ROLANDO E TUTARELLA
una coppia vincente

di Maria Teresa Planera

Le cronache paesane li ricordano come Rolando e Tutarella, una coppia di coniugi vincente, per la loro storia d’amore e per l’attività artigianale di oreficeria che intrapresero con successo a partire dagli anni trenta, prima nei mercati e nelle fiere, poi stabilmente a Ceccano. Essi in un’epoca incerta e difficile, dopo la seconda guerra mondiale, diventarono i simboli di una rinascita umana e sociale che negli anni successivi si rivelò sempre più netta e brillante.

 

Alete Fabi

 

Rolando e Tutarella

 
 
 
   

Padre Ambrogio Marafiota

 
 
 
   
   
 
 
   
   
 
 
   
   
 
 
   
   
 
   

I due giovani appartenevano a importanti famiglie della comunità santostefanese: Rolando ai Fabi e Tutarella ai Marella ed ai Marafiota, molto diverse fra loro per origini, percorsi, condizioni ed aspirazioni. Rolando, nato a Napoli il 26 gennaio 1906, era il quarto figlio di ‘gnora Mariuccia (Maria Piccirilli, nata a Orbetello il 16/O6/1868 e morta a Villa Santo Stefano il 22/O2/1952) e di Alete Egidio Fabi (nato a Villa Santo Stefano il 15/O9/1870 ed ivi morto il 22/02/1939), Maresciallo, impiegato presso la segreteria del Duca D’Aosta, che nel paese durante gli anni del Fascismo esercitò la prima carica di Podestà, dal 1931 al 1936, dopo il sindaco Pompeo Leo.

Sor Alete si occupò della costruzione delle case popolari in Via Guglielmo Marconi dopo la frana del sottosuolo, avvenuta il 28/03/1932, in Largo Gorizia, che aveva inghiottito tutte le abitazioni lì ubicate. Egli aveva quattro fratelli: Ermete, Iole, Fabio (Generale dell’esercito) e Massimo. La famiglia contava origini nobiliari per la trisavola Beniamina Iorio, sposata con Giovanni Fabi (genitori di Alete), che aveva il titolo di Marchesa, possedeva molte terre, era socialmente molto influente e risiedeva nel palazzo Marchese, abitazione che fu divisa fra i figli ed ancora oggi è in possesso degli eredi. Beniamina era figlia di Gaspare Iorio, Commissario dei Principi Colonna, il quale era appellato con il titolo di Marchese e che fu autorizzato dai Colonna a fregiarsi del loro simbolo, come si può constatare osservando tale stemma sull’arco d’ ingresso del Vicolo San Sebastiano che porta al Palazzo Marchese.

Un altro importante personaggio di questa famiglia fu Armando Fausto Fabi, sottoufficiale dell’Aereonautica militare, trucidato con altri dodici aviatori italiani, facenti parte del Contigente dell’operazione ONU a Kindu (Congo Belga), dove si era recato per ristabilire l’ordine nel paese sconvolto dalla guerra civile. In ricordo del suo sacrificio gli è stata dedicata una strada a Frosinone.

Tutarella, che in realtà si chiamava Maria Anna Geltrude, era nata il 28/04/1906 a Pastena, paese nativo del padre, i cui antenati provenivano da Vallelonga in provincia di Catanzaro. Era figlia di ‘gnora Gina (Candida, Igina, Adele) Marella e di Michele Marafiota, famoso fabbro del tempo al quale la popolazione si rivolgeva per ferrare i cavalli e per i lavori in ferro e rame, nei quali rivelava grandi doti creative ed artistiche. Egli realizzò tutta la struttura campanaria in ferro ancora oggi esistente nel campanile della chiesa principale di Pastena che porta le sue iniziali. La coppia ebbe numerosi figli oltre Tutarella: Bruno (che ereditò il lavoro del padre), Policarpo, Italina, Ersilia, Ennio e Ambrogio (noto missionario passionista che fu a lungo in terre lontane, come il Brasile, ad esercitare il suo apostolato e passò gli ultimi anni di vita alla Badìa di Ceccano).

