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       3  LA DODICESIMA 
      BATTERIA 
       
      Come annunciato, alla fine di Ottobre, iniziarono a giungere in paese i 
      primi camion carichi di soldati, il loro arrivo avrebbe significato per 
      molti santostefanesi la perdita del loro unico bene, la casa.  
      Infatti esattamente dopo aver posato piede in piazza i tedeschi, superata 
      facilmente l'inutile resistenza delle ultime famiglie, ordinarono 
      l'immediata evacuazione di tutti gli stabili da requisire.  
      Maria Bonomo, poco più che ventenne, ricorderà per sempre quella mattina 
      quando insieme ai genitori fu costretta ad abbandonare le Case Nuove.  
      Nella confusione di quei tragici momenti riuscì a portare con sé solo lo 
      stretto necessario racchiuso in un esile fardello, oltre al cestino di 
      mele raccolte frettolosamente tra quelle che il padre aveva disteso a 
      maturare nella paglia sul loro pianerottolo. I frutti lasciati avrebbero 
      invece integrato, già dal giorno dopo la colazione delle truppe di 
      occupazione. Al termine della confisca i senzatetto che numerosi non 
      riuscirono a trovare rifugio presso qualche parente furono costretti a 
      riparare sul Siserno, li avrebbero seguiti molti loro compaesani che, per 
      timore dei tedeschi, avevano abbandonato la propria casa confinandosi così 
      volontariamente per giorni lungo i costoni del monte.  
      Tempo dopo, rientrando in paese, non pochi constateranno a malincuore la 
      violazione di numerose cantine e la sparizione del vino che vi era 
      conservato. 
      La mattina del 25 ottobre 1943 l’intero contingente tedesco venne 
      schierato di fronte al municipio e in tono marziale un anziano 
      sottufficiale lo presentò ad un elegante tenente. Nel salutare, alzando 
      meccanicamente il braccio destro, il sergente mostrò la fascia in panno 
      blu che gli avvolgeva la manica del cappotto, ricamate in bianco una fila 
      di lettere disegnavano la scritta "Hermann Göring".  
      Da quel momento le abitazioni requisite vennero prese ufficialmente in 
      consegna dagli uomini della Dodicesima Batteria di Montagna del Terzo 
      Battaglione di Artiglieria della Divisione “Hermann Göring”. 
      Gli ufficiali invece avrebbero preso alloggio alla Casina formando così un 
      asse naturale che dalla Vigna si spingeva fino alle Fontanelle delimitato 
      al centro dal Comando locale installatosi invece al primo piano di casa 
      Palombo. Appena stabilito il collegamento radio con Frosinone il tenente 
      Weiss, responsabile della Batteria, venne raggiunto dall’ordine immediato 
      di inoltrare alla popolazione le disposizioni già imposte dalla sua 
      Divisione agli altri paesi occupati.  
      L’urgente necessità di trovare un valido interprete fece cadere la scelta 
      su Alfonso Felici che aveva imparato il tedesco lottando insieme 
      all’allora alleato in terra di Russia. Senza mezzi termini fu ordinato al 
      giovane reduce di presentarsi subito da Weiss e, non potendo far altro che 
      ubbidire, Alfonso a lunghi passi si incamminò verso il Comando. Lungo il 
      tragitto, scordandosi per un momento dei militi alle sue spalle, la sua 
      unica preoccupazione fu quella di organizzare una rapida ma corretta 
      presentazione in quel tedesco che sapeva non essere del tutto perfetto. 
      Nonostante il rattoppato abito civile scattando sull’attenti Alfonso 
      salutò militarmente l’ufficiale che non poté fare a meno di notare, anche 
      se appuntata con una spilla da balia, la croce di guerra tedesca meritata 
      sul fronte orientale. 
      L’incontro tra i due fu più breve del dovuto anche perché Alfonso sin da 
      subito fece intendere a Weiss che non aveva nessuna intenzione di divenire 
      suo collaboratore. Anzi l'unico motivo per cui si trovava in quell'ufficio 
      era quello di ottenere, grazie all’onorificenza, un lasciapassare che nel 
      tragico futuro a cui sarebbe andato incontro il paese sarebbe risultato 
      oltremodo utile. Naturalmente l’ausweis non venne concesso e l’ingenuo 
      richiedente liquidato a malo modo con un calcio nel sedere. Appena 
      raggiunta la piazza Alfonso venne letteralmente assalito dai suoi 
      compaesani che impauriti dei recenti avvenimenti chiesero cosa stesse 
      realmente accadendo. Il commento dell’alpino della Julia fu esplicito, le 
      cose in paese sarebbero cambiate e purtroppo in peggio. 
      Lasciò agli amici un triste annuncio, ben presto i tedeschi avrebbero 
      imposto severe regole e tutti, assolutamente tutti, avrebbero dovuto 
      rispettarle.  
      Infatti puntuale il giorno dopo, affisso alla Loggia e al Macchione, 
      apparve il proclama con le disposizioni impartite dal Comandante Superiore 
      Germanico. Riassunte in otto punti essenziali le norme affermavano la più 
      assoluta proibizione a trattenere materiale militare inteso come 
      carburante, armi o radio. 
      Si imponeva inoltre il divieto categorico di manomettere o danneggiare le 
      linee telefoniche tedesche, oltre alla consegna obbligatoria degli 
      automezzi, dei cavalli e dei muli. Per i militari e gli ufficiali italiani 
      c’era invece il dovere perentorio di presentarsi presso l’autorità tedesca 
      anche se i loro reparti, dopo l’otto settembre, erano stati disciolti. Il 
      proclama terminava con l’obbligo a denunciare tutti i prigionieri 
      angloamericani in latitanza, soprattutto dopo l’improvvisa evasione di 
      massa dal presidio tedesco di Frosinone di circa duecento reclusi. 
      Chiunque si fermò in piazza lesse preoccupato i provvedimenti ma tra tutti 
      il più spaventato sembrò essere Cesare Palombo che senza perdere tempo 
      corse a nascondere in campagna la propria autocorriera. 
      Alcune settimane dopo la presentazione del bando l’attività tedesca in 
      paese si intensificò, vennero allestiti infatti due posti di guardia.  
      Il primo era rappresentato da un semplice tavolino posto in via San Pietro 
      nella parte che si allargava naturalmente in piazzetta vicino via Gentile. 
      Piantonando l’area a turno alcuni sottufficiali avrebbero controllato 
      annotandolo su un registro il passaggio dell’ unica ronda che da poco 
      aveva iniziato a sorvegliare i stretti vicoli dell’antico borgo. Un 
      picchetto armato invece prese posto sotto la Loggia dove oltre ad un 
      tavolino simile all’altro e chiaramente requisito come quello esisteva 
      anche una improvvisata cucina da campo dove in un enorme pentolone 
      avrebbero bollito perennemente patate.  
      A pochi passi dalla guarnigione,sempre sotto la volta venne allestita 
      anche un’angusta prigione utilizzando le umide mura di una buia cantina.
       
