbattuto con la sua calibro cinquanta a 
      Paestum il 9 settembre 1943.  
      Le violenze commesse nei giorni precedenti continuavano a far evitare 
      quasi da tutti il campo francese ad Amaseno e adesso, anche se erano 
      trascorsi tre giorni, gli Osservatori divennero per molti civili i veri 
      liberatori. Howe e i suoi ufficiali, come suggerito, si sistemarono nello 
      stesso edificio che ospitava gli ufficiali del II /1° Regiment Tirailleurs 
      Marocaine, la Compagnia Comando del I / 6° Regiment Tirailleurs Marocaine 
      e gli ufficiali Spahis .Sembrava strano, ma pochi giorni prima quelle 
      stesse stanze erano ancora abitata dagli ufficiali tedeschi, la loro 
      presenza non aveva arrecato danni al di là delle evidenti tracce di un 
      grande falò servito a distruggere importanti documenti che avrebbero 
      fornito agli alleati utili informazioni sull’ avversario. Al momento gli 
      unici vandali erano i cavalli berberi degli ufficiali Spahis che,lasciati 
      liberi, nel vicino prato ne stavano brucando avidamente l’erba.  
      A mezzogiorno il rancio fu quasi pronto come pronti erano i bambini che, 
      armati di scodella, fiduciosi attendevano in fila il loro turno. Howe lo 
      aveva immaginato, del resto era accaduto lo stesso anche nelle altre 
      località dove si erano fermati, per questo aveva disposto una quantità di 
      razioni maggiore del solito. Il tintinnio del triangolo suonato con il 
      mestolo dal cuoco Burnette annunciò la distribuzione delle razioni ed i 
      piccoli ospiti ricevettero, oltre alla fumante minestra di verdure, anche, 
      eccezionalmente, un pacchetto di caramelle col buco “Life Savers” . Alla 
      fine di quella giornata un tramonto arancio più sereno di tanti altri 
      salutò i soldati americani che, al fresco dei cipressi, commentavano 
      l’ultimo numero del loro giornaletto il “ Barracks Bag Express “ mentre 
      gli ufficiali poco più in là, alla Casina, sorseggiavano whisky insieme a 
      quelli francesi. I bambini, invece, forse i più felici, nelle loro case o 
      in quello che ne rimaneva leggevano le incomprensibili scritte 
      sull'involucro delle loro preziose caramelle dai cinque colori che 
      avrebbero conservato ancora a lungo prima di mangiare. Il giorno dopo, il 
      31 maggio, giunsero alla tenda del Comando di Battaglione Giacomo Palombo 
      e Sor Checco che per il loro passato da emigranti parlavano un discreto 
      inglese. Il Capitano Howe li ascoltò volentieri mostrando subito 
      disponibilità alle loro richieste che rappresentavano quelle della 
      popolazione.  
      Una preghiera fu rivolta anche al Dottor Bostain Garrett riguardo 
      l’ipotesi di un suo intervento a favore della salute della popolazione. 
      Gentile come sempre l’ufficiale medico fece capire, grazie soprattutto 
      all’ aiuto dell’interprete, il veterano Cosmo Lucania che insieme a 
      Presnell era stato tra i primi nel 1940 ad essere arruolato nel 
      Battaglione, che chiunque si fosse presentato alla sua Jeep avrebbe 
      ricevuto senza problemi adeguate cure mediche. Già dal primo pomeriggio 
      per nulla imprevisti in molti si presentarono al cordiale dottore, si 
      trattava principalmente di persone, bambini compresi, colpite dalle 
      schegge durante i cannoneggiamenti del 27 maggio. 
      I frammenti,spesso invisibili, si erano insinuati in profondità nelle 
      carni di questi poveretti provocando in alcuni casi anche pericolosi 
      principi di infezione. Schive ma bisognose di aiuto si presentarono anche 
      alcune giovani madri con i loro neonati che alla fine di un' accurata 
      visita pediatrica ricevettero per i piccoli pazienti anche una confezione 
      di latte in polvere. Quel mercoledì fu giorno di visite infatti giunse al 
      campo degli osservatori anche Alfonso Felici che dopo aver salutato 
      militarmente il Sergente Presnell fornì le sue generalità chiedendo di 
      essere aggregato all’unità con cui avrebbe raggiunto in seguito la sua 
      Compagnia nei pressi di Velletri. Verificata la sua identità il giovane fu 
      accompagnato da Howe che invece, a differenza del sottufficiale,nutrì 
      subito gravi sospetti su quell’ italiano, oltretutto di Villa Santo 
      Stefano, che parlando uno strano inglese indossava un uniforme e armi 
      americane.  
