Villa Violenta, cronache giudiziarie santostefanesi tra '800 ed inizio '900 - Rubrica a cura di Ernesto Petrilli
 

FRANCESCO PALOMBO

(4 giugno 1842)

GOVERNO PONTIFICIO

DELEGAZIONE APOSTOLICA DI FROSINONE

TRIBUNALE COLLEGIALE DI SECONDO TURNO

TEMPORANEAMENTE ERETTO

IN NOME DI SUA SANTITA’ PAPA GREGORIO XVI

Felicemente regnante

Oggi giorno di mercoledì 28 giugno 1843

Si è adunato nell’aula d’udienza destinata al secondo turno provvisorio il Tribunale di detto turno composto dagli ill.mi Signori avvocato Francesco Carantini, Presidente, G.B. Narducci primo giudice, Vincenzo Grandi secondo giudice

Assistiti dal signor Camillo Spaziani, sostituto cancellierre

Con l’intervento del signor Leopoldo Marra, procuratore fiscale

Nonché del signor Alessandro Kambo, difensore pubblico

Per proporre e giudicare la causa

Pipernese

Di omicidio

Contro

Francesco del fu Giuseppe Palombo di Santo Stefano, campagnolo, dell’età di anni 26, carcerato il 5 giugno 1842.

A tal effetto introdotto nell’aula il Prevenuto (imputato) libero e sciolto

Recitate le solite Preci

Identificata la persona del sunnominato Inquisito

Identificate del pari le persone dei testimoni

Visti gli atti del processo costruito dalla Curia inquirente di Piperno,

Inteso il Procuratore del Fisco, il quale illustrò le sue conclusioni

Intesi il Difensore che fu l’ultimo ad avere la parola ed inteso il Prevenuto

Il Tribunale ha pronunciato la seguente

SENTENZA

In un podere predio (padronale) nel territorio di Piperno condotto da Raffaele Conti, nel dì 4 giugno 1842 stavano zappando il granturco Francesco Palombo, genero di Conti, Francesco Malizia ed Arcangelo Valleroccia, giornalieri, tutti abitanti nel Casale di S. Martino. Prima che giungesse l’ora di smettere i lavori Arcangelo dimostrò animo di andarsene, ma Palombo lo avvertì che gli avrebbe decurtato la mercede. Nacque alterco tra loro, nel quale Valleroccia, inasprito, per ben due volte chiamò il Palombo "cornuto di santostefano". Frappostesi delle persone cessò il diverbio ed Arcangelo, dismesso il lavoro, s’avviò al Casale dove, poco appresso, si conduceva ancora il Palombo, ma al suo appressarsi Valleroccia raccolse dei sassi e nuovamente si riaccese la rissa. Sembra che li lanciassero da una parte e dall’altra ed uno percuotesse in testa il Palombo che fu veduto insanguinato, ed un altro Margarita, moglie di Arcangelo, ch’era accorsa per trattenere il marito e sedare gli animi.

Qui ebbe fine anche questo secondo fatto, ma all’un’ora circa della notte (circa le ore 20:00), il Palombo, memore delle ingiurie, si diresse alla porta della stanza del suo avversario che, a lume spento, stava con la famiglia apparecchiando la cena. Alle violenze usate alla porta dal Palombo accorse Margarita per trattenere l’aggressore, ma questi, nella persuasione che si avvicinasse il Valleroccia, vibrò un colpo di coltello che trafisse il cuore di quella infelice e la rese estinta dopo due ore.

Questi fatti, oltreché giustificati nel Processo, il Reo stesso li ammetteva ne’ Costituti (deposizioni).

 

CONSIDERANDO che si doveva calcolare provocazione a favore di lui sia perché nel diverbio avuto sul terreno egli fu offeso dal Valleroccia con parole ledenti l’onore, sia perché, riaccesa la rissa innanzi al Casale di S. Martino fu lo stesso Valleroccia il primo a minacciare e a scagliare i sassi uno de’ quali offese l’inquisito nella testa come asserisce la teste Rosa D’Annibale

CONSIDERANDO che quantunque la provocazione partisse da Arcangelo e non da Margarita, la quale anziché prendere parte offensiva cercava di trattenere il marito e di pacificare gli animi dei corrissanti (contendenti), tuttavia doveva valutarsi nel delitto che l’omicida vibrò il colpo nella persuasione di offendere il suo emulo (avversario), non potendo distinguere nella oscurità della notte e nella mancanza di lume, che Margarita e non il marito era quella che gli si faceva incontro per respingerlo dalla stanza.

CONSIDERATO quant’altro doveva considerarsi

INVOCATO IL NOME SANTISSIMO DI CRISTO

Il Tribunale suddetto alle opportune questioni proposte dal Presidente nella forma degli articoli 438 e 439 della Procedura Criminale

IN GENERE

Ha dichiarato costare (trattarsi) della uccisione di Margarita Valleroccia mediante ferita situata sul lato sinistro del petto, pervenuta al cuore e prodotta da istrumento incidente e perforante causa unica ed assoluta di morte

IN SPECIE

Costare della colpabilità di Francesco Palombo come reo confesso della suddetta uccisione, ma in seguito di provocazione

IN DIRITTO

Visto l’art. 281 del Regolamento su i delitti e sulle pene dove "l’omicidio commesso in seguito di provocazione è punito colla galera dai 15 ai 20 anni"

Ha condannato e condanna il nominato Francesco Palombo alla galera per anni 20 computabili dopo i tre mesi dal suo ingresso in carcere. Lo ha condannato inoltre all’emenda (risarcimento) dei danni verso la famiglia dell’uccisa, liquidabili in giudizio civile, nonché alle spese processuali.

 

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