      Sin da subito la presenza della ronda destò una gioiosa curiosità 
      soprattutto nei bambini che ridacchiando avevano imparato ad anticiparne 
      il passaggio ma il severo e perentorio rimprovero di una delle sentinelle 
      li convinse presto a desistere, tenendosene così per sempre alla larga. Ma 
      la tensione di quei primi giorni di occupazione esplose il 7 novembre 
      quando anche a Villa Santo Stefano venne attuato un imponente 
      rastrellamento destinato al prelevamento forzato di uomini abili per la 
      costruzione di fortificazioni e difese sul fronte di Cassino.  
      A quel provvedimento ne seguì un altro, il 15 dello stesso mese, esteso 
      questa volta anche al resto della provincia, soprattutto dopo la mancata 
      adesione al bando di reclutamento di manodopera del 20 settembre. 
      Inaspettati alle dodici esatte giunsero in piazza i camion con gli uomini 
      della Feldgendarmerie che irrompendo nelle case con brutalità spinsero 
      molti giovani ed anche qualche anziano all’interno dei loro veicoli. Le 
      grida dei primi catturati scatenarono fortunatamente una fuga generale. 
      Chi riuscì a scappare trovò rifugio arrampicandosi sui tetti o rimanendo 
      immerso per ore nel buio delle cisterne collegate spesso tra loro al vasto 
      sistema di grotte e cantine di Vallerea.  
      I più sfortunati invece, quelli che finirono prigionieri, come Luigi e 
      Aldo Anticoli o Eugenio Bonomo vennero condotti a Cassino dove, armati di 
      vanghe e picconi, furono obbligati con estenuanti turni di lavoro alla 
      realizzazione di chilometri di trincee. La notte, esausti, venivano invece 
      rinchiusi in anguste stalle dove al buio si dividevano gli avanzi dei loro 
      carcerieri. Alcuni però, i più temerari, affrontando il pericolo 
      riuscirono addirittura a scappare. Tutti gli altri, più magri di prima, 
      furono invece accompagnati alcune settimane dopo in paese dagli stessi 
      tedeschi di ritorno ad Amaseno. Durante il primo rastrellamento fu 
      arrestato Aldino, il nipote di Sor Costino e della maestra Mugeo, che 
      abbandonata l’uniforme italiana era venuto a chiedere asilo agli zii di 
      Villa Santo Stefano.  
      Ma gli abiti dismessi dono di una generosa famiglia contadina e lo stato 
      indigente insospettirono da subito i tedeschi che lo trascinarono via in 
      manette.  
      Miracolosamente invece, sebbene inseguiti, riuscirono a far perdere le 
      loro tracce calandosi oltre il fossato insieme a Primo Toppetta i cugini 
      Tambucci, Renato e Alfiero. Renato se catturato avrebbe rischiato molto 
      più dei suoi compagni perché, fedele ai suoi ideali, come ufficiale del 
      Regio Esercito non aveva aderito a suo tempo alla richiesta di richiamo 
      alle armi imposta dal Generale Graziani. Con il tempo le esigenze militari 
      della unità di artiglieria della Göring aumentarono per cui oltre ai 
      locali già requisiti se ne aggiunsero altri situati oltre che sull’asse 
      alto del paese anche nelle sue immediate vicinanze.  
      Alla fine il totale degli edifici occupati dai tedeschi era cosi compreso: 
       