I Marafiota, benestanti e proprietari terrieri, vantavano antenati nella nobiltà francese e abitavano in Via San Pietro 23, nel Palazzo appartenente ai Marella, anch’esso ancora esistente e di proprietà dei discendenti. I Marella provenivano dai Marella di Ceccano, importanti proprietari terrieri e benefattori di San Paolo della Croce, che frequentemente ospitarono. Marella Giacinto, padre di ‘gnora Gina era avvocato, ma non esercitava la professione, perché essendo benestante, curava le sue proprietà e non aveva necessità di lavorare.

In questo contesto sociale e familiare si muovevano Rolando e Tutarella intorno agli anni trenta, quando iniziarono a simpatizzare ed a corrispondere dei sentimenti secondo le modalità del tempo, che davano ai genitori potere decisionale sul futuro dei figli ed ai giovani poca autonomia e possibilità di dichiararsi e frequentarsi. All’inizio, il legame fu contrastato da ambedue le famiglie, che progettavano per loro altre scelte, ma alla fine i due giovani riuscirono ad imporsi e si sposarono l’8 ottobre 1931 nella chiesa dell’Assunta a Villa Santo Stefano. Appena sposati, essi abitarono in Via Roma all’ultimo piano della casa dei Palladini, poi si spostarono più avanti nella stessa strada nell’abitazione di Ascenzo Iorio. Già all’inizio del matrimonio emersero i profili caratteriali e sociali dei due coniugi.

Tutarella era una donna vivace, intuitiva, generosa, molto aperta ai rapporti interpersonali e con un forte ascendente empatico. Questi aspetti del suo carattere conquistarono dapprima la famiglia del marito e, successivamente, tutti quelli che ebbero contatti con lei, specialmente quando affiancò il marito nell’attività commerciale della gioielleria.

Rolando era intraprendente ed eclettico, e manifestava la sua creatività artistica nel lavorare l’oro ed i gioielli, traeva la sua forza ed ispirazione dalla moglie, che non gli fece mai mancare il suo appoggio; dotato dialetticamente affrontava mercati e fiere con successo per imporre e far conoscere le sue creazioni, sapeva gestire con intelligenza le sue capacità comunicative ed era noto per i suoi atteggiamenti scanzonati e burloni. A tal proposito c’è un episodio da ricordare che mette in luce il piacere di scherzare che spesso caratterizzò la quotidianità di Rolando quando era con gli amici, i familiari ed i clienti. Prima della guerra, nella Piazza di Giuliano di Roma dove faceva il mercato per vendere l’oro, s’inventò una burla molto originale e divertente. Poiché si era nel periodo di Pasqua e nei paesi c’era l’usanza di preparare i dolci per tale ricorrenza, lui fece mandare un bando nel quale si comunicava alla popolazione che in un giorno stabilito dopo la festa, un signore sarebbe passato a ritirare tutti i gusci delle uova usate pagandoli una lira ogni dieci. Molte donne allettate da tale offerta, misero da parte i gusci delle uova utilizzate e nel giorno indicato per il ritiro erano tutte in piazza con i sacchi pieni ad aspettare il famoso signore che non arrivò mai.

La vita matrimoniale dei coniugi fu subito allietata dai figli Massimo (1932), Giuseppe (1933), Giovanni (1936), Miranda (1938) che nacquero tutti a Villa Santo Stefano. Rolando manteneva i suoi familiari prima e durante la seconda guerra mondiale comprando e vendendo oggetti in oro, in quasi tutti i mercati della provincia di Frosinone e Latina, spostandosi con la sua moto con sidecar. Abile ed originale orafo aveva aperto anche un negozio con laboratorio a Sezze dove creava i gioielli, ma nel periodo più intenso della "battaglia" fu costretto a chiuderlo ed a smettere di lavorare. Sempre in questo periodo la famiglia, per ragioni di sicurezza, si trasferì in campagna nel casolare di Fastuccia, mamma di Iorio Anita.

