Villa Santo Stefano ricorda...

C’era una volta… Pasqua

di Giovanni Bonomo e Pino Leo

C’era una volta Pasqua. Quest’anno la Pasqua viene "bassa". Non sappiamo per chi ci legge, ma per noi il significato della Pasqua alta o bassa, è stato oscuro fino a quando non ci siamo documentati per la stesura di questo articolo. Vogliamo quindi rendervi partecipi di questa nostra piccola ricerca.

Nei primi secoli dell’era cristiana la Pasqua veniva osservata in modo diverse nelle varie regioni. Nel 325 dopo Cristo, nel Concilio di Nicea, in Bitinia, convocato da Costantino il Grande, tra le altre decisioni, venne stabilita la regola che "Tutte le Chiese celebreranno la Pasqua nella domenica che segue il plenilunio successivo all’equinozio di primavera". Nello stesso Concilio, gli astronomi Alessandrini, stabilirono che, nella regola della Pasqua, per equinozio di primavera si dovesse intendere il 21 marzo e per il plenilunio, (luna piena) la luna che segue di 14 giorni la luna nuova. Pertanto per semplificare, si dice "bassa" quando la domenica di Pasqua segue di pochi giorni l’equinozio di primavera (21 marzo) ed "alta", quando sono trascorsi più giorni da questa data.

Don Amasio benedice casa Cimaroli

Speriamo di essere stati chiari comunque, il periodo pasquale, inizia con la Settimana Santa, dopo i quaranta giorni della Quaresima che va da Mercoledì delle Sacre Ceneri (giorno dopo Carnevale) fino alla Domenica delle Palme.

Il primo rito è quello del mercoledì delle Ceneri. Di buon mattino, ci recavamo in chiesa per ricevere le Ceneri che il sacerdote somministrava sulla testa con un segno di croce, tenendo tra l’indice ed il pollice una piccola quantità di cenere, borbottando una formula in latino a noi allora sconosciuta. Non crediamo di fare una grossa scoperta, nel rivelarvi che le parole da noi comprese solo dopo lo studio del latino erano: "Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem revertis", (Ricordati, uomo, che polvere sei e polvere ritornerai).

In quanto alla cenere, ci sembra di ricordare che questa provenisse dai ramoscelli di ulivo benedetti e bruciati nella Domenica delle Palme dell’anno precedente.

La Quaresima iniziava puntualmente, per la maggior parte dei fedeli, con i migliori "propositi". C’era chi si proponeva di non bestemmiare, chi di astenersi da alcuni cibi o dall’alcool, chi di astenersi…….; "i’ pr’pos’t’" più comune, era quello di smettere di fumare. Non sappiamo quante persone mantenessero le "promesse", sappiamo con certezza che, coloro che vi riuscivano, diventavano con il passare dei giorni, sempre più nervosi e irascibili. Aspettavano la Pasqua non solo, come Domenica di Resurrezione, ma anche come "liberazione dai vincoli" e di "compensazione ai sacrifici" fatti nei quaranta giorni precedenti. Tra le mortificazioni più serie ormai in disuso, vogliamo ricordare "i’ trapass’" che consisteva nell’astinenza di cibo e di acqua per tre giorni: Giovedì, Venerdì e Sabato Santo.

Molte liturgie che si svolgevano durante la Quaresima, sono state man mano modificate e, di alcune, con il tempo se ne è persa la memoria.

Tradizionalmente le quattro domeniche precedenti la Pasqua sono dedicate a momenti liturgici particolari che hanno in comune la lettera "P" come iniziale: Purgatorio, Passione, Palme e Pasqua. Nella quarta di Quaresima, dedicata al Purgatorio, si ricordano le Anime Sante e per queste, durante la messa, avviene una raccolta di offerte.

Fino a qualche anno fa, alla raccolta provvedevano due uomini incappucciati e vestiti con lunghe tonache nere. L’abbigliamento lugubre di queste persone "i’ babbalòtt’", che rincontreremo nella processione del Venerdì Santo, suscitava in noi bambini un senso di angoscia.

La quinta Domenica di Quaresima, è dedicata alla Passione. La settimana successiva inizia in chiesa con una funzione religiosa, durante la quale il parroco, con drappi violacei, copre tutte le Croci e le immagini sei Santi, a significare il periodo di tristezza e di mestizia che la Chiesa si appresta a vivere in ricordo del sacrificio di nostro Signore. Negli anni precedenti, costante era la presenza di due predicatori che con i loro sermoni, esercizi spirituali e le confessioni preparavano i fedeli ai riti della Settimana Santa. Questa preparazione terminava con il Precetto Pasquale degli alunni delle scuole, con la comunione generale di tutti gli uomini il sabato e delle donne la mattina della Domenica delle Palme. In questa domenica, che ricorda l’entrata di Gesù in Gerusalemme, vengono benedetti i rami di ulivo, ma non avviene più, come un tempo, la benedizione di oggetti sacri, che le famiglie tenevano in casa, durante una funzione religiosa che si svolgeva nel pomeriggio.

I riti della Settimana Santa si concentravano in tre giorni anche se, già dal lunedì, in casa iniziava la preparazione dei tradizionali dolci pasquali, anche questi oggi sostituiti da quelli commerciali della grande industria. Ricordate i profumi diffusi tra i vicoli e sprigionati dalle calde "ciammèll’ scott’lat’ o scir’ppat’ ", da " ciamm’llun’ " da "pizz’turch’ e crescit’ "? Come è stato possibile dimenticare "‘a p’pazza" e "i’ crapi’" ?

Non c’è "colomba" della miglior marca che li possa sostituire!!