      La Scuola in via Roma, con tutti i suoi arredi e attigua la casa di Primo 
      Toppetta.  
       
      L’Asilo in piazza Umberto I, destinato a spaccio di generi di conforto per 
      i militari. (Le Suore del Preziosissimo Sangue e la loro madre superiora, 
      suor Maria Alfano che fino ad allora vi avevano alloggiato vennero invece 
      rilegate in un’ unica misera stanza al pianterreno)  
       
      La Farmacia Bolognini in piazza Umberto I, civico 21.  
       
      Casa Biasini in via S. Antonio, civico 5.  
       
      La Chiesa di S. Sebastiano, trasformata in teatro per manifestazioni 
      ludiche destinate alle truppe.  
       
      Le Case Nuove destinate ad alloggio per gli uomini della Dodicesima 
      Batteria, la Casina per gli ufficiali e casa Palombo a Santomarco per il 
      Comando Locale. 
       
      L’area delle Fontanelle infine venne predisposta sia a poligono per le 
      esercitazioni con il Mauser k 98 che ad officina per meccanici e mezzi. 
       
      Anche Primo Toppetta, al tempo adolescente, sebbene di malavoglia dovette 
      cedere alla fine anche la sua stanza a quei soldati che già in possesso di 
      tutto il resto della casa costringevano la sua famiglia ad abitare due 
      uniche stanze.  
      La presenza continua di quegli intrusi impediva inoltre al giovane di 
      muoversi liberamente come fino ad allora aveva fatto. Ormai padroni quasi 
      dell’intero l’edificio avevano issato vicino al cancello di entrata un 
      palo con inchiodati diversi cartelli indicanti le direzioni per 
      raggiungere le varie unità della Divisione distribuite nelle vicinanze. Si 
      trattava di simboli convenzionali o di sigle comprensibili solo ai 
      tedeschi, ma Primo imparò che tutte quelle formate da un cerchio con un 
      trattino disposto in posizioni diverse, come le manopole delle rare 
      macchine del gas allora presenti in paese, erano quelle della Hermann 
      Göring. Irritante per lui divenne anche la sveglia all’alba dei tedeschi 
      che incuranti del clima gelido di quell’autunno del 1943 si lavavano a 
      dorso nudo nel fontanile del cortile di casa, riducendo drasticamente così 
      le sue ore di sonno.  
      Nonostante tutto però si rendeva conto di essere testimone particolare di 
      una straordinaria realtà che indelebile sarebbe rimasta impressa nella sua 
      memoria. La completa dislocazione della dodicesima Batteria prevedeva 
      anche alcuni distaccamenti fuori del paese. Esisteva infatti una 
      postazione armata in località Cercia Maiella, un enorme pianoro circondato 
      da querce secolari che le davano il nome e luogo preferito da Don Amasio 
      per le estenuanti partite a pallone dei suoi ragazzi. Tempo addietro vi 
      erano stati collocati quattro carri italiani Ansaldo CV 33 che avevano 
      partecipato alla guerra del 1935 in Etiopia e di quel deserto conservavano 
      ancora la colorazione.  
      Gelsomina, la proprietaria dell’unico albergo di Villa Santo Stefano, 
      forse era la sola che ricordasse l’esatta data di arrivo di quelle scatole 
      di sardine e dei carristi che le avevano pilotate. 
      Pochi giorni addietro infatti si lamentava ancora con il segretario per il 
      mancato pagamento di alcune stanze affittate dal Comune per quei soldati 
      del Trentaduesimo Regio Reggimento di Verona. Gli Ansaldo erano giunti con 
      la ferrovia fino a Ceccano, poi caricati su enormi autocarri lentamente, 
      molto lentamente, erano sfilati per l’ultima volta nella via principale di 
      Villa Santo Stefano prima di essere abbandonati definitivamente sul verde 
      prato a ridosso di Colle Strambo. Indisturbati riposarono tra l’erba 
      medica fino a fine conflitto quando lentamente scomparvero del tutto dopo 
      aver perso ognuno dei loro pezzi.  
      Tuttavia prima che svanissero completamente i tedeschi con una pesante 
      vernice nera avevano impresso sulle loro fiancate alcuni simboli 
      divisionali sperando così che se osservati dall’alto si confondessero con 