      Per chiarire la situazione il capitano ricorse alla radio chiedendo un 
      contatto immediato con il Comando dell’Ottantottesima Divisione che 
      confermò invece le credenziali di Alfonso dissipando così ogni dubbio 
      nell’ufficiale superiore. Ma un episodio imprevisto offrì subito 
      l’occasione a Felici di rendersi utile al diffidente capitano. Giunse 
      infatti trafelato un ragazzetto che rivolgendosi direttamente ad Alfonso 
      con il fiato corto gli parlò di un tedesco, anzi forse due che volevano 
      arrendersi ma solamente a loro, agli americani. Alfonso, sull’attenti, 
      riportò più correttamente possibile il racconto del suo giovane compaesano 
      ad Howe che senza interpellare i francesi predispose una pattuglia armata 
      composta oltre che dal nuovo interprete anche da tre soldati di scorta 
      guidati da John W. Geisendorfer, matricola 32833151, che originario di 
      Berlino si era occupato da sempre dei "Jerries" entrati in contatto con l 
      'unità . La pattuglia preceduta da Alfonso si mosse subito, ma solo dopo 
      duecento metri,proprio sotto le Scuole, gli americani assistettero ad una 
      scena a dir poco curiosa. Un’anziana donna, Za Assunta la madre di Pietro 
      Titi, aveva per mano un enorme tedesco fasciato ad un fianco che tenendo 
      alzato con il braccio destro uno sgualcito fazzoletto bianco chiedeva la 
      resa. 
      Gli osservatori incuriositi raggiunsero la donna che ignorandoli 
      completamente si confidò solo con Alfonso riferendogli all'orecchio che il 
      soldato tedesco da lei "scortato" era stato ferito dai marocchini il 28 
      mattina mentre fuggiva con un Sidecar dal paese insieme ad un compagno 
      proseguito poi per Giuliano di Roma. Sanguinante lo spilungone strisciando 
      si era rifugiato a casa sua dove, curato, era rimasto nascosto per tre 
      giorni dentro un forno, ora voleva arrendersi ma non ai francesi, o 
      meglio, ai marocchini che temeva. 
      Nemmeno il tempo di rivolgersi al tedesco che un suo camerata pronunciando 
      in inglese la parola prigioniero scese attento a come si muoveva dalle 
      scale dell’edificio scolastico, anche lui intenzionato a consegnarsi agli 
      americani. 
      In un attimo quel breve tratto di strada in contrada Prece si animò della 
      presenza dei due tedeschi, di cui uno preso per mano da un’anziana donna, 
      di Alfonso, degli americani ed infine dei francesi che erano accorsi 
      insieme a due partigiani dell’ultima ora. I neo patrioti avevano avvisato 
      poco prima le autorità francesi della presenza del secondo tedesco che per 
      tutti quei giorni si era nascosto sotto i carciofi nell’orto di Za Cesira, 
      la cuoca della Scuola. 
      Per evitare ulteriori confusioni, in quella babele di lingue, il francese 
      più alto in grado pregò tutti i presenti di recarsi nella vicina cantina 
      sede momentanea del Comando locale. L’ufficiale chiese a John di 
      interrogare i prigionieri che riferirono di essere entrambi guastatori, il 
      loro compito era stato quello di distruggere i ponti rimasti ancora in 
      piedi tra loro e il nemico, ma, sorpresi dagli esploratori marocchini, uno 
      era stato ferito mentre l’altro, rimasto tagliato dai suoi compagni, era 
      stato costretto a nascondersi. Rammaricandosi Geisendorfer spiegò ai due 
      soldati che per il momento l’autorità vigente in paese era quella francese 
      e sebbene avesse preteso il massimo della considerazione nei loro 
      confronti era costretto, purtroppo, a consegnarli all’ufficiale. 
