5  FLAK

Il comunicato ufficiale n.409/43 del 9 ottobre 1943 del Generale Kesserling oltre a definire la dislocazione della divisione Göring nell’area di Frosinone precisava anche come la sicurezza aerea di questa provincia dovesse essere garantita dal suo reggimento Flak, il Quarantanovesimo. Ragione per cui in accordo con il Decimo Comando di Armata, lungo la direttrice passante per Terracina, monte delle Fate e Ceccano, la divisione ubbidendo alle disposizioni ricevute predispose un’ efficace sistema di postazioni contraeree. Anche il vecchio Gustav ,sebbene ne fosse l’ultimo ingranaggio, era parte di questo delicato sistema. Il suo turno iniziava presto, quasi all'alba, quando lento si incamminava verso la casa dove il suo comando aveva installato una postazione contraerea a difesa del cielo sovrastante Giuliano di Roma.
L’anziano mitragliere divideva amichevolmente con i Mancini la loro stessa casa che era stata requisita nel ottobre del 1943 soprattutto per la sua panoramica terrazza. Il curioso era che Gustav, nonostante la potenza di fuoco della sua mitragliatrice, non sparava mai un colpo agli aerei che sorvolavano i tetti del paese per non provocare,secondo una sua personale convinzione, pericolose reazioni degli inglesi prima contro di lui e poi verso i civili.
Ma un giorno ispezionando la postazione un sottotenente, che dall’età sarebbe potuto essere suo figlio, lo sorprese mentre con diligenza applicava il suo progetto di non belligeranza. La punizione, inevitabile, costò al pacifico veterano l’ immediato allontanato da quel servizio che svolgeva con la stessa disinvoltura con cui da borghese produceva malto per la famosa fabbrica di birra di Colonia Kolsch. Anche a Villa Santo Stefano furono approntati dispositivi antiaerei simili a quelli del buon Gustav, uno di questi era celato tra gli alberi che costeggiavano la provinciale subito dopo Santantonio, un altro più vasto invece era in montagna, posto al riparo dell’allora fitto bosco di Campo Lupino.
La postazione che era stata trascinata in quota a dorso di mulo consisteva in una mitragliatrice quadrinata da venti millimetri manovrata da cinque uomini di cui uno munito di telemetro per il calcolo delle distanze.
La quattro canne era reduce di molti combattimenti e di altrettante vittorie come testimoniavano gli anelli dipinti di bianco che ne avvolgevano le canne.
I serventi al pezzo erano divisi in due distinte squadre che a turni alternati operavano anche la notte quando l’attività aerea inglese era particolarmente intensa. Qualche volta gli uomini della Flak scambiavano qualche scatola di sardine o formaggio fuso con uova o latte che i pastori del Macchione portavano loro, contravvenendo così alle disposizioni del Comando tedesco perfezionate poi il 31 marzo 1944 con il divieto più assoluto per i civili ad accedere agli insediamenti tedeschi. Ad appoggiare il Battaglione Flak della Göring nella difesa aerea del frusinate era stato dislocato anche il Reggimento 841 presente in quasi ogni comune ciociaro, compresi i monti sopra Villa Santo Stefano.
Le sue postazione si trovavano quasi tutte a mezza costa lungo i Lepini ed erano collegate le une con le altre tramite una serie di segnalatori convenzionali come i razzi illuminanti o i riflessi degli specchi, in sostituzione della linea telefonica, assente per le notevoli distanze. Le installazioni antiaeree erano completamente interrate e venivano rifornite periodicamente di munizioni e viveri trasportati a dorso di asino attraverso le mulattiere che si aprivano lungo i crinali.
Per motivi tattici le mitragliatrici erano spostate continuamente per non essere individuate dalla caccia alleata. Quando giunse la ritirata immediata e tragica del maggio del 1944 molti componenti di queste pesanti installazioni furono resi inservibili e gettati nei pozzi o nelle voragini naturali, numerose in alta montagna. Dopo lo sbarco di Anzio e l’impiego della divisione Göring lungo il litorale con l’arrivo della Novantesima Divisione l’attività della Flak non mutò anzi con l’intensificarsi della presenza aerea anche diurna da parte degli americani la difesa aerea venne addirittura rafforzata.
Le postazioni del Quinto Reggimento Flak della Novantesima furono portate a tre. La prima sempre in quota occupava l’area già utilizzata dalla sua gemella del Quarantanovesimo Flak, la seconda celata da un finto telone della Croce Rossa era invece sul Monticello, la terza infine alle Mole.
La postazione in quota era raggiunta dagli uomini della Flak dopo lenti e faticose ascensioni mentre quella sul Monticello, rimaneva di più facile accesso grazie anche alle biciclette quasi tutte requisite secondo l’ordinanza del 4 ottobre 1943 che ne imponeva la consegna alle autorità tedesche insieme ai badili e agli arnesi di lavoro. La terza mitragliatrice, quella alle Mole, faceva parte invece del distaccamento posto lungo il fiume vicino le case requisite di Torindo Biasini e dei Sarandrea. Sfruttando la presenza in zona di numerosi ospedali militari, come per il Monticello, anche qui i tedeschi avevano camuffato il loro distaccamento con un’enorme tenda bianca con sopra dipinta una croce rossa cosi da confondere gli aerei nemici. Lo stratagemma fu in seguito svelato grazie ad un delicato lavoro di controspionaggio operato dal gruppo di Virginio Reali e dal medico condotto Giannetta. La mitragliatrice antiaerea delle Mole era una canna singola da venti millimetri e veniva spostata frequentemente dai suoi cinque serventi lungo l’argine del fiume rendendola così invisibile dall’alto grazie agli alberi che si bagnavano nell’ Amaseno. La sua squadra sostava spesso vicino la Mola di Giuliano dove all’interno del rudere i mitraglieri conservavano le munizioni necessarie per il loro pezzo, numerose proiettili erano di manifattura italiana perfettamente idonei al calibro tedesco.
Nel marzo del 1944 il Battaglione Flak 841 a causa dell’azione incessante degli aerei alleati dovette rafforzare ulteriormente le sue postazioni.
Furono disposti dei cannoni da ottantotto millimetri lungo tutta la via Morolese fino ad arrivare alla Tomacella dove sul lato destro del castello fu reso operante un deposito di munizioni che riforniva i pezzi.
Tra queste batterie era compresa anche quella posta alla Palombara che invisibile sotto un grande telo mimetico sovrastava l’apice del Colle Antonelli.