      dei combattivi carri Tigre.  
      Il nucleo distaccato comprendeva anche il ricovero celato da enormi reti 
      mimetiche per numerosi altri mezzi sicuramente più efficienti dei quattro 
      pesanti rottami. L’altra importante postazione si trovava invece poco più 
      in basso, alle Mole. Qui, nel cuore della valle, era stato costituito un 
      delicato punto di raccordo tra le diverse unità presenti lungo il corso 
      dell’ Amaseno. 
      Ad orari costanti vi convergevano infatti pattuglie motorizzate che in 
      questo crocevia ricevevano gli ordini trasmessi dal Comando di Divisione 
      per le diverse Gendarmerie di zona. Oltre agli attendamenti della 
      guarnigione vicino al fiume c’erano anche la casa colonica con annesso 
      magazzino edile di Torindo Biasini e quella del mugnaio Sarandrea. I 
      locali, entrambi requisiti, vennero destinati ad alloggio ufficiali e 
      truppa per tutto il resto conflitto. 
      C'e' da notare che, nonostante gli inquilini imprevisti, i Sarandrea 
      poterono continuare comunque la loro attività anzi la presenza degli 
      uomini della Göring nei loro confronti rimase sempre discreta e cordiale 
      tantoché il giovane Alfonso Zuffranieri che bazzicava il mulino spesso fu 
      invitato a dividere il rancio con loro. 
      Per disposizione del generale Kesserling la divisione Göring era stata 
      incaricata anche del controllo aereo della valle e ad assolverne il 
      compito fu impegnata la sua unità Flak. Così alcune postazioni contraeree 
      furono attivate sul Siserno e al Monticello anche se periodicamente 
      variavano la loro disposizione per non favorirne l’individuazione da parte 
      degli aerei nemici. 
      Una domenica di novembre il tenente Weiss alzandosi di buon mattino invece 
      di recarsi al Comando come faceva abitualmente preferì rimanere alla 
      Casina dove consumò la colazione insieme ai suoi sottoposti. Sebbene la 
      circostanza fosse informale ne approfittò per illustrare i primi 
      provvedimenti da attuare in paese, riguardanti proprio la difesa aerea. 
      L’argomento era stato discusso la sera precedente con le autorità civili 
      che avevano cercato di spiegare all’ufficiale tutti gli interventi fino ad 
      allora eseguiti per conto della Prefettura di Frosinone.  
      Ma nonostante la buona volontà dei santostefanesi il tedesco giudicò 
      l’intero sistema terribilmente insufficiente. In effetti il ricovero 
      antiaereo scavato a lato della piazza era da tempo inutilizzabile dopo che 
      le prime piogge autunnali lo avevano completamente sommerso. Ne sapeva 
      qualcosa l’incauto soldato tedesco che durante l’ultima esercitazione, 
      punito da un superiore, era stato costretto a strisciare in quella pozza 
      fino a prosciugarla del tutto.  
      L’applicazione del coprifuoco dopo le sette di sera invece non era stata 
      mai considerato dalla popolazione un reale provvedimento perché 
      rispecchiava perfettamente la morale comune che considerava un poco di 
      buono chi circolava dopo quell’ora tra i bui vicoli del paese. Luce 
      elettrica da celare in paese inoltre ce n’era ben poca per cui alla fine 
      l’intervento contro le incursioni alleate più significativo fu l’acquisto 
      il 22 aprile 1943 come da disposizione del Prefetto Paternò di ben nove 
      maschere protettive presso la ditta ”Romana Servizio Antigas” di via delle 
      Tre Cannelle destinate al personale comunale. 
      Conscio della precaria situazione, con la calma e la misura tipiche dell’ 
      ufficiale di artiglieria, Weiss iniziò ad illustrare ai suoi ufficiali le 
      opere considerate da lui più urgenti. Il suo progetto prevedeva 
      l’immediata costruzione di profondi ricoveri facilmente raggiungibili 
      dietro le Case Nuove oltre al ripristino della copertura della buca in 
      piazza. Nei giorni seguenti, inoltre, da Frosinone sarebbe giunta, 
      rafforzando così il dispositivo contraereo, una mitragliatrice quadrilinea 