      Alfonso per rassicurare ulteriormente i due genieri gli confidò nel suo 
      tedesco che sorprese perfino Geisendorfer che altri loro compagni erano 
      stati catturati e presto si sarebbero ricongiunti a loro in una cantina in 
      piazza. 
      Interrompendo gli americani uno dei due partigiani rivolgendosi ancora ad 
      Alfonso esordi’ “ Alfo', dicce a chiss’ che semo stati nua a dicia ndu’ 
      stev’n agguattat’ i tidisch’, chigl’ auto steva d’ntr’ n' furn’, chegliatr’ 
      steva in cima agli ort’ d’ Za Cesira ievan’ tre iurn’ che steva alloco 
      attera …..” L’ufficiale di origine corsa che era rimasto in silenzio 
      sebbene con qualche difficoltà comprese cosa stava dicendo l’uomo e 
      rimproverandolo gli fece capire che come aveva tradito i due soldati 
      tedeschi, in opposte circostanze, lo avrebbe fatto sicuramente anche con 
      loro, i francesi. Motivo per cui senza perder altro tempo congedò i due 
      patrioti con due precisi calci nel sedere mentre ai prigionieri furono 
      offerti subito dei viveri. Nel tardo pomeriggio giunse l’ultima gradita 
      sorpresa di quella turbolenta giornata, la visita di Don Amasio che voleva 
      ringraziare personalmente gli americani delle premure verso i suoi 
      compaesani. L’arciprete fu accolto calorosamente da Howe che gli presentò 
      il loro cappellano, Padre John Beacon di West Point, Nebraska. I due 
      sacerdoti parlottando in latino decisero, di comune accordo, che il giorno 
      seguente sarebbe stata celebrata una messa presieduta per l’occasione 
      proprio dal cappellano militare. 
      Il suono gioioso delle campane accompagnò i primi fedeli verso la Chiesa 
      che mostrava ancora i segni del cannoneggiamento, alle dodici del primo 
      giugno Padre Beacon, indossando l’abito talare sopra la divisa 
      grigioverde, in un corretto latino iniziò a recitare la Santa Messa. Alla 
      funzione erano presenti oltre ai parrocchiani anche numerosi soldati 
      americani, due di loro addirittura si sostituirono eccezionalmente ai 
      chierichetti di Don Amasio assistendo il loro cappellano durante tutta la 
      cerimonia. Tra i convenuti oltre ad Howe c’era anche un’altro capitano 
      americano, un tal Vaught giunto in paese alcuni giorni prima scortato da 
      alcuni fanti su due Jeep. 
      Nel pomeriggio gli Osservatori organizzarono una partita di baseball che 
      attirò un nutrito gruppetto di mammocci che non capirono quasi nulla di 
      quello strano gioco ma rimasero comunque molto divertiti. La maggior parte 
      di loro rimase soprattutto impressionata dalle battute di un giovane 
      soldato dalla carnagione olivastra, Adrian Rodriguez Zabala, artigliere 
      della Seconda Batteria. 
      Il giovane talento, cubano di San Antonio de Los Banos, al suo rientro in 
      patria avrebbe giocato numerose stagioni con i New York Giants terminando 
      poi la sua gloriosa carriera nel ruolo di Pitcher nei Washington Senators. 
      Anche se fuori il tifo degli osservatori era particolarmente infuocato 
      all’interno del cimitero rassicurante regnava invece solo il silenzio, tra 
      le lapidi e i loro nomi familiari, Alfonso vagava in cerca di pace. 
      Anche il Sergente Maggiore Presnell come lui aveva avuto la stessa idea e 
      per poco quasi non si scontrarono mentre assorti riflettevano sulle 
      bianche croci allineate dei soldati tedeschi caduti solo pochi giorni 
      prima. 
