3  LA DODICESIMA BATTERIA

Come annunciato, alla fine di Ottobre, iniziarono a giungere in paese i primi camion carichi di soldati, il loro arrivo avrebbe significato per molti santostefanesi la perdita del loro unico bene, la casa.
Infatti esattamente dopo aver posato piede in piazza i tedeschi, superata facilmente l'inutile resistenza delle ultime famiglie, ordinarono l'immediata evacuazione di tutti gli stabili da requisire.
Maria Bonomo, poco più che ventenne, ricorderà per sempre quella mattina quando insieme ai genitori fu costretta ad abbandonare le Case Nuove.
Nella confusione di quei tragici momenti riuscì a portare con sé solo lo stretto necessario racchiuso in un esile fardello, oltre al cestino di mele raccolte frettolosamente tra quelle che il padre aveva disteso a maturare nella paglia sul loro pianerottolo. I frutti lasciati avrebbero invece integrato, già dal giorno dopo la colazione delle truppe di occupazione. Al termine della confisca i senzatetto che numerosi non riuscirono a trovare rifugio presso qualche parente furono costretti a riparare sul Siserno, li avrebbero seguiti molti loro compaesani che, per timore dei tedeschi, avevano abbandonato la propria casa confinandosi così volontariamente per giorni lungo i costoni del monte.
Tempo dopo, rientrando in paese, non pochi constateranno a malincuore la violazione di numerose cantine e la sparizione del vino che vi era conservato.
La mattina del 25 ottobre 1943 l’intero contingente tedesco venne schierato di fronte al municipio e in tono marziale un anziano sottufficiale lo presentò ad un elegante tenente. Nel salutare, alzando meccanicamente il braccio destro, il sergente mostrò la fascia in panno blu che gli avvolgeva la manica del cappotto, ricamate in bianco una fila di lettere disegnavano la scritta "Hermann Göring".
Da quel momento le abitazioni requisite vennero prese ufficialmente in consegna dagli uomini della Dodicesima Batteria di Montagna del Terzo Battaglione di Artiglieria della Divisione “Hermann Göring”.
Gli ufficiali invece avrebbero preso alloggio alla Casina formando così un asse naturale che dalla Vigna si spingeva fino alle Fontanelle delimitato al centro dal Comando locale installatosi invece al primo piano di casa Palombo. Appena stabilito il collegamento radio con Frosinone il tenente Weiss, responsabile della Batteria, venne raggiunto dall’ordine immediato di inoltrare alla popolazione le disposizioni già imposte dalla sua Divisione agli altri paesi occupati.
L’urgente necessità di trovare un valido interprete fece cadere la scelta su Alfonso Felici che aveva imparato il tedesco lottando insieme all’allora alleato in terra di Russia. Senza mezzi termini fu ordinato al giovane reduce di presentarsi subito da Weiss e, non potendo far altro che ubbidire, Alfonso a lunghi passi si incamminò verso il Comando. Lungo il tragitto, scordandosi per un momento dei militi alle sue spalle, la sua unica preoccupazione fu quella di organizzare una rapida ma corretta presentazione in quel tedesco che sapeva non essere del tutto perfetto. Nonostante il rattoppato abito civile scattando sull’attenti Alfonso salutò militarmente l’ufficiale che non poté fare a meno di notare, anche se appuntata con una spilla da balia, la croce di guerra tedesca meritata sul fronte orientale.
L’incontro tra i due fu più breve del dovuto anche perché Alfonso sin da subito fece intendere a Weiss che non aveva nessuna intenzione di divenire suo collaboratore. Anzi l'unico motivo per cui si trovava in quell'ufficio era quello di ottenere, grazie all’onorificenza, un lasciapassare che nel tragico futuro a cui sarebbe andato incontro il paese sarebbe risultato oltremodo utile. Naturalmente l’ausweis non venne concesso e l’ingenuo richiedente liquidato a malo modo con un calcio nel sedere. Appena raggiunta la piazza Alfonso venne letteralmente assalito dai suoi compaesani che impauriti dei recenti avvenimenti chiesero cosa stesse realmente accadendo. Il commento dell’alpino della Julia fu esplicito, le cose in paese sarebbero cambiate e purtroppo in peggio.
Lasciò agli amici un triste annuncio, ben presto i tedeschi avrebbero imposto severe regole e tutti, assolutamente tutti, avrebbero dovuto rispettarle.
Infatti puntuale il giorno dopo, affisso alla Loggia e al Macchione, apparve il proclama con le disposizioni impartite dal Comandante Superiore Germanico. Riassunte in otto punti essenziali le norme affermavano la più assoluta proibizione a trattenere materiale militare inteso come carburante, armi o radio.