      dal movimento complesso che celata da fronde e rami si sarebbe aggirata 
      nell’ area tra il Monticello e le Mole.  
      La condotta di Weiss rifletteva integralmente la ferrea politica di 
      controllo che la sua Divisione aveva operato nel basso frusinate sin da 
      quel 20 ottobre quando tre dei suoi ufficiali avevano incontrato in paese 
      le autorità locali. Gli stessi graduati erano stati precedentemente anche 
      a Giuliano di Roma dove avevano preteso dal podestà Gaetano Anticoli Borza 
      alloggio per dieci ufficiali e quattrocento uomini di truppa.  
      Il 6 novembre puntualmente come promesso i tedeschi raggiunsero il paese 
      insediandosi con le prime duecento unità nelle aule della scuola materna, 
      nei locali del municipio e nella caserma dei Reali Carabinieri. Weiss 
      invece era giunto a Villa Santo Stefano con la sua Dodicesima Batteria 
      intorno al 25 ottobre e due giorni dopo il 27, senza la collaborazione di 
      Alfonso Felici, aveva già annunciato il suo primo provvedimento, la 
      registrazione delle targhe di tutte le autovetture.  
      Il 9 novembre invece, mentre i santostefanesi subivano le prime cinque 
      requisizioni di bestiame, a Giuliano di Roma giungeva a notte fonda il 
      resto del contingente tedesco che, dopo aver sfondato le porte del 
      Santuario della Madonna della Speranza, prendeva possesso di tutto il 
      primo piano per la truppa e dei sotterranei per il ricovero di cavalli e 
      muli. Questi uomini il 17 novembre attueranno un imponente rastrellamento 
      sul Siserno che porterà all’arresto di ventinove presunti partigiani 
      rilasciati in seguito grazie all’intervento di Don Giuseppe Sperduti e 
      dello stesso podestà. Il clima a Villa Santo Stefano non sarà diverso, il 
      10 dicembre verranno infatti applicate le norme per il controllo e la 
      disciplina dei cittadini soprattutto dopo la mancata consegna al Comando 
      tedesco di armi e munizioni compensato in qualche modo, lo stesso giorno 
      per gli occupanti dal mobilio requisito alle scuole elementari.  
      A dicembre la divisione Göring aumenterà considerevolmente la sua presenza 
      nella valle dell’Amaseno, il giorno 12 infatti comandati dal Capitano 
      Rudolf Heger arriveranno trecento soldati, quasi tutti di origine 
      austriaca, che con i loro pezzi di artiglieria trainati da cavalli e muli 
      si stabiliranno alla Badia di Ceccano,il terreno circostante 
      immediatamente presidiato sarà protetto da quattro mortai mimetizzati tra 
      la vegetazione. Per la felicità dei fratelli Palombo invece il 21 dicembre 
      verranno requisiti anche gli ultimi pneumatici presenti nella zona dopo 
      che il 14 era stata resa obbligatoria la schermatura dei fari di tutti gli 
      automezzi. 
      L’occupazione dell’area intorno al Siserno si concluderà con l’arrivo del 
      Capitano Lubke a Castro dei Volsci dopo che ad Amaseno era stato allestito 
      l’ospedale da campo divisionale diretto dal Capitano medico Rader 
      coadiuvato dal Tenente Lipold comandante dell’ unità militare.  
      A Villa Santo Stefano invece l’otto dicembre, giorno dell’Immacolata, la 
      Batteria di Weiss era stata completata, l’arrivo ingombrante degli ultimi 
      pezzi di artiglieria completi di traini e cavalli aveva reso addirittura 
      impossibile a chiunque per tutto il giorno il movimento lungo la piazza. 
      E’ importante notare come la struttura sanitaria del Capitano Rader 
      installata nella scuola in via Madonna delle Grazie fosse qualitativamente 
      superiore a tutte le altre medicherie della zona. 
      Infatti dopo il bombardamento di Frosinone dell’8 dicembre 1943 anche Don 
      Luigi Minotti, nonostante la distanza, con un’autoambulanza tedesca aveva 
      preferito trasferirvi un giovane sfollato romano, Paolo Abbondi, che per 
      le numerose ferite da scheggia, nonostante le preghiere del sacerdote e il 
      prodigarsi dei chirurghi si spegnerà la mattina seguente.  
       
