Il Macchione nei ricordi di Tommaso Cipolla

Le origini del Macchione, attraverso la testimonianza di Tommaso Cipolla, classe 1899, pastore, contadino e. . . falegname a tempo perso nel 1982:

« L'origine della contrada non è molto antica. Infatti, mio padre Michele non è nato qui ma vi venne da ragazzo. I primi abitanti furono tre fratelli con le loro famiglie. Di cognome si mettevano Cipolla, di nome: Angelo, Martino e Tommaso, mio nonno. Venivano da Vallecorsa, contrada " Sciuliarello " da dove, ogni mattina, partivano per andare a lavorare a giornata le terre degli altri. Vennero qui dopo aver acquistato della terra da gente di Villa Santo Stefano, della contrada Fontanelle. All'incirca nello stesso periodo vennero anche altre due famiglie: i Massaroni, che vivevano nella zona di S. Ermete, che si trova sull'altro versante di monte Siserno, nel comune di Ceccano, ed i Trapani, che venivano dalla contrada Brella, verso Giuliano. Anche queste famiglie erano però originarie di Vallecorsa. Questo paese era troppo povero per far mangiare tutti gli abitanti ed era frequente che se ne andavano. Ecco perché a Santo Stefano ancora chiamano gli abitanti del Macchione: Vallecorsani. La montagna, come ricordo io, e come raccontavano gli anziani, era molto diversa, ricca di boschi formati da lucini (lecci), querce e cerri. Una delle principali attività era quella di raccogliere la legna che veniva venduta a Ceccano, specie presso i forni. Poi il sindaco " Don Baldassare Perlini " vendette tutto ai carbonari a tre soldi la quercia e la montagna diventò spoglia come è ora.

Altre attività importanti erano la pastorizia ed il lavoro a giornata, anche nelle zone delle Paludi, dove andavano anche spesso a piedi. La vita era molto povera e semplice. Non c'erano strade e bisognava procurarsi sul posto tutte le cose che servivano per vivere. Il grano era seminato in montagna, sulle " cese "; per l'acqua avevamo i pozzi, le case venivano costruite impastando la calce, ricavata dalla pietra locale e cotta nelle " calecare ", e terra di tasso (arenaria). Eravamo anche molto bravi a costruire, con pietre a secco, sia le " macere " che i " pagliari ". Sfruttavamo tutto ciò che trovavamo. Ricordo, per esempio, che andavamo con i muli nella zona detta la "Cesa di Gianni ", a caricare grossi cocci antichi di un convento o tombe 1 che usavamo per fare la parte interna dei forni per il pane. Ancora vi erano i briganti; famoso era uno della casa Massaroni, Alessandro, detto Maurello, che era un capo. Era molto furbo, ma morì un po' da fesso, ucciso mentre andava di notte a trovare una donna a Vallecorsa. La gente faceva tutto il possibile per portarsi bene con loro, un po' per paura, un po' perché erano tutti imparentati. Loro vivevano più su, sulla montagna, nelle grotte di monte Siserno, dove ancora c'è l'oro nascosto dai briganti, o nelle capanne. I vecchi raccontavano che sotto il papa una volta ci fu una grossa battaglia a Campo Lupino 2, i morti furono tanti che ci vollero molti giorni per portare i morti giù con i muli. Oggi sulle montagne i briganti non ci sono più ma sono un po' dappertutto, specie nelle grandi città, e, tutto considerato, da questo punto di vista, non è cambiato molto ».

di Antonio Martino, responsabile del settore Gruppo Archeologico Volsco, 1982

 

1 Trattasi probabilmente di resti di una villa rustica romana di epoca tardo-imperiale, che il G.A. Volsco sta studiando.

2 Monte Campo Lupino (m. 791) è situato sulla stessa catena lepina del Macchione, tra i territori di Castro dei Volsci e Vallecorsa.

La Contrada del Macchione (ott. 2003)

www.villasantostefano.com

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