Si imponeva inoltre il divieto categorico di manomettere o danneggiare le linee telefoniche tedesche, oltre alla consegna obbligatoria degli automezzi, dei cavalli e dei muli. Per i militari e gli ufficiali italiani c’era invece il dovere perentorio di presentarsi presso l’autorità tedesca anche se i loro reparti, dopo l’otto settembre, erano stati disciolti. Il proclama terminava con l’obbligo a denunciare tutti i prigionieri angloamericani in latitanza, soprattutto dopo l’improvvisa evasione di massa dal presidio tedesco di Frosinone di circa duecento reclusi.
Chiunque si fermò in piazza lesse preoccupato i provvedimenti ma tra tutti il più spaventato sembrò essere Cesare Palombo che senza perdere tempo corse a nascondere in campagna la propria autocorriera.
Alcune settimane dopo la presentazione del bando l’attività tedesca in paese si intensificò, vennero allestiti infatti due posti di guardia.
Il primo era rappresentato da un semplice tavolino posto in via San Pietro nella parte che si allargava naturalmente in piazzetta vicino via Gentile.
Piantonando l’area a turno alcuni sottufficiali avrebbero controllato annotandolo su un registro il passaggio dell’ unica ronda che da poco aveva iniziato a sorvegliare i stretti vicoli dell’antico borgo. Un picchetto armato invece prese posto sotto la Loggia dove oltre ad un tavolino simile all’altro e chiaramente requisito come quello esisteva anche una improvvisata cucina da campo dove in un enorme pentolone avrebbero bollito perennemente patate.
A pochi passi dalla guarnigione,sempre sotto la volta venne allestita anche un’angusta prigione utilizzando le umide mura di una buia cantina.
Sin da subito la presenza della ronda destò una gioiosa curiosità soprattutto nei bambini che ridacchiando avevano imparato ad anticiparne il passaggio ma il severo e perentorio rimprovero di una delle sentinelle li convinse presto a desistere, tenendosene così per sempre alla larga. Ma la tensione di quei primi giorni di occupazione esplose il 7 novembre quando anche a Villa Santo Stefano venne attuato un imponente rastrellamento destinato al prelevamento forzato di uomini abili per la costruzione di fortificazioni e difese sul fronte di Cassino.
A quel provvedimento ne seguì un altro, il 15 dello stesso mese, esteso questa volta anche al resto della provincia, soprattutto dopo la mancata adesione al bando di reclutamento di manodopera del 20 settembre. Inaspettati alle dodici esatte giunsero in piazza i camion con gli uomini della Feldgendarmerie che irrompendo nelle case con brutalità spinsero molti giovani ed anche qualche anziano all’interno dei loro veicoli. Le grida dei primi catturati scatenarono fortunatamente una fuga generale. Chi riuscì a scappare trovò rifugio arrampicandosi sui tetti o rimanendo immerso per ore nel buio delle cisterne collegate spesso tra loro al vasto sistema di grotte e cantine di Vallerea.
I più sfortunati invece, quelli che finirono prigionieri, come Luigi e Aldo Anticoli o Eugenio Bonomo vennero condotti a Cassino dove, armati di vanghe e picconi, furono obbligati con estenuanti turni di lavoro alla realizzazione di chilometri di trincee. La notte, esausti, venivano invece rinchiusi in anguste stalle dove al buio si dividevano gli avanzi dei loro carcerieri. Alcuni però, i più temerari, affrontando il pericolo riuscirono addirittura a scappare. Tutti gli altri, più magri di prima, furono invece accompagnati alcune settimane dopo in paese dagli stessi tedeschi di ritorno ad Amaseno. Durante il primo rastrellamento fu arrestato Aldino, il nipote di Sor Costino e della maestra Mugeo, che abbandonata l’uniforme italiana era venuto a chiedere asilo agli zii di Villa Santo Stefano.
Ma gli abiti dismessi dono di una generosa famiglia contadina e lo stato indigente insospettirono da subito i tedeschi che lo trascinarono via in manette.
Miracolosamente invece, sebbene inseguiti, riuscirono a far perdere le loro tracce calandosi oltre il fossato insieme a Primo Toppetta i cugini Tambucci, Renato e Alfiero. Renato se catturato avrebbe rischiato molto più dei suoi compagni perché, fedele ai suoi ideali, come ufficiale del Regio Esercito non aveva aderito a suo tempo alla richiesta di richiamo alle armi imposta dal Generale Graziani. Con il tempo le esigenze militari della unità di artiglieria della Göring aumentarono per cui oltre ai locali già requisiti se ne aggiunsero altri situati oltre che sull’asse alto del paese anche nelle sue immediate vicinanze.
Alla fine il totale degli edifici occupati dai tedeschi era cosi compreso:

La Scuola in via Roma, con tutti i suoi arredi e attigua la casa di Primo Toppetta.

