Monte Cacume

Da sempre alzando lo sguardo al cielo per il viandante la vista di Monte Cacume è stata guida sicura e lieve conforto lungo gli ardui sentieri solitari del Basso Lazio. Con i suoi 1096 metri di altezza  inconfondibile si staglia lungo i Lepini e la sua particolare cresta ad imbuto rovesciato è visibile da tutta la provincia laziale.

Monte Cacume visto da Villa Santo Stefano

Proprio questa cima, inusuale, oltre a dargli il nome dal latino Cacumen aguzzo  appuntito o anche dal Sanscrito kakud cima o monte, per la sua composizione geologica atipica è stata a lungo oggetto di studio da parte dei naturalisti che analizzando sia le  argille Miocenee  presenti alla sua  base oltre che le  rocce calcaree Cretacee  prevalenti ai suoi vertici verificarono come in maniera anomala i terreni più antichi sovrastassero i recenti. Il suo comprensorio invece si estende da Patrica  fino ad una parte del territorio di Giuliano di Roma e del passo della Palombara. Grazie ad un clima tipico ed inusuale  tra  i  boschi di  quercia, lecci e faggi che abbracciano la sua vetta nascono varie specie di orchidee spontanee.

Nonostante l'asprezza dei luoghi la montagna fu abitata sin dal Medioevo dove vi sorse un convento benedettino denominato di S. Angelo  fondato da San Domenico Abate dietro richiesta di Amato, Conte di Segni. Dante lo cita in un canto del Purgatorio (*),  lo studioso dantesco Giovanni Mario Filelfo ipotizza che Cacume avrebbe incuriosito il sommo poeta mentre nel 1294 si sarebbe recato a studiare Logica a Napoli dopo aver sostato ad Anagni per un ambasceria presso Bonifacio VIII.  In quella circostanza il Vate sicuramente non ebbe modo di vedere l'enorme croce che si staglia con i suoi 14 metri sulla vetta del monte, infatti vi fu posta successivamente, agli inizi del 1900,
ed è proprio questo evento che legò perennemente  il monte a Villa Santo Stefano.

Siamo nell'Anno Giubilare indetto da Papa Leone XIII e per desiderio di papa Pecci, lepino di Carpineto Romano nel settembre del 1902 fu innalzato l'enorme crocifisso detto del Redentore pesante 44 quintali che fu portato lungo il ripido sentiero fino alla sommità del monte a spalla  in differenti porzioni da ogni cittadino di Patrica. Gli artefici di tale evento furono due fratelli, Don Federico Simoni, arciprete della Parrocchia di San Pietro in Patrica e Don Icilio. I loro sforzi  furono coronati alle ore 7.30 del 17 Settembre 1903 quando il Vescovo di Ferentino Monsignor Bianconi benedisse, sulla vetta di Cacume dopo esservi arrivato a cavallo, il Sacro Simulacro.

Il sentiero Veduta La croce Il Monastero

Il costo dell'impresa fu di Lire 230 pagate alle ferriere di Terni grazie alle offerte raccolte  dai due sacerdoti. L'anno successivo, il 1904, per il cinquantesimo della proclamazione dell'Immacolata Concezione, Don Simoni volle completare l'opera iniziata con la realizzazione  di una chiesetta prospiciente la croce ed annessa anche una Via Crucis che dalla Chiesa della Madonna della Pace a valle raggiungesse la vetta. Per raggiungere questo nuovo arduo risultato Don Federico chiese aiuto alle Parrocchie della Diocesi di Ferentino affidando il compito di raccogliere le offerte  con tre diversi appelli  a Don Icilio Simoni, che munito dell'autorizzazione del Sotto-Prefetto di Frosinone si recò tra i vari paesi  durante tutto il 1904 e metà dell'anno successivo per raccogliere quello che  i fedeli avrebbero donato per permettere successivamente la costruzione  sui ruderi dell'antico Castrum Cacuminis sia di una piccola cappella e che della realizzazione di  14 stazioni accuratamente distanziate  275 metri l'una dall'altra per la Via Crucis che si sarebbe snodata lungo i 3 chilometri e mezzo di percorso.

Poco prima di Maggio Don Amasio Bonomi consegnò a Don Icilio lire 29.65 cosi' suddivise: S.ra Amelia del Puente 5, Don Baldassarre Perlini 2, Francesco e Zenobia Clavari 2, Arciprete Don Giuseppe Felici 1, Don Amasio Bonomi 1, S.ra Vittoria Bonomo 1, Stefano Bravo 1, S.ra Perlini Antonia vedova Leo 0.50, Luigi Iorio 0.50, S.ra Adele Lucarini 0.35, S.ra Ortensia Marella 0.30, Benedetto Scaramuzzelli 0.30.

Offrirono 0.25 i sigg.: Telemaco Anticoli, Maria Iorio, Rosa Lucarini levatrice, Antonia Sebastiani, Orietta Ruggeri, Andrea Iorio, Vincenzo Bonomo, Antonia Leo, Filomena Lucarini, Cristina Olivieri, Antonia Reatini, Giovannino Fabi.  Offerte minori 3.55, Questue in chiesa 3.65, Raccolto in generi 4.25. Totale 29.65.

Alle ore 900 del 3 Maggio 1905 avvenne la cerimonia  per la posa della prima pietra; per esservi presente la delegazione di Villa Santo Stefano, composta dal parroco e da vari fedeli, si riunii in piazza alle tre della notte precedente per giungere lentamente  a piedi giusto in tempo per ascoltare la benedizione di Don Luigi di Proia  di Ferentino. In quell'occasione furono interrati due cilindri di piombo, uno con dentro una pergamena con la descrizione dell'evento, l'altro contenente la lista degli offerenti unite ad alcune monete di diversi stati come segno di buon augurio.

L'inaugurazione ufficiale della cappella avvenne il 14 settembre 1906  e da quel giorno ogni 3 di maggio il luogo divenne meta di pellegrinaggio per la gente di Villa. In tale ricorrenza  si usava portare un arma, come ad esempio un coltello o anche qualche vecchio schioppo arrugginito, per poterlo seppellire sotto la croce al fine di redimere i peccati legati alla violenza verso gli altri. Per poter ottenere un’indulgenza si usava gettare una pietra con quanta più forza si aveva in corpo giù dal crinale del monte.

Nel racconto "Due ciociari tra tanti" Arthur Iorio parla delle sue passeggiate su Cacume "a prendere aria" in compagnia di Don Licinio Refice di Patrica, maestro di Cappella, musicista e compositore e del Cardinale Domenico Iorio, tutti ospiti della Zia Maria  durante le vacanze estive.

Attualmente le stazioni della Via Crucis sono totalmente scomparse, mentre la chiesetta si trova in pessime condizioni causate sia dagli incessanti venti che vi soffiano che dagli eventi dell'ultimo conflitto mondiale, dove, essendo divenuta suo malgrado, sede di un posto di osservazione tedesco,  fu ripetutamente colpita dalle
artiglierie alleate. Alcuni fori di scheggia sono ancora visibili anche sul freddo acciaio della croce. La vista incredibile che da questa cima si gode ridonano pace e serenità allo spirito.

(*) "Vassi in San Leo e discendesi in Noli, montasi su Bismantova e in Cacume..."
Purgatorio 4, 25-27.

Marco Felici

Escursione a Cacume

 

 

up. 18 giugno 2006

www.villasantostefano.com

PrimaPagina  |  ArchivioFoto | DizionarioDialettale | VillaNews