Uno degli scopi dichiarati e principali del nostro sito è contribuire alla conoscenza di Villa Santo Stefano, sotto tutti i suoi svariati e molteplici volti. In particolar modo quelli relativi alla sua storia ed alle sue tradizioni e quindi all’arte ed alla cultura. Anche per proporre ai visitatori, che sempre più spesso giungono da noi, molteplici aspetti da vedere ed apprezzare. Per questo motivo , come abbiamo già presentato una raccolta fotografica degli archi e chiavi di volta, delle cone, delle fontane perdute, dei resti romani e di tanti altri elementi curiosi ed interessanti elementi, esponiamo una sorta di album fotografico dei diversi esemplari del simbolo della Triplice Cinta che sono stati rintracciati negli ultimi anni. Il tutto arricchito da un testo inedito di Giancarlo Pavat.

 

PASSEGGIANDO PER IL CENTRO STORICO DI VILLA SANTO STEFANO

 ALLA RICERCA DELLE TRIPLICI CINTE

di Giancarlo Pavat

Perché non approfittare delle belle serate primaverili ed estive, e dopo cena, farsi una bella passeggiata per il centro storico di Villa Santo Stefano. Pur non possedendo monumenti di particolare importanza, Villa Santo Stefano, vanta un borgo medievale piuttosto intatto, capace di creare, con le sue viuzze, scalinate, piazzette, logge, arcate, una atmosfera tutta particolare, d'altri tempi. E, comunque, ci sono molti spunti degni di attenzione e curiosi, elementi architettonici, scorci urbanistici, vecchie chiese incompiute, edicole votive.

Notevole rilievo, anche grazie all'interesse suscitato da recenti pubblicazioni e da fatti di cronaca, riveste il simbolo della Triplice Cinta. Quello che desidero suggerire è un itinerario alla scoperta di questa ed altre enigmatiche figure allegoriche, che si possono individuare, qua e là, su antichi portoni, scalinate, blocchi di pietra.

Il disegno geometrico della Triplice Cinta è formato da tre quadrati concentrici, con quattro segmenti che congiungono i punti mediani dei lati. In alcuni esemplari esistono altri segmenti diagonali che uniscono gli angoli dei quadrati.

Il lettore attento avrà riconosciuto in questa descrizione, la plancia, detta impropriamente "scacchiera" del gioco del "Filetto" o "Tria" o "Tris". Ma anche come "Mulino", "Mulinello", ed infine "Smerello", dal latino merellus, pedina. Nelle nazioni di lingua tedesca lo chiamato Mùhle, come la Mùhlebrett (letteralmente "tavola da mulino) di Bressanone. In Inghilterra è noto come Morris, Mill, Merels o "Tic Tac Toc". Per i francesi è il gioco del Mérelles; Morels in Spagna e Mølle in Norvegia.

Ma quello ludico è soltanto l'ultimo utilizzo dello schema della Triplice Cinta. Non è certamente questo il luogo per dissertare sul significato di questo "signum", il cui archetipo, secondo molti studiosi ed anche a modesto parere di chi scrive, è da individuare nell'arcaico simbolo del "labirinto". Per saperne di più, rimandiamo a libri come "Valcento. Gli Ordini Monastico-cavallereschi nel Lazio meridionale", Edizioni Belvedere di Latina, o a siti web come www.duepassinelmistero.com e www.angolohermes.com.

Basti ricordare che si tratta di una simbologia anch'essa antica come la storia dell'Uomo. Visto che si rintraccia, anche se con nomi diversi, presso siti preistorici, celtici, romani, medioevali. Sulle grandi basiliche della Cristianità, come San Giovanni Laterano o San Paolo fuori le mura a Roma. Utilizzato dai grandi Ordini Monastici e cavallereschi. Come i Cistercensi, i Templari e gli Antoniani. Rimanda alle culture ed alle religioni dell'Asia Centrale, alla descrizione di Atlantide fatta dal filosofo greco Platone, a quella del Tempio di Salomone a Gerusalemme contenuta nella Bibbia. Una Triplice Cinta si trova persino sulle lastre, secondo la tradizione provenienti da Gerusalemme, che formano il trono di Carlo Magno ad Aquisgrana in Germania.