L’Asilo in piazza Umberto I, destinato a spaccio di generi di conforto per i militari. (Le Suore del Preziosissimo Sangue e la loro madre superiora, suor Maria Alfano che fino ad allora vi avevano alloggiato vennero invece rilegate in un’ unica misera stanza al pianterreno)

La Farmacia Bolognini in piazza Umberto I, civico 21.

Casa Biasini in via S. Antonio, civico 5.

La Chiesa di S. Sebastiano, trasformata in teatro per manifestazioni ludiche destinate alle truppe.

Le Case Nuove destinate ad alloggio per gli uomini della Dodicesima Batteria, la Casina per gli ufficiali e casa Palombo a Santomarco per il Comando Locale.

L’area delle Fontanelle infine venne predisposta sia a poligono per le esercitazioni con il Mauser k 98 che ad officina per meccanici e mezzi.

Anche Primo Toppetta, al tempo adolescente, sebbene di malavoglia dovette cedere alla fine anche la sua stanza a quei soldati che già in possesso di tutto il resto della casa costringevano la sua famiglia ad abitare due uniche stanze.
La presenza continua di quegli intrusi impediva inoltre al giovane di muoversi liberamente come fino ad allora aveva fatto. Ormai padroni quasi dell’intero l’edificio avevano issato vicino al cancello di entrata un palo con inchiodati diversi cartelli indicanti le direzioni per raggiungere le varie unità della Divisione distribuite nelle vicinanze. Si trattava di simboli convenzionali o di sigle comprensibili solo ai tedeschi, ma Primo imparò che tutte quelle formate da un cerchio con un trattino disposto in posizioni diverse, come le manopole delle rare macchine del gas allora presenti in paese, erano quelle della Hermann Göring. Irritante per lui divenne anche la sveglia all’alba dei tedeschi che incuranti del clima gelido di quell’autunno del 1943 si lavavano a dorso nudo nel fontanile del cortile di casa, riducendo drasticamente così le sue ore di sonno.
Nonostante tutto però si rendeva conto di essere testimone particolare di una straordinaria realtà che indelebile sarebbe rimasta impressa nella sua memoria. La completa dislocazione della dodicesima Batteria prevedeva anche alcuni distaccamenti fuori del paese. Esisteva infatti una postazione armata in località Cercia Maiella, un enorme pianoro circondato da querce secolari che le davano il nome e luogo preferito da Don Amasio per le estenuanti partite a pallone dei suoi ragazzi. Tempo addietro vi erano stati collocati quattro carri italiani Ansaldo CV 33 che avevano partecipato alla guerra del 1935 in Etiopia e di quel deserto conservavano ancora la colorazione.
Gelsomina, la proprietaria dell’unico albergo di Villa Santo Stefano, forse era la sola che ricordasse l’esatta data di arrivo di quelle scatole di sardine e dei carristi che le avevano pilotate.
Pochi giorni addietro infatti si lamentava ancora con il segretario per il mancato pagamento di alcune stanze affittate dal Comune per quei soldati del Trentaduesimo Regio Reggimento di Verona. Gli Ansaldo erano giunti con la ferrovia fino a Ceccano, poi caricati su enormi autocarri lentamente, molto lentamente, erano sfilati per l’ultima volta nella via principale di Villa Santo Stefano prima di essere abbandonati definitivamente sul verde prato a ridosso di Colle Strambo. Indisturbati riposarono tra l’erba medica fino a fine conflitto quando lentamente scomparvero del tutto dopo aver perso ognuno dei loro pezzi.
Tuttavia prima che svanissero completamente i tedeschi con una pesante vernice nera avevano impresso sulle loro fiancate alcuni simboli divisionali sperando così che se osservati dall’alto si confondessero con dei combattivi carri Tigre.
Il nucleo distaccato comprendeva anche il ricovero celato da enormi reti mimetiche per numerosi altri mezzi sicuramente più efficienti dei quattro pesanti rottami. L’altra importante postazione si trovava invece poco più in basso, alle Mole. Qui, nel cuore della valle, era stato costituito un delicato punto di raccordo tra le diverse unità presenti lungo il corso dell’ Amaseno.
Ad orari costanti vi convergevano infatti pattuglie motorizzate che in questo crocevia ricevevano gli ordini trasmessi dal Comando di Divisione per le diverse Gendarmerie di zona. Oltre agli attendamenti della guarnigione vicino al fiume c’erano anche la casa colonica con annesso magazzino edile di Torindo Biasini e quella del mugnaio Sarandrea. I locali, entrambi requisiti, vennero destinati ad alloggio ufficiali e truppa per tutto il resto conflitto.
C'e' da notare che, nonostante gli inquilini imprevisti, i Sarandrea poterono continuare comunque la loro attività anzi la presenza degli uomini della Göring nei loro confronti rimase sempre discreta e cordiale tantoché il giovane Alfonso Zuffranieri che bazzicava il mulino spesso fu invitato a dividere il rancio con loro.
Per disposizione del generale Kesserling la divisione Göring era stata incaricata anche del controllo aereo della valle e ad assolverne il compito fu impegnata la sua unità Flak. Così alcune postazioni contraeree furono attivate sul Siserno e al Monticello anche se periodicamente variavano la loro disposizione per non favorirne l’individuazione da parte degli aerei nemici.
Una domenica di novembre il tenente Weiss alzandosi di buon mattino invece di recarsi al Comando come faceva abitualmente preferì rimanere alla Casina dove consumò la colazione insieme ai suoi sottoposti. Sebbene la circostanza fosse informale ne approfittò per illustrare i primi provvedimenti da attuare in paese, riguardanti proprio la difesa aerea. L’argomento era stato discusso la sera precedente con le autorità civili che avevano cercato di spiegare all’ufficiale tutti gli interventi fino ad allora eseguiti per conto della Prefettura di Frosinone.