Per noi ragazzi, era giunto il momento di provvederci di "raganèll’" e di "tric trac", strumenti di legno, necessari per sostituire i suoni delle campane "attaccat’" al mattino del Giovedì Santo.

Ricca è l’aneddotica di questi strumenti che, destinati esclusivamente all’annuncio delle funzioni religiose, venivano viceversa utilizzati per divertimento a seconda della forma e del suono che producevano. Ricordiamo l’ansia con cui si aspettava che z’ Arcangelo e Stefano Planera, falegnami dell’epoca, ci fornissero in tempo gli "strumenti" commissionatigli dai nostri genitori.

Don Augusto Benedice le case

Guardavamo, con un misto di invidia e ammirazione, i nostri amici " d’ fòr’ " che ritenevamo più fortunati in quanto, provvedevano da soli a costruirsi "raganèll’ " e "tric trac", di enormi dimensioni e con batacchi in ferro che facevano un rumore assordante. Quando za Marietta la sagrestana dava l’annuncio ai ragazzi che attendevano vicino alla sagrestia, questi partivano e facendo il giro del paese e al grido "alla messa" o "all’ang’nia" faceva seguito una scarica assordante di rumore. Spesso, per dimostrare la propria abilità nel suono dello strumento, alcuni si staccavano dal gruppo e, nascondendosi nei vicoli, si sfidavano a "ssanga"; questa consisteva nel verificare chi dei contendenti si stancasse prima.

Nel tardo pomeriggio di Giovedì Santo c’era il rito del Sepolcro. Questo iniziava con una processione aperta dal Cristo Deposto e dall’Addolorata, seguito dal sacerdote che dalla sagrestia, facendo il giro delle due navate laterali, si fermava a metà della navata di destra dove veniva rappresentato il Sepolcro. Iniziava quindi la Veglia che durava tutta la notte fino al mattino del Venerdì.

Negli anni di Don Amasio, era uso che alle due della notte, si facesse il giro del paese con una croce, per ricordare ai fedeli la passione di Cristo e sollecitarli alla Veglia. Ci raccontano che l’incaricato di portare la croce fosse Vincenzo Anticoli, per gli amici "Cènc’ Talèmm’q’" il quale, alla testa di giovani coetanei e al canto di "Santa madre deh Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore…", faceva il giro del paese. In questa occasione, data l’ora tarda e la stanchezza, accadeva spesso che i nostri personaggi alzassero il gomito un po’ più del solito, tanto che la processione finiva con il perdere la sua drammaticità. Don Amasio, irritato per il ripetersi di questi episodi, un anno decise di sospendere la processione notturna. L’anno successivo "Cènc’ ", per non darla vinta all’amato parroco, dopo aver divelto la Croce di legno, allora posta davanti alla chiesa di San Sebastiano, fece la processione abusivamente.

Il Venerdì Santo era il giorno più intenso della liturgia. In chiesa, al mattino, si preparava il Calvario dietro l’altare, " ncima agl’ accòr’ ". A questo compito era addetto z’ Arcangelo che, con rami di ulivo e di alloro, preparava la scenografia del Golgota, arricchita con le croci di Gesù e dei " ballatrun’ ", con le statue della Maddalena, di San Giovanni, della Madonna e di qualche soldato romano di cartapesta.

A mezzogiorno, dopo l’annuncio con i "tric trac" e " raganell’ ", la gente si recava in chiesa. Questa disadorna e senza luci emanava la tristezza premonitrice del dramma che stava per compiersi.

Nella nostra memoria è viva la figura di Don Alvaro che, dall’alto del pulpito di mogano scuro da tempo rimosso, raccontava le ultime ore di Gesù. La sua oratoria era talmente viva e partecipata, che la folla ascoltava mesta e silenziosa. Alle tre, ora della morte di Gesù Cristo, alle coinvolgenti parole del predicatore si univano gli effetti di luce e di suono provocati da z’ Arcangelo con la povera tecnologia del tempo: una lampadina che si accendeva e spegneva a mò di lampi, un brontolio di gran cassa per i tuoni, la vibrazione di una lamiera per il vento.

1950- Pasquetta al Macchione con Don Alvaro Pietrantoni

La giornata del Venerdì si concludeva con la processione di Gesù Deposto, seguito dalle statue dei personaggi della Rappresentazione dell’Agonia. La folla partecipava impietosita e, nel corteo, si notavano " i’ babbalòtt’ " che, con una piccola croce sulle spalle, si trascinavano grosse catene legate ai piedi.

Nella mattina di Sabato Santo il parroco procedeva al rito dell’Acqua Santa e ultimava la benedizione delle case.

Domenica! Finalmente Pasqua!

Le campane, ormai "sciolte", suonavano a distesa incrociando il loro suono con l’eco lontano di quelle dei paesi della valle.

La gente, recandosi felice alla Santa Messa, si scambiava gli auguri e saluti ed era ben disposta a perdonarsi, almeno per un giorno, i torti reciproci.

Il sole era caldo e festoso, i primi fiori brillavano più del solito; sembrava che prendessero vita i versi del poeta:

"…Via co’ palii disadorni

lo squallor della viola:

l’oro usato a splender torni;…"

(A. Manzoni, La Resurrezione)

 

Gli autori ringraziano sentitamente Guido Iorio senior, per i suggerimenti forniti e Marina Bonomo Presidente della Pro Loco per le foto d’epoca

In  contemporanea con: "La Voce di Villa" - Notiziario a cura dell'Amministrazione Comunale di Villa Santo Stefano  -  23 marzo 2005


www.villasantostefano.com

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