Durante la guerra Rolando fu protagonista di un pericoloso episodio che affrontò con coraggio e scaltrezza: venne catturato dai Tedeschi a Villa, sotto il fossato (attuale monumento) e portato sul fronte di Cassino, dove fu obbligato a guidare un autocarro per il trasporto di munizioni sotto la stretta sorveglianza di un sergente tedesco. Mentre si muoveva in questa zona, in quel momento molto pericolosa per le ripetute incursioni degli alleati, ci fu un attacco aereo americano e Rolando prontamente intuì il pericolo e scese dal carro, salvandosi la vita, al contrario del sergente tedesco che si rifiutò di farlo e saltò in aria. Approfittando della caotica situazione che si era creata, riuscì a fuggire attraversando il fiume Garigliano, una volta arrivato dall’altra parte fu aiutato provvidenzialmente da alcuni compari ai quali aveva battezzato i figli. Essi gli fornirono indumenti asciutti e lo ristorarono consentendogli di riprendere il cammino verso casa e di riabbracciare i propri cari.

Dopo la guerra molte novità si profilarono nella vita di Tutarella e Rolando che iniziarono la loro ascesa sociale ed economica: Andarono ad abitare in piazza nella casa di Alfredo Talemaco; Rolando aprì come sede fissa un negozio di gioielleria nella piazzetta di San Giovanni a Ceccano e visti i buoni profitti che ne trasse, il 15 ottobre 1945 si trasferì a Ceccano con tutta la famiglia nella casa di ‘gnora Emma; nacque a Villa il quinto ed ultimo figlio Fernando (1948), al quale si aggiunse un figlio di latte, Marcello Iorio, generosamente allattato da Tutarella. Dopo un paio d’anni, Rolando spostò il negozio in un locale più centrale – in Piazza XXV Luglio – e diventò l’orafo più importante della provincia di Frosinone. A lui si rivolgevano clienti provenienti da tutti i paesi limitrofi e non, perché tanti già conoscevano il suo passato di venditore nei mercati.

Nell’attività commerciale, Tutarella conquistò gradualmente un ruolo sempre più indispensabile e seppe, con il suo sorriso ed i modi cordiali ed affettuosi, rapportarsi con la clientela ispirando fiducia, rivelando un innato senso degli affari ed una professionalità acquisita affiancando sempre il marito. Per la gestione familiare e domestica, la donna venne aiutata ed affiancata dalla sorella Ersilia che la raggiunse a Ceccano e diventò parte integrante del nucleo familiare. Il legame con la sua famiglia d’origine rimase sempre molto forte per Tutarella, pertanto passava molto serate estive in via San Pietro dopo la chiusura del negozio a Ceccano e la sua presenza creava un clima allegro e gaudente per tutta la via. Infatti dopo cena i Fabi, i Marella ed i Marafiota scendevano a godere del fresco estivo dei vicoli e tutti i vicini facevano altrettanto. In quelle circostanze si chiacchierava, si rideva e alla fine si combatteva la calura mangiando i cocomeri che la donna aveva portato da Ceccano. Alla cocomerata erano ammessi tutti e in un’atmosfera scanzonata e disinibita si affondavano le bocche avidamente nelle fette rinfrescate nella grotta, non curandosi dell’etichetta e improvvisando una sorta di gara e di gioco a chi schiacciava e lavava le facce dei presenti con le bucce di cocomero, tra le risate e gli strilli dei malcapitati. A tarda notte i Fabi facevano ritorno a Ceccano e la strada tornava al silenzio abituale.

In quegli anni in cui lo scenario sociale ed economico si presentava ancora arretrato e limitato, la famiglia Fabi fu per i santostefanesi non solo molto conosciuta e stimata per la compravendita dell’oro, ma anche un punto di riferimento per coloro che trovandosi a Ceccano avevano bisogno di suggerimenti e/o di aiuti concreti specialmente quando avevano qualche familiare ricoverato in ospedale. Spesso accadeva che un paesano in difficoltà venisse anche ospitato, se per qualche ragione non potesse tornare a casa, e Tutarella, quando ciò avveniva, era sempre generosa e lo trattava come uno di famiglia.