       
      LA DIVISIONE HERMANN GÖRING 
       
      Con il rientro delle sue ultime unità reduci dai campi di battaglia della 
      Tunisia, la Divisione Hermann Göring o meglio ciò che ne rimaneva, nel 
      giugno 1943 venne ricostituita a Santa Maria Capua Vetere, giusto in tempo 
      per fronteggiare a fine mese le forze alleate sbarcate in Sicilia. 
      Sull’isola la Göring ritornata Panzerdivision è assegnata sotto il comando 
      del generale Paul Conrath al settore di operazioni del XIV Panzercorp 
      intorno all’ area di Caltagirone. L’11 luglio ostacolati numerosi sbarchi 
      alleati nell’area di Gela, la Divisione rimarrà impegnata ancora sul 
      fronte siciliano combattendo nei pressi dell’aeroporto di Gerbini. Il 17 
      agosto le sue ultime unità lasceranno l’ isola dopo essersi 
      coraggiosamente difese dalle pendici orientali dell’Etna fino al Canale di 
      Sicilia.  
      Nel settembre 1943 sempre agli ordine della XIV Panzerkorps la Göring 
      combatterà sul fronte di Salerno impegnandosi fino a novembre in azioni di 
      retroguardia sui fiumi Volturno e Garigliano. A seguito dei sanguinosi 
      combattimenti nell’area di Capua verrà ritirata sulla linea “Barbara" 
      vicino Teano prima e sulla linea “Bernhard” nell’ area di Venafro 
      successivamente. A fine novembre 1943 quasi del tutto decimata la Hermann 
      Göring viene posta a riposo nell’area di Frosinone. fortemente 
      riconsolidata è portata al massimo del suo organico con 21000 effettivi e 
      con un imponente numero di mezzi corazzati ancora disponibili.  
      A fine gennaio 1944 il periodo di relativo riposo termina con la 
      controffensiva americana nell’area di Anzio, dove la Göring come 
      Fallschirm-Panzer Division rientrerà in combattimento intorno alle aree di 
      Cisterna, Borgo Montello, Borgo Piave e Isola Bella. A fine marzo, la 
      Divisione, di nuovo fortemente ridotta, agli ordini del generale Wilhelm 
      Schmalz è ritirata in Toscana tra Lucca e Pisa giusto per prendere fiato 
      prima di raggiungere di nuovo il fronte a sud di Velletri, protagonista 
      dei cruenti combattimenti di fine marzo lungo la Casilina tra i paesi di 
      Artena, Valmontone, Lariano e Colleferro. 
      Particolare rilievo assunsero per la loro presenza a Villa Santo Stefano i 
      reggimenti Flak e quello di Artiglieria. 
       
