UNA TRISTE, ROMANTICA FIABA DI PIETRA; MIRAMARE

Miramare, protagonista di una celebra poesia di Carducci, è un fiore che nasce dall’unico sentimento che nessuna epoca potrà mai cancellare; l’Amore. Voluto ed ideato dallo sfortunato Massimiliano d’Asburgo. Arciduca d’Austria e fratello dell’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Romantico sognatore, che cercava un nido d’amore per se stesso e per la sua amatissima moglie Carlotta, principessa del Belgio.

Un giorno dell’estate del 1855, a bordo della propria nave, venne investito da un improvvisa tempesta di Bora e trovò rifugio nella allora selvaggia Baia di Grignano. Chiusa a sud-est dal promontorio carsico su cui, innamoratosi della natura del luogo, decise di farsi costruire la propria dimora.

Trieste. Il Castello Miramare

La costruzione cominciò l’anno successivo, su un progetto dell’ingegnere Carlo Junker. Il giorno di Natale del 1860, anche se i lavori non erano ancora terminati, Massimiliano e la sua giovane sposa Carlotta presero possesso del castello, senza alcuna festa ma con una Messa. I quattro anni successivi, furono gli unici e gli ultimi che la giovane coppia di innamorati poté trascorrere felicemente e serenamente a Miramare.

La grande storia e gli intrighi politici delle Potenze Europee, purtroppo, bussavano alle porte. E Massimiliano non riuscì a resistere alle lusinghe che giungevano dalla Francia di Napoleone III. Nel 1864, proprio in una Sala del Castello, accettò la Corona dell’Impero del Messico. Regno creato dallo stesso Napoleone III per garantire gli interessi francesi ed europei in America Centrale. Dopotutto Massimiliano non discendeva da quegli Asburgo che con Carlo V, avevano colonizzato le Americhe. Conquistando gli Imperi della antiche popolazioni indigene, come gli Aztechi proprio nel Messico? Le pretese di legittimità alla Corona sembravano a prova di bomba. O almeno così pensarono i governanti europei. Che non avevano fatto i conti con la rivoluzione scatenata dal Popolo Messicano e con l’ostilità degli Stati Uniti d’America. Dalla fine della Guerra di Indipendenza del XVIII secolo, contro l’Inghilterra, gli Stati Uniti avevano sempre seguito una politica di non ingerenza negli affari degli Stati del Vecchio Continente. Nel contempo, mediante la cosiddetta "Dottrina Monroe", dal nome del Presidente (J. Monroe 1817-1825) che l'aveva formulata nel 1823, avevano impedito, anche militarmente, qualsiasi intervento delle Nazioni Europee nelle vicende delle Americhe. Sintetizzando tale dottrina con la celebre frase "L'America agli Americani". Non erano riusciti ad impedire la "Avventura messicana" di Massimiliano in quanto ancora impegnati nella "Guerra di Secessione". Ma appena terminata, presero a "mostrare i muscoli". Massimiliano, che pure aveva cercato di introdurre riforme liberali, mettendo mano ad una riforma agraria contro il latifondo, controllato da poche famiglie messicane e dalla Chiesa, si trovò ben presto abbandonato da tutti. Da Napoleone III e dai Francesi, che mal digerivano la sua voglia di essere davvero un sovrano di uno stato libero ed indipendente e non di una colonia o protettorato coloniale, dalla stessa Austria, impegnata nella Guerra Austroprussiana (quella che noi italiani chiamiamo Terza Guerra di Indipendenza). In cui le Armate Austriache, pur trionfanti sui neonati marina ed esercito italiano con le vittorie di Custoza in Lombardia e quella navale a Lissa nell’Adriatico, vennero annientate dai Prussiani nello scontro di Sadowa (o Konigsberg) in Boemia. Infine dallo stesso Pontefice, Pio IX, nonostante le suppliche della moglie Carlotta, che da perfetto reazionario, non aveva apprezzato le nazionalizzazioni e svolte liberali attuate dall’Arciduca nei confronti di proprietà ecclesiastiche in Messico. Massimiliano, quintessenza del giovane eroe romantico, idealista, amante dell’arte e dei viaggi attorno al Globo, travolto da giochi ed interessi più grandi lui, aveva ormai il destino segnato. Mentre la moglie vagava in Europa, di corte in corte, alla ricerca di aiuti, negati da tutti, il giovane Imperatore veniva catturato dai rivoluzionari messicani di Benito Juarez e fucilato all’alba del 19 giugno 1867 a Queretaro.

Carlotta impazzì dal dolore. Morirà nel 1927 senza aver mai riacquistato la lucidità.

Massimiliano, anche nel momento supremo, non si scordò dei Triestini e dell’amore sempre manifestato nei suoi confronti e dell’amata sposa. Lasciò il Castello ed il Parco, unici nel suo genere, alla Città Alabardata. Oggi è un meraviglioso Museo, dove il tempo pare essersi fermato al XIX secolo, gestito dal Comune.