Nel 1960 i Fabi cambiarono casa e si trasferirono, per l’ultima volta, in via Madonna della Pace nel palazzo del Professor Roccatani. D’estate si recavano per le vacanze a Terracina, dove possedevano una villa immersa nel verde sulla strada che porta a Monte Giove (chiamata via Anxur); anche qui ospitavano oltre ai figli, parenti ed amici sempre all’insegna della cordialità e della disponibilità.

Essi socialmente erano sempre più in vista anche per i loro figli che ormai si erano affermati in campi diversi ed avevano acquistato un’indiscussa visibilità e notorietà: Massimo, un apprezzato medico ed odontoiatra, esercitava la sua professione nello storico studio a Madonna Della Pace, contava una vasta clientela in virtù della notevole considerazione che i ceccanesi avevano delle sue doti umane e professionali. Molto stimato dai suoi colleghi e da importanti personalità del luogo come il Dottor Fernando Lucchetti di cui era anche compare, gradualmente acquistò una posizione privilegiata nella vita sociale della cittadina lasciando un grosso rimpianto per la sua recente scomparsa; Giuseppe, dopo il diploma di geometra, seguì le orme dei genitori diventando gioielliere, lavoro che mantiene ancora oggi in via Madonna Della Pace secondo la tradizione familiare; Giovanni, ragioniere, dopo aver svolto diversi lavori (venditore di tessuti, Informatore scientifico) rilevò il negozio di Oreficeria del padre tenendolo fino alla sua prematura scomparsa e lasciandolo in eredità ai suoi familiari; Miranda, l’unica femmina, tanto cara ai genitori, sposò Giuseppe Ferone e si trasferì a Latina, qui lavorò come segretaria in una scuola privata per odontotecnici; Fernando, ultimo figlio della coppia, ex studente di medicina e pilota aeronautico, lavora come geometra libero professionista nel nostro paese, anche lui per un certo periodo ha avuto una gioielleria, prima a Villa poi a Ceccano.

Tutti i figli di Tutarella e Rolando, in epoche diverse, si sposarono e dalle loro unioni arrivarono quegli amati nipoti che erano l’orgoglio dei nonni e che resero più calorose ed intense le riunioni familiari nelle festività e nelle ricorrenze varie. Le tavolate erano sempre allietate da un’atmosfera festosa e rese speciali dall’abbondanza e dall’affetto sia nella casa di Ceccano sia in quelle del palazzo Marchese in via San Sebastiano e in via San Pietro a Villa. Tutto comunque ruotava intorno a Tutarella, ottima padrona di casa, che sapeva tener ben salde le redini della sua famiglia anche se ormai i rapporti si erano estesi a nipoti, nuore, genero e parenti acquisiti. Questo clima di prosperità e serenità venne bruscamente interrotto l’11 dicembre 1981 quando Tutarella si spense nella casa Roccatani chiudendo il ciclo di un’unione d’amore che fu anche un importante sodalizio di scelte, affari, obiettivi. Rolando, seguito amorevolmente dai figli e dalle cognate Ersilia e Italina, visse per qualche anno a Ceccano per poi trasferirsi a Villa Santo Stefano dove venne a mancare il 2 aprile 1986 nella casa in Via San Pietro e raggiunse la moglie nell’ultima dimora nella cappella dei Marafiota. Qui si concluse la storia umana dei coniugi Fabi che seppero costruire con intraprendenza e sacrificio la loro fortuna e la loro famiglia. Essi lasciarono un’eredità di emozioni, sentimenti ed affetti che ancora oggi prorompe forte e rende testimonianza delle loro vite e del loro romantico cammino vissuto insieme.

 

Si ringrazia Fernando Fabi per il materiale fotografico e per la collaborazione fornita nella stesura dell’articolo.

 

16.11.2013

www.villasantostefano.com

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