      Il Reggimento Flak della Hermann Göring al comando dell’ Oberst Friedrich 
      Meyer fu riformato in Italia tra il maggio e il giugno 1943 tra i 
      rimanenti del Flak Regiment General Göring e il Flak Abteilung 211. 
      Successivamente la nuova unità sarà integrata anche con le superstiti 
      ultime quattordici batterie del Flak Regiment 49 formato in Germania a 
      Mannheim nell’agosto del 1939 ma poi completamente distrutto a 
      Stalingrado. 
      La presenza del Flak Regiment nel frusinate è documentata la prima volta 
      il 21 ottobre 1943 a Cassino poi dal gennaio 1944 le sue squadre saranno 
      attive anche ad Aquino, Arce, Castrocielo e Piedimonte. 
       
      Il Reggimento di Artiglieria invece comandato dal Oberst Hans Oehring fu 
      formato a Santa Maria Capua Vetere con l’annessione di alcune unità del 
      Terzo Reggimento Flak. Assunta la nuova denominazione di Panzer Artillerie 
      Regiment nell’ottobre del 1943 il reparto sarà dislocato lungo i paesi 
      alle pendici del Siserno distribuendosi nei comuni di Ceccano, Giuliano di 
      Roma, Villa Santo Stefano, Amaseno e Castro dei Volsci. 
       
      In paese gli uomini della Hermann Göring erano facilmente riconoscibili 
      oltre che per la classica fascia cucita sulla manica destra anche per 
      l’inconfondibile colore delle loro uniformi. Le divise rimaste nella 
      memoria degli anziani di Villa Santo Stefano erano così ricordate “…. 
      Tinivano la uniforme accome la carta pè chiuda gli zuccher …” ovvero 
      celeste. Invece i loro camerati sui mezzi corazzati incutevano molta più 
      paura come quel giorno quando di colpo apparvero a Guglielmina che, 
      disubbidendo alla nonna Flavia, si era recata da sola in piazza. 
      Sbucarono dal nulla su una kubelwagen verde striata di nero con le 
      uniformi color notte su cui spiccavano rilucenti una coppia di piccoli 
      teschi ricamati lungo il bavero. Gli uomini della Feldgendarmerie e i 
      carristi della Göring furono spesso scambiati per i crudeli uomini delle 
      SS, in realtà e grazie a Dio queste fanatiche unità non furono mai 
      presenti in terra di Ciociaria. 
      Tuttavia gli uomini della Göring non eccelsero mai completamente in 
      benevolenza nei confronti della popolazione locale, anzi una lunga serie 
      di atti di violenza contro civili, culminati in omicidi e stragi 
      caratterizzarono il loro passaggio attraverso l'Italia. Ad iniziare dalle 
      efferate stragi del settembre 1943 in Sicilia seguite poi dai numerosi 
      eccidi nel Campano e successivamente nell’Appennino Tosco-Emiliano. E’ in 
      questo clima di violenza che tristemente maturerà l’omicidio Olivieri. 
      Durante il cosiddetto periodo di riposo la Divisione Göring fu presente 
      dalla fine dell’ottobre del 1943 fino alla fine del gennaio 1944 nei 
      seguenti paesi: Aquino, Ceccano, Ceprano, Cervaro, Pontecorvo, Arce, 
      Strangolagalli, Priverno, Roccasecca, San Giovanni, Falvaterra, Amaseno, 
      Giuliano Di Roma, Villa Santo Stefano, Cassino, Castrocielo, Piedimonte, 
      Veroli, Castro Dei Volsci, Castelforte, Arce, Arnara, Patrica, Alatri, 
      Prossedi, Pofi, Pico e Isola Liri.  
 
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