VENERDI’ 18 MAGGIO 2007

VIAGGIO IN ANTARTIDE PER GLI STUDENTI DI VILLA SANTO STEFANO

Negli anni '30 del XX secolo, il grande scrittore americano (che definire del genere fantastico o fantascientifico è certamente riduttivo) H.P. Lovecraft (1890-1937) scrisse un romanzo breve in cui una spedizione scientifica statunitense, dotata di tecnologie all'epoca avveniristiche, trivellando la superficie ghiacciata dell'Antartide, in regioni mai raggiunte prima dall'Uomo, portava alla luce le tracce (e quali tracce!) di una antichissima civiltà scomparsa milioni di anni. I cui appartenenti erano tutto tranne che appartenenti alla razza umana. Ma non solo. Successivamente, gli esploratori polari scoprivano al centro del Continente di ghiaccio, una immane catena di montagne più alte dell'Everest, che nascondeva le vestigia di una immensa città antidiluviana, nelle cui viscere albergava un orrore indicibile.

 

L’opera di Lovecraft si chiude con una immagine apocalittica e con la speranza, si intuisce vana, che nuove spedizioni polari non vadano a compiere ulteriori ricerche proprio in quella zona, scatenando forze che è meglio lasciare dormire il loro sonno che dura da moltissimi eoni. E che se destate, metteranno certamente a repentaglio la sopravvivenza della stessa Umanità.

18 maggio 2007

Il racconto, che si svolge nel Continente del Polo Sud e che vuole essere un omaggio ad un altro grande scrittore, Edgar Allan Poe (1809-1849), (il suo romanzo "Le avventure di Arthur Gordon Pym", rimasto incompiuto, si svolge, nelle pagine finali, proprio alle soglie dell'Antartide), riflette il pensiero e l'immaginario collettivo di un epoca intera. Non per nulla è coevo della versione radiofonica del romanzo di fantascienza "La Guerra dei Mondi", trasmessa da Orson Welles (1915-1985). La quale è rimasta famosa perché, scambiata per una radiocronaca dal vivo dello sbarco dei Marziani, scatenò il panico negli Stati Uniti.

Antartide Attività alla Base Italiana - foto Della Rovere Base Dome Concordia - foto Della Rovere Piccolo di foca
Piccolo di foca con la mamma - foto Della Rovere Piccoli di pinguini Adelia -Cape Hallett - foto Della Rovere Pinguini Adelia a Cape Hallet - foto Della Rovere Pinguini Imperatore - foto Della Rovere
Base Dome Concordia - foto Della Rovere Panorama Antartico con il Vulcano Erebus - foto Della Rovere

Da "At the Mountains of Madness", questo il titolo originale del romanzo composto nel 1931, traspaiono, seppur inseriti nella mitologia fantastica tipica dell'opera dello scrittore di Providence, i timori ma anche il fascino che le prime esplorazioni polari (rammentiamo che il Polo Sud era stato raggiunto dal norvegese Amundsen soltanto due decenni prima, nel dicembre del 1911) suscitavano nel vasto pubblico dell'epoca. Come le trasvolate ed esplorazioni antartiche dell’americano Richard E. Byrd (1888-1957).

Un intero continente morto da epoche immemorabili, coperto da migliaia di metri di calotta ghiacciata, a quanto pare mai abitato dall'Uomo, quali enigmi e spaventosi misteri poteva celare?

LA CONQUISTA DEL POLO SUD

L'esplorazione dell'Antartide e la "conquista" del Polo Sud sono pagine memorabili nella storia dell'umano ardimento e della lotta per allargare i confini del mondo conosciuto. Anche se spesso si sono tramutate in tragedie, paragonabili al "Folle Volo" dell'Ulisse Dantesco. Dell'esistenza di un continente nell'emisfero meridionale hanno discusso per secoli eruditi, geografi e marinai. Il primo che di fatto circumnavigò l'Antartide, senza però aver mai avvistato la terraferma, fu il capitano inglese J. Cook (1728-1779) negli anni 1772-1775. A bordo del veliero "Resolution", nel 1773, si spinse sino al punto più meridionale mai toccato sino quale momento; 67° 15' di Latitudine Sud, 39° 35' di Longitudine Est.

Affinché un uomo calpestasse materialmente il Polo Sud geografico, si dovette attendere, però, sino al XX secolo. La corsa al Polo si concluse nel 1911, con la vittoria del norvegese Roald Amundsen (1872-1928). Che lo raggiunse, con l'ausilio di slitte trainate dai cani, assieme a quattro suoi compagni, il 14 dicembre, battendo la spedizione inglese guidata da Robert F. Scott (1868-1912). Gli sfortunati inglesi giunsero al Polo soltanto il 17 gennaio. Trovandovi piantate una tenda e la bandiera con la Croce Norvegese. La loro marcia sulla via del ritorno si trasformò in un dramma senza fine. Morirono tutti per il freddo, la fame e lo sfinimento. Il diario di Scott, ritrovato dalla spedizione di soccorso, è un imperituro monumento al coraggio di quegli uomini.

