ESCURSIONE SULLA VETTA DELLA VEZZANA

LA CIMA (3.192 MSLM.) PIÙ ALTA DELLE PALE DI SAN MARTINO

1. Pale di S. Martino con la cima della Vezzana
2. Cima Rosetta e arrivo funivia viste dal sent. 716
3. Sonia Palombo impegnata in un passaggio in parete lungo il sent. 716 verso la cima della Vezzana
4. Valle dei Cantoni verso il Passo del Travignolo
5. Sonia Palombo risale una parete rocciosa verso Passo Travignolo
6. Passo Rolle visto dalla Cima della Vezzana 3192 m
7. Sulla Vezzana
8. Ritorno dalla Vezzana attraverso un ripido nevaio
9. Temporale in arrivo a Passo Bettega 2667 mslm.

La Ciociaria non può certamente essere annoverata tra le famose patrie di grandi alpinisti e scalatori. Eppure da qualche decennio, si difende bene. Basti pensare, ne nominiamo uno per tutti, senza nulla togliere agli altri, il medico frusinate Fabrizio Spaziani. Il quale vanta la conquista di numerose vette Himalayane, come il K2 nel 2004, ed è anche coordinatore sanitario del Corpo nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto. Senza arrivare a simili livelli di veri professionisti dell'avventura e dell'alpinismo mondiale, esiste poi un'altra categoria di appassionati di montagna. Coloro che, pur non provenendo certamente da località di grandi tradizioni alpinistiche, e non vivendo gran parte dell'anno in alta montagna, invece di passare le proprie vacanze al mare, magari in una affollata e caotica spiaggia, preferiscono, pur a costo di tanta fatica e sudore, ricercare gli immensi silenzi delle vastità delle vette alpine. È il caso della santostefanese Sonia Palombo, la quale, da almeno una decina di anni, assieme al marito Giancarlo Pavat, trascorre le ferie sulle Dolomiti. Ormai, può vantare nel suo "palmares" tantissime escursioni e scalate di alcune delle più belle e celebrate Vette dei "Monti Pallidi".

Dalle Torri del Vajolet in Val di Fassa, alla cima del Piz Boè (3.152 m.slm) nel Gruppo del Sella, da Punta Rocca (3.309 m slm) della Marmolada all'attraversata dell'omonimo ghiacciaio. Dalla Ferrata dell'Alta Via Zac in Val San Pellegrino a quella dell'Orrido delle Comelle nelle Dolomiti Bellunese. Dal Latemar al Monte Civetta. Dalle Cinque Torri sopra Cortina al Nuvolau. Per non parlare poi dei "classicissimi" "giri" del Sassolungo, del Sassopiatto, delle Tre Cime di Lavaredo, del "Labirinto del Latemar.

Questa estate ha raggiunto la Vetta della Vezzana, alta 3.192m.slm. Portando il nome di Villa Santo Stefano sulla cima più alta del celebre Gruppo dolomitico delle "Pale di San Martino".

Sono le montagne amate dal grande scrittore Dino Buzzati (1906-1972), autore del famoso "Deserto dei Tartari" ma anche ardito rocciatore a cui è stato dedicata la ferrata n. 747 presso il "Rifugio del Velo" a metri 2.358 slm., quelle dove il drammaturgo austriaco Arthur Schnitzler (1862-1931) ha ambientato il tragico romanzo "La signorina Else". Sono i giganti di dolomia che vegliano sul "Rolle" e sul "Colbricon" con i suoi laghetti da fiaba, presso i quali i ricercatori hanno rinvenuto tracce dei cacciatori preistorici del Mesolitico. Ma dove si combatté una spaventosa, sanguinosa, ed inutile, battaglia tra Italiani ed Austroungarici durante dal prima Guerra Mondiale.

George Mallory, lo sfortunato alpinista inglese, scomparso assieme all'amico Andrew Irvine, nel 1924, mentre cercavano di arrivare in vetta all'Everest, la montagna più alta della Terra, diceva che scalava le montagne semplicemente perché erano lì.

Per Sonia Palombo, invece, andare in montagna non è un semplice gesto atletico. Non vi è alcuna ricerca di record o risultati sportivi. Bensì una sorta di cammino e di scavo interiore. Ci si misura con se stessi, con i propri limiti. Fisici e psicologici. Lassù, tra quei silenzi, avvolti da un aria purissima, non si può barare. E ci si rende conto di quanto vane possano essere le preoccupazioni della vita di ogni giorno. E fallaci le aspirazioni che guidano l'agire della nostra società.

Le "Pale di San Martino", a cavallo tra Trentino a Cadore, così chiamate perché sembrano davvero delle artistiche Pale d'Altare, sono familiari anche a chi non è esperto di montagna. Certamente le avrà viste molte volte in fotografia su libri e riviste oppure in documentari televisivi. Tanto famose e spettacolari da essere state adottate quale simbolo della mitica Scuola Alpina della Guardia di Finanza, che si trova poco lontano a Predazzo, in Val di Fiemme.