Ma nonostante la buona volontà dei santostefanesi il tedesco giudicò l’intero sistema terribilmente insufficiente. In effetti il ricovero antiaereo scavato a lato della piazza era da tempo inutilizzabile dopo che le prime piogge autunnali lo avevano completamente sommerso. Ne sapeva qualcosa l’incauto soldato tedesco che durante l’ultima esercitazione, punito da un superiore, era stato costretto a strisciare in quella pozza fino a prosciugarla del tutto.
L’applicazione del coprifuoco dopo le sette di sera invece non era stata mai considerato dalla popolazione un reale provvedimento perché rispecchiava perfettamente la morale comune che considerava un poco di buono chi circolava dopo quell’ora tra i bui vicoli del paese. Luce elettrica da celare in paese inoltre ce n’era ben poca per cui alla fine l’intervento contro le incursioni alleate più significativo fu l’acquisto il 22 aprile 1943 come da disposizione del Prefetto Paternò di ben nove maschere protettive presso la ditta ”Romana Servizio Antigas” di via delle Tre Cannelle destinate al personale comunale.
Conscio della precaria situazione, con la calma e la misura tipiche dell’ ufficiale di artiglieria, Weiss iniziò ad illustrare ai suoi ufficiali le opere considerate da lui più urgenti. Il suo progetto prevedeva l’immediata costruzione di profondi ricoveri facilmente raggiungibili dietro le Case Nuove oltre al ripristino della copertura della buca in piazza. Nei giorni seguenti, inoltre, da Frosinone sarebbe giunta, rafforzando così il dispositivo contraereo, una mitragliatrice quadrilinea dal movimento complesso che celata da fronde e rami si sarebbe aggirata nell’ area tra il Monticello e le Mole.
La condotta di Weiss rifletteva integralmente la ferrea politica di controllo che la sua Divisione aveva operato nel basso frusinate sin da quel 20 ottobre quando tre dei suoi ufficiali avevano incontrato in paese le autorità locali. Gli stessi graduati erano stati precedentemente anche a Giuliano di Roma dove avevano preteso dal podestà Gaetano Anticoli Borza alloggio per dieci ufficiali e quattrocento uomini di truppa.
Il 6 novembre puntualmente come promesso i tedeschi raggiunsero il paese insediandosi con le prime duecento unità nelle aule della scuola materna, nei locali del municipio e nella caserma dei Reali Carabinieri. Weiss invece era giunto a Villa Santo Stefano con la sua Dodicesima Batteria intorno al 25 ottobre e due giorni dopo il 27, senza la collaborazione di Alfonso Felici, aveva già annunciato il suo primo provvedimento, la registrazione delle targhe di tutte le autovetture.
Il 9 novembre invece, mentre i santostefanesi subivano le prime cinque requisizioni di bestiame, a Giuliano di Roma giungeva a notte fonda il resto del contingente tedesco che, dopo aver sfondato le porte del Santuario della Madonna della Speranza, prendeva possesso di tutto il primo piano per la truppa e dei sotterranei per il ricovero di cavalli e muli. Questi uomini il 17 novembre attueranno un imponente rastrellamento sul Siserno che porterà all’arresto di ventinove presunti partigiani rilasciati in seguito grazie all’intervento di Don Giuseppe Sperduti e dello stesso podestà. Il clima a Villa Santo Stefano non sarà diverso, il 10 dicembre verranno infatti applicate le norme per il controllo e la disciplina dei cittadini soprattutto dopo la mancata consegna al Comando tedesco di armi e munizioni compensato in qualche modo, lo stesso giorno per gli occupanti dal mobilio requisito alle scuole elementari.
A dicembre la divisione Göring aumenterà considerevolmente la sua presenza nella valle dell’Amaseno, il giorno 12 infatti comandati dal Capitano Rudolf Heger arriveranno trecento soldati, quasi tutti di origine austriaca, che con i loro pezzi di artiglieria trainati da cavalli e muli si stabiliranno alla Badia di Ceccano,il terreno circostante immediatamente presidiato sarà protetto da quattro mortai mimetizzati tra la vegetazione. Per la felicità dei fratelli Palombo invece il 21 dicembre verranno requisiti anche gli ultimi pneumatici presenti nella zona dopo che il 14 era stata resa obbligatoria la schermatura dei fari di tutti gli automezzi.
L’occupazione dell’area intorno al Siserno si concluderà con l’arrivo del Capitano Lubke a Castro dei Volsci dopo che ad Amaseno era stato allestito l’ospedale da campo divisionale diretto dal Capitano medico Rader coadiuvato dal Tenente Lipold comandante dell’ unità militare.
A Villa Santo Stefano invece l’otto dicembre, giorno dell’Immacolata, la Batteria di Weiss era stata completata, l’arrivo ingombrante degli ultimi pezzi di artiglieria completi di traini e cavalli aveva reso addirittura impossibile a chiunque per tutto il giorno il movimento lungo la piazza. E’ importante notare come la struttura sanitaria del Capitano Rader installata nella scuola in via Madonna delle Grazie fosse qualitativamente superiore a tutte le altre medicherie della zona.
Infatti dopo il bombardamento di Frosinone dell’8 dicembre 1943 anche Don Luigi Minotti, nonostante la distanza, con un’autoambulanza tedesca aveva preferito trasferirvi un giovane sfollato romano, Paolo Abbondi, che per le numerose ferite da scheggia, nonostante le preghiere del sacerdote e il prodigarsi dei chirurghi si spegnerà la mattina seguente.