Un altro gigante dell'avventura antartica fu l'inglese, nato in Irlanda, Ernst Shackleton (1874-1922). Il primo incontro con quel mondo estremo, lo ebbe nel 1901, partecipando alla fallita prima spedizione di Scott. Nel 1909 stabilì un vero e proprio record, arrivando a 88° 23' di Latitudine Sud, a soli 160 chilometri dal Polo Sud. Ma fu costretto a rinunciare ed a tornare indietro. Preceduto al Polo da Amundsen, Shackleton progettò allora la prima attraversata a piedi dell'immenso continente. E salpò dall'Inghilterra alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. La spedizione non giunse nemmeno a mettere piede sulla terraferma. La sua leggendaria nave, l"Endurance", il 18 gennaio del 1915, rimase intrappolata tra i ghiacci del pack e venne trascinata alla deriva per oltre un’anno. L'odissea dei ventotto uomini dell'equipaggio divenne un epica lotta per la sopravvivenza. Quando la nave cedette, stritolata dalla possente morsa dei ghiacci, Shackleton ed i suoi compagni d'avventura si accamparono con viveri, tende ed alcune scialuppe sugli iceberg in balia dei mari antartici. Il 9 aprile del 1916, anche la lastra di ghiaccio su cui si trovavano, spinta dalle correnti in acque a latitudini superiori, collassò, e gli eroici esploratori furono costretti a salire su tre scialuppe, affrontando condizioni del mare ed atmosferiche difficilmente immaginabili, finché, il 16 aprile riuscirono a prendere terra sull'Isola antartica di Elephant. Dopo ben 497 giorni tra mare e pack, tornavano a calcare la terraferma ma assolutamente desolata e disabitata. Shackleton decise allora di tentare il tutto per tutto per salvare i propri uomini. Il 24 aprile, assieme a cinque impavidi, a bordo di una scialuppa, denominata "James Caird" fece vela per cercare di arrivare all'Isola della Georgia del Sud. Dove era situata una base delle baleniere e quindi avrebbe potuto trovare una nave per recuperare il resto dell'equipaggio rimasto all'Isola di Elephant.

La traversata delle circa 800 miglia di mare aperto tra le due isole, in pieno Oceano Antartico, si rivelò qualcosa di terribile, che pareva porsi aldilà delle possibilità umane. Con ondate alte come montagne, che da un momento all'altro rischiavano di rovesciare la fragile scialuppa, venti impetuosi e ghiacciati. Alla fine, i sei stremati navigatori, pervennero all'Isola della Georgia del Sud. Ma sulla costa opposta a quella ove si trovavano gli insediamenti umani. Shackleton dovette compiere ancora un ulteriore impresa. Valicare le montagne, mai toccate dall’uomo, della dorsale dell'isola e discendere sul versante opposto. Finalmente il 20 maggio del 1916, l'esploratore inglese bussò alla porta della baracca del Comandante della base baleniera norvegese di Stromness. A cui per poco non venne un colpo, trovandoselo davanti, dopo che da anni non si avevano più sue notizie. I soccorsi verso l'Isola di Elephant partirono subito, ma le condizioni atmosferiche ed oceaniche impedirono l'attracco. Solo la primavera successiva Shackleton riuscì ad imbarcare i suoi uomini. Con l'incredibile impresa di essere riuscito a salvare se stesso e tutti i suoi ventotto compagni, Shackleton scrisse uno dei capitoli più belli delle avventure polari di tutti i tempi.

 

Ovviamente le "Montagne della Follia", non esistono anche se l’Antartide, a causa della calotta ghiacciata che lo ricopre con uno spessore di migliaia di metri, è di media il continente più alto del mondo. Il punto più elevato è il Massiccio Vinson con i suoi 4897 m.slm. scalato per la prima volta da una cordata statunitense nel 1966.

Oggi, agli inizi del XXI secolo, si sa molto di più sull'Antartide, molti enigmi sono stati risolti, molte domande hanno ottenuto risposta, ma nuovi quesiti sono sorti mano a mano che procedeva l'esplorazione, nuovi misteri attendono di essere svelati. Come gli incredibili laghi di acqua allo stato liquido, sepolti a centinaia di metri di profondità sotto la calotta.

E’ il posto più freddo del pianeta, ancora in gran parte inesplorato, in cui gli uomini si muovono come su un pianeta alieno. Ove, nonostante attrezzature tecnologicamente all'avanguardia, l'avventura, il rischio e l'ignoto sono sempre in agguato.