      I due veterani si sedettero uno di fronte all’altro accanto alla croce di 
      Everitt e l’enorme sottufficiale, offrendo una sigaretta all’Italiano, gli 
      chiese di raccontargli la sua storia. Alfonso tra una boccata e l’altra 
      ripercorse tutti i momenti salienti della sua personale vicenda fino ad 
      arrivare a pochi giorni prima quando sulla frequenza dei 2470 kz del 
      canale di servizio francese il Capitano Blower, della sua Compagnia del 
      350° Battaglione presso l’Ottantottesima Divisione, era stato informato 
      della liberazione di Villa Santo Stefano. 
      La notizia giunse chiaramente anche ad Alfonso ma da Roccasecca dei Volsci 
      dove in quel momento si trovava non poté far altro che osservare con il 
      binocolo la finestra di casa sua. Quando i vividi gerani della madre 
      divennero un’unica indefinita macchia rossa, dopo essersi asciugate le 
      lacrime, Alfonso, facendosi forza, chiese al suo comandante il permesso di 
      poter raggiungere anche per breve tempo il suo paese. Blower spiegò al 
      soldato che, essendo ancora in prima linea, avrebbe dovuto per regolamento 
      inoltrare la richiesta al proprio superiore e la risposta anche se 
      positiva sarebbe giunta giorni dopo con la compagnia ormai lontana da quei 
      luoghi. Ma il giorno dopo, giunti a Sezze, l’irrequietezza di Alfonso 
      crebbe a tal punto che il Capitano decise di lasciarlo andare comunque e 
      addirittura con una Jeep guidata dall’amico Morris, che si era offerto di 
      accompagnarlo.  
      Dopo alcune ore i due Blue Devils erano già sulla strada di casa, 
      sarebbero stati gli unici due soldati dell'Ottantottesima Divisione ad 
      attraversare il fiume Amaseno. Immaginando che Ponte Calabrese e quello 
      delle Mole fossero stati minati Alfonso indicò subito a Morris la strada 
      per i Porcini ma arrivati a Ponte Grande,nonostante la scorciatoia, furono 
      costretti a tornare lo stesso indietro. Senza demoralizzarsi i due soldati 
      infilarono allora la vecchia strada che portava a Ponte Panciacca da 
      dove,finalmente, raggiunsero il paese.  
      In piazza, gremita dai soldati francesi, si fermarono di fronte alla 
      cantina della Signora Emma dove Angelino Palombo riponeva la corriera, era 
      piena di prigionieri tedeschi ammassati sulla paglia stretti gli uni sugli 
      altri. 
      Il loro aspetto era trasandato, molti avevano barba e capelli lunghi 
      e,nonostante la primavera inoltrata, indossavano ancora le pesanti 
      uniformi invernali. Marcantonio Iorio fu il primo paesano a riconoscere 
      Alfonso nonostante la divisa alleata, abbracciandolo lo rassicurò, la 
      madre e il fratello Antonio stavano bene ed erano rientrati salvi in 
      paese. Dopo aver ringraziato il Caporale Jerome Morris a cui aveva 
      spiegato accuratamente la strada per poter far ritorno a Sezze Alfonso, 
      quasi correndo, si avviò verso casa. Dopo aver bussato inutilmente al 
      civico 29 di via San Pietro deluso stava quasi andando via quando udì 
      alcune voci provenire dall’interno della casa urlo' allora il nome della 
      madre e del fratello. Gli venne subito aperto e il figlio strinse la madre 
      in un lungo abbraccio. 
      Antonio con le lacrime agli occhi spiegò ad Alfonso che il paese era in 
      preda alla ferocia dei marocchini e stare all’aperto non era per niente 
      sicuro. 
      Seguendo il consiglio del fratello, Alfonso si chiuse la porta alle spalle 
      e dopo aver superato rapido le due brevi rampe di scale si sedette fiero 
      su una sedia spagliata della cucina di casa sua che anche se piena di 
      detriti e calcinacci per lui in quel momento era la più bella delle regge. 
      I riflessi di luce che filtravano dalla crepa sul tetto causata dai 
      cannoneggiamenti francesi mostrarono ad Antonio e a Filotea il reale 
      aspetto di Alfonso, un autentico soldato americano con bandoliera, garand, 
      bombe a mano ed elmetto. 