LA DIVISIONE HERMANN GÖRING

Con il rientro delle sue ultime unità reduci dai campi di battaglia della Tunisia, la Divisione Hermann Göring o meglio ciò che ne rimaneva, nel giugno 1943 venne ricostituita a Santa Maria Capua Vetere, giusto in tempo per fronteggiare a fine mese le forze alleate sbarcate in Sicilia.
Sull’isola la Göring ritornata Panzerdivision è assegnata sotto il comando del generale Paul Conrath al settore di operazioni del XIV Panzercorp intorno all’ area di Caltagirone. L’11 luglio ostacolati numerosi sbarchi alleati nell’area di Gela, la Divisione rimarrà impegnata ancora sul fronte siciliano combattendo nei pressi dell’aeroporto di Gerbini. Il 17 agosto le sue ultime unità lasceranno l’ isola dopo essersi coraggiosamente difese dalle pendici orientali dell’Etna fino al Canale di Sicilia.
Nel settembre 1943 sempre agli ordine della XIV Panzerkorps la Göring combatterà sul fronte di Salerno impegnandosi fino a novembre in azioni di retroguardia sui fiumi Volturno e Garigliano. A seguito dei sanguinosi combattimenti nell’area di Capua verrà ritirata sulla linea “Barbara" vicino Teano prima e sulla linea “Bernhard” nell’ area di Venafro successivamente. A fine novembre 1943 quasi del tutto decimata la Hermann Göring viene posta a riposo nell’area di Frosinone. fortemente riconsolidata è portata al massimo del suo organico con 21000 effettivi e con un imponente numero di mezzi corazzati ancora disponibili.
A fine gennaio 1944 il periodo di relativo riposo termina con la controffensiva americana nell’area di Anzio, dove la Göring come Fallschirm-Panzer Division rientrerà in combattimento intorno alle aree di Cisterna, Borgo Montello, Borgo Piave e Isola Bella. A fine marzo, la Divisione, di nuovo fortemente ridotta, agli ordini del generale Wilhelm Schmalz è ritirata in Toscana tra Lucca e Pisa giusto per prendere fiato prima di raggiungere di nuovo il fronte a sud di Velletri, protagonista dei cruenti combattimenti di fine marzo lungo la Casilina tra i paesi di Artena, Valmontone, Lariano e Colleferro.
Particolare rilievo assunsero per la loro presenza a Villa Santo Stefano i reggimenti Flak e quello di Artiglieria.