"MA PER L’ASSENZA DI PERTURBAZIONI ANTROPICHE, PER LA LONTANANZA DA FONTI INQUINANTI E PER L’ATMOSFERA PARTICOLARMENTE TRASPARENTE, È ANCHE UN IMMENSO LABORATORIO IDEALE PER LO STUDIO DELLA NATURA E DEI SUOI FENOMENI CLIMATICI, METEOROLOGICI ED AMBIENTALI".

(Alberto Della Rovere)

Gli scienziati, i tecnici, gli operai che vi lavorano nell'ambito delle varie basi sono dei veri eroici pionieri.

Basi impiantate da varie nazioni, Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Australia, Sud Africa, Argentina, Cile, Polonia ecc., per proseguire le ricerche e lo studio di quel mondo apparentemente irreale e fantastico. Tra l'altro custode di importanti riserve di materiali strategici per l'economia mondiale.

Noi Italiani dobbiamo essere fieri di esserlo non soltanto quando si vincono i Mondiali di calcio ma anche per le imprese scientifiche e tecnologiche che nostri connazionali compiono in giro per il Mondo. In Antartide il Tricolore è tenuto bene in alto dai nostri scienziati, ricercatori, tecnici, che dagli anni '80 sono i protagonisti di numerose spedizioni nell'altro emisfero.

Il Trattato Antartico, stipulato inizialmente da 12 paesi nel 1959, e divenuto operativo nel 1961, si rifà allo spirito di cooperazione tra varie Nazioni sorto durante l’Anno Geofisico Internazionale del 1957-1958. Scopo del Trattato è quello di fare in modo che il Continente di Ghiaccio venga utilizzato soltanto per scopi pacifici e per fini di ricerca, consentendo la libera circolazione delle informazioni scientifiche tra i vari Paesi. Inoltre sono proibite installazioni militari e la presenza di ordigni nucleari. Infine, nonostante le rivendicazioni territoriali di alcuni Stati, come l’Argentina o il Cile, è stato stabilito che l’Antartide appartiene a tutta l’Umanità.

L’Italia ha aderito al Trattato Antartico nel 1981 e quattro anni dopo ha istituito, con la Legge 284/85, il Progetto Nazionale Ricerche Antartiche (PNRA). Nel 1987, è diventata membro consultivo nell’ambito del Trattato Antartico e l’anno successivo membro dello S.C.A.R.. Nel 1991 è stata promulgata una nuova legge per il P.N.R.A. , la 380/91. Nel 1995, l’Italia ha ratificato il Trattato di Madrid, del 1991, per la protezione ambientale dell’Antartide.

Il nostro paese possiede due Basi laggiù; la "Mario Zucchelli", sul mare presso baia Terranova, aperta soltanto durante l’Estate e la Base Dome Concordia, assieme ai Francesi, aperta anche durante i sei lunghi mesi di notte perenne.

"AL POLO SUD CI SONO SOLTANTO UN GIORNO ED UNA NOTTE ALL’ANNO. IL SOLE SORGE A SETTEMBRE E TRAMONTA A MARZO. QUANDO COMINCIA IL TERRIBILE INVERNO ANTARTICO CON TEMPERATURA CHE VANNO DA -50 A -80 GRADI SOTTO LO ZERO".

(Alberto Della Rovere)

Questo Universo estremo ma bellissimo, fatto di distese senza fine di un bianco abbacinante, di aria purissima, di tramonti struggenti, di un mare ricchissimo di fauna, solcato da giganteschi icebergs, è stata la meta, venerdì 18 maggio, di un viaggio virtuale degli studenti delle Scuole Medie e delle classi IV e V delle Elementari di Villa Santo Stefano.

Ad accompagnarli due guide d’eccezione. Due protagonisti delle imprese scientifiche italiane nell'Ultimo Continente, che hanno accettato con entusiasmo di tenere una conferenza sull’Antartide a Villa Santo Stefano, sempre nell’ambito della IX Settimana della Cultura.

Il dottor Alberto Della Rovere, vero e proprio veterano, con ben 17 spedizioni antartiche all'attivo. Ha cominciato negli anni '90, con la VI^ Spedizione Tricolore, come responsabile della realizzazione di un Centro di Calcolo per la Base Polare "Zucchelli". Poi per due spedizioni consecutive ha contribuito alla realizzazione di uno sofisticato programma di robotica. Dalla XIV^ alla XXI^ spedizione è stato Capo della Base Italiana e Capo Spedizione della XXII^, l'ultima, conclusasi nelle scorse settimane. Ed il fisico dott. Andrea Pellegrini, protagonista addirittura della prima spedizione tricolore in Antartide negli anni ’80, quella esplorativa, che individuò il sito dove impiantare la base. Negli anni successivi è tornato altre cinque volte laggiù ed è responsabile dell'Osservatorio Scientifico di Meteoclimatologia.

