Padre Augusto Lombardi "Storia di Villa S. Stefano"   2 / 7

LOTTA TRA IMPERO E PAPATO

Più ancora ebbe a soffrire la nostra contrada durante il lungo, grande duello tra Federico Barbarossa e Alessandro III. Gli Annali ci raccontano che nel 1165 il famoso cancelliere Cristiano dì Magonza e il Conte Gozzolino, duci dell'esercito imperiale, entrarono nella regione della Marittima e della Campagna e fecero da tutti giurare fede all'Imperatore. Appena ritiratesi gli imperiali, ecco avanzarsi dal sud un esercito del re di Sicilia col Conte Gilberto e Riccardo de Gaia; Veroli, Alatri Ceccano, Arnara aprirono le porte ai nuovi venuti. I quali entrarono poi nella valle del S. Lorenzo e incendiarono S. Stefano e Prossedì, e quindi -dice con molto candore e con sufficiente disinvoltura la cronica- ognuno se ne tornò dalle sue parti. In questo trambusto i conti di Ceccano si mantennero dalla parte di Alessandro III e nel 1168 respinsero anzi schiere armate di Romani le quali tentavano di invadere la Campagna e di ribellarla al Pontefice.

Nel leggere queste notizie di distruzione e di incendi, non si deve certo pensare a scene troppo raccapriccianti di disperazione e di morte. Gli incendi non erano spesso che le fiamme di qualche casale e le distruzioni non erano costituite che dall'abbattimento di qualche fabbricato, di un pezzo delle mura di cinta e di qualche torre più minacciosa.

Terminò la lotta titanica tra la chiesa e l’Impero; il Papato ne uscì con una potenza politica rafforzata, non di poco. Però, mentre i Pontefici aspiravano a dominare il mondo, prendendo tutte le occasioni per attuare largamente la teoria teocratica, si può dire quasi che essi in casa propria non fossero i padroni. A Roma la loro autorità era troppo inceppata dal comune e dalle fazioni sempre in lotta tra loro, e nello stato ecclesiastico facevano il loro arbitrio le potenti famiglie dei baroni e dei conti. Le cose però mutarono del tutto quando, nel 1198, fu assunto al Ponteficato Lotario conte di Segni, col nome di Innocenzo III, uomo imperioso, energico nato a comandare e deciso a farsi ubbidire. Egli ristabilì fermamente la sua autorità a Roma e nello stato della Chiesa, e per dare la prova che il potere centrale non era più una larva, nel 1208 fece un viaggio per le terre di Campagna e Marittima, passando per tutto come in trionfo. Era allora Signore di Ceccano e del vasto patrimonio della sua casa Giovanni, il magnifico nipote del Cardinale Giordano, una delle glorie più fulgide, quest’ultimo, della famiglia dei conti di Ceccano. Egli con cinquanta cavalieri splendidamente armati, si recò ad accogliere il Papa alle porte di Anagni l’accompagnò fino a Giuliano dove erano ad attendere una folla immensa di popolo e tutto il clero delle sue terre con alla testa il Vescovo di Ferentino. E certo dovettero costituire per lungo tempo, un ricordo memorando anche per il popolo di S. Stefano, che tutto sarà riservato a Giuliano, quella sera magnifica di luglio quando, mentre il sole, nascondendosi dietro Cacume, indorava la valle dei suoi ultimi raggi, si vide avanzare brillante, maestoso, solenne il corteggio papale, il quale, tra applausi e canti liturgici, entrò poi nella chiesa dove il Papa impartì. l'Apostolica Benedizione.

Monte Cacume visto dalla Valle dell'Amaseno

Si pernottò a Giuliano e il giorno successivo il Papa, sempre accompagnato da Giovanni, si recò a Piperno e quindi a Fossanova dove consacrò la nuova chiesa. Dopo qualche giorno ripartì e passando per S. Lorenzo, dove rimase per un giorno e per una notte, entrò nel regno di Napoli.

Sotto il suddetto Giovanni, la potenza, dei conti di Ceccano fiorì in molto splendore.

Egli era un uomo molto attivo, energico, valoroso, sebbene qualche volta un po crudele, come lo dimostrò quando nel 1216, dopo aver respinto e sconfitto a Vallecorsa Ruggero dell’Aquila conte di Fondi che aveva invaso le sue terre, si rivolse con quei feudi che avevano fatto causa comune contro l'invasore, e a Morolo fece perire tra le fiamme quattrocento di quei abitanti "peccatis exigentibus" dicono con disinvoltura gli Annali. Morì probabilmente nel 1226 o 1227 lasciando quattro figli, due femmine e due maschi, tra i quali divise i suoi vasti possedimenti.

>> segue TESTAMENTO DI GIOVANNI pag.3

VILLA SANTO STEFANO pag.1 | LOTTA TRA IMPERO E PAPATO pag.2 | TESTAMENTO DI GIOVANNI pag.3 | TURBAMENTI TRA COLONNESI E EUGENIO IV pag.4 | GUERRA DEL SALE pag.5 | TESTAMENTO DI MARCARTONIO COLONNA pag.6 | UOMINI ILLUSTRI DI VILLA SANTO STEFANO pag.7

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