La triste fine dei due giovani sposi ha alimentato una leggenda. Seconda la quale, tutte le "Teste Coronate" o capi militari, sposati, che dimorano nel Castello di Miramare, sono destinati a morire di morte violenta e lontani dalla propria Patria.

Forse una maledizione legata alla ieratica Sfinge Egizia che attende, silente sentinella sul molo del porticciolo del Castello, il ritorno di colui che la strappò dalla Terra dei Faraoni per condurla in quel remoto angolo dell’Adriatico?

Non si sa. Rimane il fatto che, effettivamente, tutti gli ospiti di Miramare sono finiti male. Come l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, ucciso a Sarajevo nell’attentato che diede il via alla Grande Guerra, dopo la quale il secolare Impero degli Asburgo si sarebbe dissolto per sempre. O ancora; Amedeo Duca d’Aosta, che morirà durante la Seconda Guerra Mondiale in un campo di concentramento inglese in Kenia. Il generale americano Charles Moor, che morirà durante la Guerra di Corea. Oppure il suo pari grado Vernice Musgrave Mac Fadden. Che durante la sua permanenza a Miramare, durante i nove anni in cui Trieste, dopo la Seconda Guerra Mondiale e la Tragedia della Foibe, fu amministrata da un Governo Militare Alleato (1945-1954), diede splendide ricevimenti e balli al Castello. Il Generale Eisenhower, una volta diventato Presidente, lo richiamò in America per averlo al proprio fianco come consigliere. Ma Mac Fadden non arrivò mai negli Stati unti. Anzi non riuscì nemmeno a lasciare l’Europa. Morì in un incidente automobilistico mentre si dirigeva a Livorno per rimbarcarsi.

Uno solo credette alla leggenda. Il colonnello Neozelandese (Trieste venne liberata dai Tedeschi dai ragazzi giunti dall’altro capo della Terra) Bowman, che preferì dormire sotto una tenda militare nel Parco.

Miramare è un luogo meraviglioso. Che merita di essere visitato. Certamente in primavera, quando i suoi giardini ed il parco sono un esplosione di colori e profumi. Con suoi laghetti con anatre e cigni, le sue scalinate, terrazze, padiglioni. D’estate, quando il sole ed il mare giocano a riflettere lampi di luce e nelle acque antistanti al Castello, Parco Marino interdetto ai bagni, alle imbarcazioni a motore ed alle immersioni, nuotano felicemente ed indisturbate diverse creature marine. D’autunno, quando i caldi colori e le ultime giornate di sole della riviera triestina, mediante lunghe passeggiate, magari mano nella mano con il proprio amato o amata, invitano a bearsi di quello sprazzo di costa mediterranea che rimanda a lidi più caldi. E d’inverno. Il Parco non è morto. Forse dorme. Ma piccoli abitanti continuano a frequentarlo. Come lo scoiattolo che hanno visto gli amici ciociari. La Natura attende di risvegliarsi. E forse invita a soffermarsi, a meditare. Sulla bellezza sua e delle opere d’arte raccolte a Miramare. Sulla caducità delle umane vicende. Tutti quei regni, quegli imperi, quei sovrani, le cui effigi, i ritratti adornano le sale del castello, sono ormai polvere. Gli strepiti, le violenze, i boati della storia sono ormai echi lontani che la Bora ha disperso da tempo dal promontorio di Miramare. Forse solo l’Amore non muore mai. Chissà. Forse Massimiliano e Carlotta passeggiano ancora lungo gli acciottolati dei sentieri e dei viali, attraverso i giardini, si affacciano sulle terrazze a strapiombo sulle onde. Pensando alle cose che potevano essere ma che non sono state. Non personaggi di un'altra epoca. Ma incredibilmente attuali. Massimiliano non salpò per il suo ultimo viaggio per sete di potere o di ricchezze. Credeva davvero di poter far progredire il Messico, di farlo uscire dalla sua secolare arretratezza, di migliorare le condizioni di vita della sua popolazione. Oppressa prima dallo sfruttamento coloniale spagnolo e poi da dittature militari che si erano susseguite una dopo l’altra. Probabilmente era un illuso utopista. Figlio del "Secolo Romantico". Come sognatori, visionari, ricchi di ideali e di voglia di cambiare il Mondo, sono tanti giovani d’oggi. Che si imbarcano in avventure che molto spesso sono senza ritorno.

Se doveste incontrarli, Massimiliano e Carlotta, anche loro mano nella mano, salutateli con cenno del capo. Come ringraziamento per quel sogno, che loro non hanno potuto godere a lungo, ma che ci hanno lasciato. Miramare.

Giancarlo Pavat

 

<<<     VALCENTO" AL CONVEGNO TRIESTINO "LA TENEBRA E LE CROCI"

up. marzo 2008

www.villasantostefano.com

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