Ad accoglierli in Municipio, il Vicesindaco Amalfi Cipolla e dal consigliere con delega alla cultura, Alessandra Leo, che li hanno accompagnati in una Sala Consigliare riempita in ogni ordine di posti dai ragazzi santostefanesi.

Rimasti estasiati dai racconti e dalle spiegazioni dei due ricercatori polari, che, anche con l’ausilio di splendide immagini, hanno illustrato agli alunni come si vive alla Base Italiana.

La quale può ospitare oltre 80 persone. Si dorme in 4 persone in stanzette di 6 metri per 2,5, ma in compenso, da bravi italiani, si mangia piuttosto bene. Non solo la cucina della mensa e’ il punto forte. C’è anche un bar con la macchina per il caffè espresso e, incredibile a dirsi visto il posto in cui si trovano, anche una per fare i gelati.

I giovani studenti hanno potuto visitare virtualmente i laboratori, dove si svolgono esperimenti, ricerche e studi sulla meravigliosa fauna locale. Foche, pinguini, balene, orche, ma anche piccoli crostacei ed altri abitanti dell’Oceano.

Hanno appreso che per muoversi sulle distese ghiacciate del Continente gli Italiani hanno a disposizione un piccolo aereo, il Twin Otter, con i pattini al posto delle ruote, elicotteri e navi. Oltre a grandi "gatti delle nevi", motoslitte e mezzi antincendio.

Infine, hanno avuto l'opportunità di scoprire come si addestrano i nostri connazionali per affrontare quel mondo ostile ed i vari imprevisti che possono verificarsi laggiù.

"DOBBIAMO ESSERE AUTOSUFFICIENTI ALLA BASE. L'ANTARTIDE NON E’ UN LUOGO DOVE SE SERVE QUALCOSA SI PUO’ USCIRE ED ANDARE A COMPERARLA. CERTO CI SONO CONTATTI CON LE STAZIONI SCIENTIFICHE DELLE ALTRE NAZIONI, MA LE DISTANZE SONO ENORMI. QUALUNQUE ATTIVITÀ FACILE IN ITALIA, LAGGIÙ DIVENTA COMPLESSA, DIFFICILE.

SI PENSI CHE SI LAVORA A TEMPERATURE DI MENO 20 SOTTO ZERO, OLTRE AL PROBLEMA DELLA QUOTA. ALLINTERNO DEL CONTINENTE CI SONO TROVA A 3000 METRI SLM.".

(Alberto Della Rovere)

Prima della seconda parte della conferenza, con le interessanti spiegazioni del dott. Pellegrini sulla meteorologia e climatologia antartica (ha fatto una certa impressione, nei presenti, constatare, grazie alle parole dello scienziato e dalle immagini proiettate sul grande schermo della Sala, gli effetti sconvolgenti dei venti catabatici antartici) si è trovato il tempo per una insolita pausa.

I Venti catabatici soffiano con estreme violenza dall’entroterra verso il mare sino ad investire la costa ad una velocità di circa 300 km/h. Si formano quando l’aria degli strati più alti dell’atmosfera circola dai tropici verso l’Antartide, perdendo quasi tutta l’umidità mentre si dirige verso il continente. Raffreddatasi di colpo, l’aria di abbassa sull’Altipiano centrale, da qui scorre velocemente in senso inverso, appunto in direzione delle coste e dell’Oceano.

Il Dott. Della Rovere ha tirato fuori da un borsone e fatto girare tra il pubblico, una caterva di indumenti, scarponi, berretti e quant’altro serve per resistere al freddo ed al vento del Polo Sud.

18 maggio 2007

Un intermezzo senz’altro divertente per i ragazzi ma anche altrettanto istruttivo. Chi mai aveva avuto modo di toccare con mano simili equipaggiamenti, magari visti soltanto alla televisione.

Un Mondo meraviglioso ed una giornata indimenticabile, quindi, quella che hanno vissuto i giovani delle scuole santostefanesi, che hanno incassato anche il plauso degli illustri relatori per l’attenzione mostrata e la competenza nel porre domande. soprattutto quelle che denotavano consapevolezza e sincera preoccupazione per il futuro non solo dei ghiacci dell’Antartide, a rischio scioglimento, ma di tutto l’ambiente del nostro Globo.

"CHISSÀ CHE TRA DI LORO NON CI SIA QUALCUNO CHE, UN GIORNO, PRENDERÀ IL NOSTRO POSTO IN QUEL CONTINENTE".

(Alberto Della Rovere)

 

A CURA DI GIANCARLO PAVAT

up. 12 giugno 2007

www.villasantostefano.com

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