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       1  PRESAGI DI GUERRA  
       
       
      La notizia era di quelle grosse da far radunare alla Loggia un gran numero 
      di persone per cui andava raccontata per bene, senza fretta, soffermandosi 
      con dovizia su ogni particolare. Era questo che Domenico pensava tra sé, 
      arricciandosi i baffi, quella mattina mentre con il suo calesse lasciata 
      Giuliano di Roma si stava avvicinando a Villa Santo Stefano. Il racconto 
      era la sua unica preoccupazione e lasciava al suo asino che conosceva ogni 
      sasso di quella bianca strada il compito di arrivare alle prime case delle 
      Fontanelle.  
      Il carrettiere fissando il dorso dell’animale, martoriato dalle mosche, si 
      convinse che alla fine avrebbe prevalso la sua naturale abilità nel 
      parlare e dalla narrazione di quel professorone di Ceccano che aveva 
      accompagnato fino alla Palombara avrebbe rubato solo pochi termini, quelli 
      di sicuro effetto, del resto l’arrivo dei tedeschi a Frosinone non era 
      cosa da tutti i giorni. Ma giunti alla curva di San Martino l’improvvisa 
      tromba di un clacson fece sobbalzare il ceccanese, che costretto a farsi 
      da parte, rovinò insieme all’asino contro un albero ai bordi della strada. 
      Sfiorandoli solo di un palmo sfrecciò accanto a loro immersa in una nube 
      di polvere una elegante auto targata Napoli che, veloce come il vento, si 
      dirigeva verso Villa Santo Stefano.  
      Non appena il bolide sparì dietro la curva, lentamente la candida coltre 
      che lo aveva avvolto iniziò a dissolversi e così anche i sogni di 
      messaggero di Domenico Carlini. In paese intanto sotto l’enorme fascio 
      littorio della torre del municipio le autorità locali aspettavano nervosi 
      l’arrivo dei funzionari germanici annunciati qualche giorno prima dal 
      telegrafo di via San Pietro.  
      Per nulla impaziente sembrava invece Luigi Bonomo preso a riflettere su 
      quella visita che era sicuro avrebbe cambiato radicalmente la vita del 
      paese ed in fondo anche la sua. Ma la brusca frenata dell’auto che aveva 
      quasi investito Domenico lo riportò alla realtà. Dopo una frettolosa e 
      quanto mai banale presentazione un interprete italiano rivolgendosi al 
      podestà spiegò brevemente il motivo della presenza dei tre ufficiali 
      tedeschi. Era imminente l’arrivo di un cospicuo contingente tedesco per 
      cui alcune delle case in paese dovevano essere inevitabilmente requisite.
       
      Tra i locali destinati ad ospitare i militari era stato notato il 
      fabbricato posto esattamente alle loro spalle, le Case Nuove. L’essenziale 
      struttura razionalista dell’ edificio sarebbe stata infatti perfetta per 
      le esigenze della Wehrmacht.  
      Entrando in paese inoltre i graduati avevano individuato anche due grandi 
      ville che avrebbero destinato ad Alloggio Ufficiali e Comando di Zona.  
      Assolto l’ incarico uno dei graduati, appoggiandosi sul cofano ancora 
      caldo della macchina, annotò sulla pagina corrispondente al “ Ort Villa 
      Santo Stefano” il nome delle abitazioni prescelte : “Case Nuove, casa 
      Palombo” ed infine aiutato dal segretario comunale “la Casina”. Solo dopo 
      aver incappucciato la stilografica e riposto il fascicolo nell’elegante 
      cartella in pelle, salutò militarmente il podestà per poi raggiungere 
      senza perdere altro tempo i suoi camerati all’interno della elegante 
      macchina sportiva. Mantenendo i suoi modi marziali, buoni solo a 
      compiacere gli ufficiali tedeschi, intanto l’interprete da uno spiraglio 
      del finestrino chiese quale fosse la strada più comoda per raggiungere 
      Amaseno, prossima destinazione della loro infelice missione.  
      Luigi Bonomo vedendoli allontanarsi si accese una sigaretta fece qualche 
      passo e pensieroso si appoggiò alla ringhiera che si affacciava su via S. 
      Sebastiano. Proprio in quel momento dal Palazzo del Marchese uscì 
      indaffarata Margherita Anticoli, la madre di Gaspare, il podestà la salutò 
      e seguendola con lo sguardo mentre si allontanava ricordò che a Villa 
      Santo Stefano la guerra era arrivata molto tempo prima di quel 20 ottobre 
      1943. 
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