      Colta la meraviglia della madre e del fratello Alfonso raccontò loro che 
      dopo essersi lasciati alla Madonna dello Spirito Santo braccato dai 
      tedeschi aveva chiesto aiuto agli americani raggiunti in maniera 
      rocambolesca oltre le loro linee. Dopo alcune difficoltà, grazie alla 
      cittadinanza americana del padre e al suo passato di valoroso soldato 
      italiano, era stato arruolato come “Scout” nell' Ottantottesima Divisione. 
      A questo punto il racconto di Alfonso si interruppe, un assordante boato 
      partì improvviso tra le file della Batteria “B” , Zabala aveva realizzato 
      il punto decisivo. Presnell e i suoi uomini quella sera avrebbero 
      festeggiato la vittoria con il premio messo in palio dal Comando, una 
      cassa di wiskhy scozzese. 
       
       
       
      FIRST FIELD ARTILLERY OBSERVATION BATTALION 
       
      Nasce nel 1922 a Fort Bragg come First Observation Flash Battery della 
      Tredicesima Brigata di Artiglieria di Campagna. L'unità formata da due 
      batterie, la “A” e la “ B” oltre alla batteria Comando comprendeva anche 
      una Sezione Meteorologica e le peculiari Sezioni “Sound e Flash”. Durante 
      i settecentoquattro giorni passati tutti in combattimento furono allestite 
      dal Battaglione 89 “Sound bases”, 1169 “Sound locations”, 62” Flash bases” 
      e 372 “Flash locations” . 
      A fine conflitto il Battaglione perderà novantotto uomini di cui tre in 
      Italia mentre quarantaquattro saranno i suoi uomini fatti prigionieri. Il 
      suo motto “Video et Audio” riassumeva la peculiarità di questo gruppo che 
      rappresentava gli occhi e le orecchie del’artiglieria americana. La 
      specialità del Battaglione era infatti l’ individuazione dell’artiglieria 
      tedesca grazie ai suoi sofisticati strumenti che ne calcolavano la precisa 
      distanza in base al bagliore e al suono delle esplosioni. Essenziale era 
      il compito della Sezione “Sound” della batteria “B” che grazie a cinque 
      microfoni installati nella “terra di nessuno” registrava i tempi di 
      intervallo dei cannoni nemici fornendo così la loro esatta posizione alla 
      Centrale Comando che trasmetteva le misurazioni alle artiglierie francesi 
      e americane. 
      Nel dicembre del 1942 il Battaglione Osservatori era giunto con la nave 
      “Samaria” ad Oran proveniente da Liverpool . Il 31 gennaio 1943 ,invece, a 
      Foundouk Maktar ebbe il suo battesimo con il fuoco, il successivo 14 
      febbraio al passo di Kasserine cinque suoi ufficiali e trentotto soldati 
      della Batteria “B” vennero presi prigionieri dai tedeschi. Il 27 marzo, 
      sempre in combattimento, i superstiti della Batteria “B” vennero raggiunti 
      da due nuovi ufficiali in rimpiazzo di quelli catturati, erano il Tenente 
      Parker e l’eccellente Tenente Tietze. 
      Finita la campagna d’Africa da Bizerte il Battaglione venne imbarcato 
      sulla nave “S.S. Lawton B. Evans” e il 10 luglio raggiungerà la Sicilia 
      dove entrerà in combattimento a Troina. 
      Proseguirà la campagna sull'isola operando a Randazzo, Vittoria e 
      Agrigento e poi successivamente con le sue tre batterie nei pressi di 
      Gela, Licata e Scoglitti. Il 20 settembre 1943 da Messina il Battaglione 
      salperà con il LST numero 325 per Termini Imerese e con la stessa 
      imbarcazione il 21 settembre 1943 dopo un difficile sbarco, raggiungerà 
      Salerno. 
      Entrerà di nuovo in combattimento a Paestum a fianco della 
      Quarantacinquesima Divisione di fanteria dove un suo camion sarà colpito 
      in pieno dall’aviazione tedesca, perderanno la vita i soldati Jesse A. 