Il Reggimento Flak della Hermann Göring al comando dell’ Oberst Friedrich Meyer fu riformato in Italia tra il maggio e il giugno 1943 tra i rimanenti del Flak Regiment General Göring e il Flak Abteilung 211. Successivamente la nuova unità sarà integrata anche con le superstiti ultime quattordici batterie del Flak Regiment 49 formato in Germania a Mannheim nell’agosto del 1939 ma poi completamente distrutto a Stalingrado.
La presenza del Flak Regiment nel frusinate è documentata la prima volta il 21 ottobre 1943 a Cassino poi dal gennaio 1944 le sue squadre saranno attive anche ad Aquino, Arce, Castrocielo e Piedimonte.

Il Reggimento di Artiglieria invece comandato dal Oberst Hans Oehring fu formato a Santa Maria Capua Vetere con l’annessione di alcune unità del Terzo Reggimento Flak. Assunta la nuova denominazione di Panzer Artillerie Regiment nell’ottobre del 1943 il reparto sarà dislocato lungo i paesi alle pendici del Siserno distribuendosi nei comuni di Ceccano, Giuliano di Roma, Villa Santo Stefano, Amaseno e Castro dei Volsci.

In paese gli uomini della Hermann Göring erano facilmente riconoscibili oltre che per la classica fascia cucita sulla manica destra anche per l’inconfondibile colore delle loro uniformi. Le divise rimaste nella memoria degli anziani di Villa Santo Stefano erano così ricordate “…. Tinivano la uniforme accome la carta pè chiuda gli zuccher …” ovvero celeste. Invece i loro camerati sui mezzi corazzati incutevano molta più paura come quel giorno quando di colpo apparvero a Guglielmina che, disubbidendo alla nonna Flavia, si era recata da sola in piazza.
Sbucarono dal nulla su una kubelwagen verde striata di nero con le uniformi color notte su cui spiccavano rilucenti una coppia di piccoli teschi ricamati lungo il bavero. Gli uomini della Feldgendarmerie e i carristi della Göring furono spesso scambiati per i crudeli uomini delle SS, in realtà e grazie a Dio queste fanatiche unità non furono mai presenti in terra di Ciociaria.
Tuttavia gli uomini della Göring non eccelsero mai completamente in benevolenza nei confronti della popolazione locale, anzi una lunga serie di atti di violenza contro civili, culminati in omicidi e stragi caratterizzarono il loro passaggio attraverso l'Italia. Ad iniziare dalle efferate stragi del settembre 1943 in Sicilia seguite poi dai numerosi eccidi nel Campano e successivamente nell’Appennino Tosco-Emiliano. E’ in questo clima di violenza che tristemente maturerà l’omicidio Olivieri.
Durante il cosiddetto periodo di riposo la Divisione Göring fu presente dalla fine dell’ottobre del 1943 fino alla fine del gennaio 1944 nei seguenti paesi: Aquino, Ceccano, Ceprano, Cervaro, Pontecorvo, Arce, Strangolagalli, Priverno, Roccasecca, San Giovanni, Falvaterra, Amaseno, Giuliano Di Roma, Villa Santo Stefano, Cassino, Castrocielo, Piedimonte, Veroli, Castro Dei Volsci, Castelforte, Arce, Arnara, Patrica, Alatri, Prossedi, Pofi, Pico e Isola Liri.