Restando dalle nostre parti, segnaliamo due Triplici Cinte molto particolari. La prima si trova sul sagrato della Chiesa di Santa Maria della Libera (XII secolo) nell’area archeologica di Arpinum, forse realizzata, assieme a molte altre, dai Romani, che le chiamavano "Tabule lusoriae". Visto che la chiesa sorge sulle rovine del Tempio di Ercole Liberatore. All'interno dello schema della Triplice Cinta è visibile il simbolo del numero otto posto orizzontalmente. Che oggi si utilizza per indicare l'Infinito. L'altra è quella incisa su un lastrone di pietra del pavimento della navata della chiesa medioevale di Sant’Antonio Abate (XIII-XV secolo) a Priverno. Sede dell'Ordine degli Antoniani. Si tratta dell'unico esemplare al momento noto che si trova all'interno di una chiesa ed al centro della stessa Triplice Cinta è intagliata una Croce.

Forse anche a Villa Santo Stefano possedevamo una Triplice Cinta all'interno di una chiesa. Stiamo parlando di quella rinvenuta lo scorso anno tra i ruderi di San Giovanni in Silvamatrice, scolpita su un blocco di tufo, ma che non vedremo mai più, in quanto è stata trafugata assieme ad altri reperti, lo scorso aprile.

Triplice Cinta rinvenuta tra i ruderi di San Giovanni in Silvamatrice

E' probabile che quella di San Giovanni in Silvamatrice fosse l'archetipo di tutte le altre poi realizzate nel corso dei secoli a Villa Santo Stefano, e quasi certamente utilizzate per il gioco del "Filetto". Alcune delle quali, fortunatamente, ancora perfettamente visibili. Per la gioia degli studiosi e degli appassionati ricercatori. Oltre che per la curiosità dei santostefanesi e dei turisti. Compresa quella scomparsa a San Giovanni in Silvamatrice, ne abbiamo contate otto o nove. Le prime tre (o quattro, una è talmente consunta che è di difficile decifrazione) si notano sul lungo sedile in pietra "Sotto la Loggia" a fianco della Torre di Re Metabo (XIV secolo).

Le triplici cinte "Sotto la Loggia"

La posizione orizzontale, in un luogo coperto in cui un tempo si svolgeva la vita quotidiana, come appunto la "Loggia", lascia supporre che siano state realizzate per scopi ludici. Stesso discorso vale per la Triplice Cinta incisa sopra un grande blocco in pietra sotto un porticato in via della Portella, nella parte bassa del borgo medioevale e per quella visibile su di un gradino delle scale interne dell’edificio privato noto come "Palazzo Marchese" segnalataci da Pino Leo.

Triplice cinta su blocco di pietra in via della Portella

Scala interna del Palazzo del Marchese

Eventualità che sembra non reggere nel caso della Triplice Cinta individuata sulla soglia dell’ingresso di un edificio indicato con il numero civico 23 di via San Pietro. Proprio alle spalle della Parrocchiale di Santa Maria Assunta in Cielo e non lontano dalla "Croce Potenziata" e da quella "greca", scolpite su strutture basamentali medioevali, di cui parleremo in altra sede.

via S. Pietro, 24 via Santa Maria

Anche questa Triplice Cinta si trova, come le precedenti, sistemata orizzontalmente. Ma, come fattoci notare dalla dottoressa Alessandra Leo, storica dell'Arte e consigliere comunale con delega alla cultura, e dall'archeologo Italo Biddittu, l'attenta osservazione del blocco calcareo, lo individua come materiale di reimpiego. La presenza di una "croce latina" sembra indicare che un tempo fosse posto verticalmente. Quindi, anche la Triplice Cinta si trovava nelle medesima posizione.

Infine, ci è stata segnalata una incisione molto consumata, che si intravede su un concio di pietra che forma lo stipite di un portale in via Santa Maria. Ha tutta l'aria di essere un'altro esemplare di Triplice Cinta.

Rimane quindi il mistero sul motivo che spinse gli ignoti artefici a realizzare tutte queste Triplici Cinte. Semplice reticolo di gioco, simbolo apotropaico o qualcosa di più?

Forse la risposta è più semplice di quello che si pensa o, forse, Villa Santo Stefano nasconde chissà quale segreto noto soltanto a pochi iniziati vissuti tanti secoli fa.

Noi ci fermiamo (per ora) qui. Tocca ai vari "Indiana Jones" locali e non soltanto locali. La "Cerca" è appena cominciata.

 

up. 4 giugno 2008

www.villasantostefano.com

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