      Bennett, matricola 14036118 e Henry J. Latta, matricola 34009613. Il 
      sergente David Herrell con una calibro 50 montata sul cassone del suo 
      camion vendicherà lo stesso giorno i compagni uccisi abbattendo un caccia 
      nemico. I suoi quattro camion GMC su cui erano caricate le sezioni “Flash” 
      , “Ranging”, “Sound” e ” Base” nonostante il fango, la pioggia e i 
      cannoneggiamenti tedeschi, riusciranno nell’inverno del 1943 a raggiungere 
      l’area del Volturno. Aggregati alla Trentaquattresima e poi alla 
      Quarantacinquesima Divisione gli Osservatori passeranno il Natale a 
      Venafro. 
      Nel gennaio del 1944 il Battaglione viene assegnato al Corpo di Spedizione 
      Francese per dirigere il tiro dei cannoni da 105 e 155 corto del 63° 
      Reggimento d’artiglieria. Con il C. E. F. combatteranno ad Acquafondata 
      dove cadrà in combattimento Farrel A. Dunn matricola 35468544,proseguendo 
      poi per Monnacasale e le Mainarde. Gli osservatori rimarranno con i 
      francesi fino all’11 maggio 1944 con la conclusiva battaglia per monte 
      Maio. Il 20 maggio, in riposo, raggiungeranno S. Giorgio, il 21 saranno 
      accampati ad Esperia e il 26 dello stesso mese dopo aver sostato a S. 
      Oliva proseguiranno per Pastena giungendo,infine, a Villa Santo Stefano il 
      30 maggio. 
       
      BATTERIA “COMANDO” E SEZIONE “METEO” : 
      Capitano Fred J. Howe 
      Tenente Rufus S. Plonk Jr 
      Tenente Parker 
      Sergente Joseph A Matthews 
      Sergente Joseph Pierce 
      Soldato James C. Connelly 
      Soldato William W. Goodwin 
      Soldato Wells R. Dickinson 
      Soldato Robert W. Hampton 
      Maggiore John Beacon Cappellano 
      Tenente John Bostain Garrett Medico 
       
      BATTERIA “A” E SEZIONE “FLASH” : 
      Tenente Kenneth L .Gardner 
      Sergente Maggiore Romy R. Germino 
      Sergente Samuel E. Jarrett 
      T5 Lennox E. Williams 
      Sergente Motorista C.J. Laganowski 
      Caporale Allen K. Warne 
      SOLDATI: 
      Preston Myers  
      Herman Phillips 
      Thomas W. Query 
      S.E. Schlemmer 
      Harry Schutte 
      Richard Tyndall 
      Luke Marion 
      Clyde Hudgins 
      Donald Mc Donald 
      Frank G Mc Innis 
      Angelo Reno 
      Leo Romanowski 
      Ed Sak 
      Arthur A Schmidt 
      Harry I Shutte 
      William J. Vojir 
      Herman Weiss 
      Jeff Auerbach 
      James Drew 
      Martin Fennell 
      Charles Ford 
      Lawrence D Molteni 
      Frank Olivastro 
      Domenic Petrosa 
      Thomas Piscitello 
      Cw Romani 
      Angelo Yannucci 
       
      BATTERIA “B” E SEZIONE “ SOUND” : 
      Tenente Tietze 
      Sergente Maggiore Lawrence Presnell 
      Sergente Richard Howlett 
      T4 Louis Henkin 
      Sergente Motorista David Herrell 
      Caporale Clarence P. White 
      Soldati: 
      Sal Di Cavolo 
      Harry T. Plummer 
      Frank Vassello 
      John W. Geisendorfer 
      Martin “Red” Ross  
      Robert Swain 
      Francis B. Foody 
      John M. Forehand 
      James R. Griffin 
      George Guy 
      Charles L. Hunt 
      Charles Jacobi 
      Calvin A. Ladd 
      Bennie Littlefield 
      John R. Mc Cullough 
      George W. Baggett 
      Grower C. Baldwin 
      John R. Bertolatus 
      Johnnie F. Burch 
      E.B. Burnett Cuoco 
      Adrian Rodriguez Zabala 
      Sam Byrd 
      Hugh Clapper 
      Kenneth Doenges 
      Angelo Berardi 
      Michael A. Cucci 
      Dominick Demperio 
      Phillip J. Ducurro 
      Richard Garavuso 
      Cosmo Lucania 
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