Ma pur essendo molto note, paradossalmente, se paragonate ad altre montagne altrettanto decantate, sono poco frequentate, nonostante la vicinanza con una località molto rinomata anche per gli sport invernali, come San Martino di Castrozza. E questo a causa della loro selvaggia vastità e della particolare lunghezza dei sentieri e percorsi che le attraversano. Molti di questi non sono per semplici turisti e, giustamente, le Guide Alpine sconsigliano di affrontarli se non si è ben preparati. Non solo fisicamente ma anche tecnicamente. Per non parlare delle vie di arrampicata lungo le loro vertiginose pareti di granito. Una teoria di guglie affilate svettanti verso il cielo. Difficile ma allettante sfida per gli ardimentosi.

La punta più alta del Gruppo, la Vezzana, appunto, venne scalata per la prima volta il 23 giugno del 1878 da due inglesi; Douglas William Freshfield e Charles Tucker. Che, tra l'altro, non si resero conto di aver scalato la vetta più alta del Gruppo, convinti come erano che il primato spettasse al vicino Cimon (3.184). Di pochi metri,invece, più basso.

La scalatrice santostefanese, passo fermo e niente vertigini, ha affrontato la Vezzana partendo da San Martino di Castrozza, frazione del Comune di Siror a 1.526 metri slm., lungo un sentiero che porta a quota 2.572 del "Passo della Rosetta" e poi al Rifugio "Pedrotti al Rosetta" (2.581). Poi, attraverso il "Passo Bettega" (2.667), la discesa nella deserta "Valle dei Cantoni" e la risalita, tra ghiaioni, nevai e rocce con difficoltà di II grado, è giunta alla spettacolare balconata naturale del "Passo del Travignolo". Che, da quota 2.925 metri, precipita giù, verso i verdi pascoli del "Passo Rolle" (1.984 m. slm.) e della "Baita Segantini" (2.170 m. slm.).

Lungo tutto il sentiero, completamente circondati da un mondo affascinante, fatto di rocce, aerei pinnacoli, ripidi nevai, cenge, minuscoli ruscelli, non sono stati incontrati altri escursionisti. "Avanzavamo immersi in un silenzio ultraterreno. Rotto soltanto dal rumore dei nostri passi, del nostro respiro, dal soffio del vento, dal suono dei sassi che ruzzolavano giù negli strapiombi, e dai richiami dei gracchi alpini che volteggiavano neri contro un cielo turchese" (Sonia Palombo).

Dopo una breve sosta al "Passo Travignolo", il piccolo gruppo, formato da Sonia Palombo, il marito Giancarlo Pavat e dalla signora Agnese Gallina Mosconi, alpinista milanese e veterana delle "Pale di San Martino", ha puntato alla cima. Raggiunta, dopo essere passati per la "Forcella", a circa 3.000 metri, che la divide dal "Monte Nuvolo". Mai nome fu più appropriato, viste le formazioni temporalesche che si stavano addensando, peculiare caratteristica del pomeriggio sulle "Pale". Indescrivibili le emozioni provate sulla cima, un ridotto spiazzo caratterizzato da un "ometto" di pietre. Con lo sguardo che spaziava l'orizzonte. Dal vicino Cimone, alla Catena del Lagorai, al Latemar, alla Marmolada.

Purtroppo, il concreto rischio di maltempo, che a quelle quote può rivelarsi letale, ha costretto gli escursionisti a riprendere subito la strada del ritorno. Scendendo in ripidi canaloni, attraverso i Passi già incontrati all'andata, verso la "Cima Rosetta" (2.743) e la stazione di discesa della funivia (q. 2.633 m.slm.). Ogni tanto si incontravano lapidi commemorative con i nomi di sfortunati alpinisti precipitati su quelle rocce. E un pensiero correva a quelle giovani vite stroncate anzitempo. Come una certa Marisa, ricordata da Mario, con una targa proprio sotto il difficile passaggio attraverso alcune roccette, che dalla "Valle dei Cantoni" risale al sentiero n. 716 per il "Passo Bettega". Alla fine, mentre all'orizzonte, in direzione del Lagorai, si scatenava un temporale, è stata raggiunta la stazione appena in tempo per prendere l'ultima corsa delle ore 16.45 e scendere, prima in funivia e poi in "ovovia", a San Martino di Castrozza. L'escursione si è felicemente conclusa in circa sette ore. Decisamente un buon tempo, le guide indicano dalle sei alle sei ore e mezza, per un percorso segnalato come per "Escursionisti Esperti".

Foto e testo di Sonia Palombo e Giancarlo Pavat

Da tutta la Redazione del sito, i più vivi complimenti agli scalatori ed un "in bocca al lupo" per le prossime arrampicate.

up. ottobre 2007

www.villasantostefano.com

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